IL MONTE PISANO
Il complesso del Monte Pisano (o Monti Pisani) si trova fra le
citta di Pisa e Lucca, delle quali ne delimita anche i confini territoriali,
lungo una direttrice che corre assialmente da NW e SE. Il punto più elevato è
rappresentato dalla lunga e piatta cima del Mt.Serra (917mt), peraltro occupata
quasi interamente da una moltitudine di antenne radiotelevisive. Non mancano
comunque altri rilievi caratteristici soprattutto per la loro ripidezza e che
rendono la zona altamente panoramica verso le pianure pisane, livornesi e lucchesi, oltreché verso le Apuane, il
crinale appenninico, e chiaramente verso il mare, la Versilia e la Liguria. La
flora principalmente si divide fra le piante tipiche degli ambienti
mediterranei, nei versanti meridionali, e gli estesi castagneti nei versanti
settentrionali.
La rete sentieristica è ben sviluppata, sia per comode
carrarecce, sia per sentierini che si diramano fra i boschi. Il sentiero
principale, numerato con lo 00, percorre in senso assiale l’intero gruppo, partendo
da Ripafratta, fino a San Giovanni alla Vena. Oltre alla rete sentieristica, ci
sono anche delle opportunità per gli appassionati di arrampicata, con alcune
pareti che offrono più vie di salita, ed una via ferrata particolarmente
impegnativa aperta dal CAI Pontedera alcuni anni orsono.
Il Monte Serra |
Queste due particolarità del Monte Pisano (la traversata per
il sentiero 00 e la ferrata) mi hanno da sempre affascinato finché,
recentemente, ho affrontato prima l’una e poi l’altra.
La Ferrata di Sant’Antone
[20 Ottobre 2014]
Questa ferrata come già detto è stata classificata come
“difficile”, sia per l’esposizione di alcuni passaggi tecnici, sia per lo
sforzo previsto che in alcuni punti è notevole e richiede quantomeno un minimo
di “freschezza” fisica e mentale. Cliccando nel link sottostante si scarica la
scheda informativa dell’intero svolgimento, ad opera del CAI Pontedera:
In ogni caso, altre validissime recensioni, corredate di foto,
si trovano in rete, in primis nel sito vieferrate.it, al seguente link:
In vita mia non avevo mai affrontato prima d’ora una vera e
propria ferrata, eccezion fatta per la breve esperienza sulla ferrata Nives inVal Gardena, che certamente è eufemistico definirla ferrata, e per alcuni brevi
passaggi attrezzati che più o meno a tutti è capitato di incontrare lungo
sentieri di montagna. Ma una VERA ferrata, no, quella davvero no. E il bello è
che a casa avevo già da un bel po’ un set da ferrata Salewa nuovo di zecca,
addirittura già una volta sostituito dalla casa madre per via di un richiamo di
sicurezza!
Sarà che questo set da ferrata andava prima o poi inaugurato,
sarà che nelle vicinanze dove abito di ferrate “adatte alla prima volta” nemmeno
l’ombra, a meno di spostarsi verso le Apuane, sarà molto più facilmente la
voglia e lo spirito di provare ad affrontare una cosa nuova e, già sapendolo a
tavolino, difficile, fatto sta che questa ferrata di S.Antone mi era entrata
prepotentemente in testa, un po’ come tutto il Monte Pisano, un po’ come tutte
le fisse che quando ti prendono, tirano fuori il meglio della tua tenacia.
Quando il mix di adrenalina e impazienza raggiunge il limite,
è il momento giusto per affrontare queste cose, altrimenti una programmazione a
lungo termine farebbe scemare la voglia. A metà Ottobre, bastava solo aspettare
una giornata dal meteo giusto, che è coincisa con Lunedì 20 Ottobre. Di lunedì,
pensavo, saranno scongiurati anche eventuali affollamenti di gite CAI o
quant’altro, e non avrò alcun tipo di pressione, potrò affrontare tutto con
calma, compreso ritirate, se necessario.
La mattina aspetto Simone alle 7.00 alla fermata del pullman
giusto per consegnargli il telefono della reperibilità del lavoro, e mi metto in
viaggio verso il Monte Pisano. Lungo il viaggio penso incessantemente a cosa mi
troverò davanti da dover affrontare, e così il viaggio sembra durare meno del
solito. Attraverso l’angusta stradina dell’abitato di Buti, non prima di aver
apprezzato l’elegante e fascinosa architettura di Vicopisano, e posteggio
l’auto alle 9.00 nello spiazzo previsto. La giornata è dominata dalla foschia
che a tratti diventa vera e propria nebbia lasciando molto all’immaginazione
su quanto abbia intorno a me.
Percorro il breve tratto in salita lungo la provinciale del
Mt.Serra finche ben definito mi appare il cartello in legno che mi indica sulla
destra il sentierino in salita per l’attacco della ferrata. E finalmente ci
sono, di fronte al robusto canapo d’acciaio che parte parallelo alla roccia
grigiastra ma che subito sparisce nel vuoto dietro uno spigolo. Prima ancora di
avere delle preoccupazioni, vengo distratto da delle voci che rapide si
avvicinano verso di me, finche dalla vegetazione non sbucano tre uomini anche
loro pronti per la ferrata. Rapido scambio di saluti e, dietro il loro invito
ad andare avanti, ribatto in pronta ritirata visto che devo ancora indossare
imbragatura e set da ferrata. Chissà, mi immagino, magari pensano di essere
loro di intralcio a me e invece è proprio il contrario…
In effetti averli visti partire mi infonde una certa carica di
sicurezza, e finalmente quando alle 9.30 anch’io parto, loro sono già spariti
dietro lo spigolo strapiombante.
Alcuni passaggi obliqui
Superato lo spigolo, trovo subito conferma nelle
recensioni lette a tavolino, e sotto ai miei scarponi, sotto al sottile filo di
roccia che mi sorregge lungo il traverso orizzontale, c’è davvero il vuoto, o
quanto ne basterebbe per mettere apprensione. Come prima volta per trovarmi in
questa situazione, mi sento tuttavia molto sicuro anche perche solo all’inizio
e certamente senza stanchezza. Il successivo passaggio nella scala a staffe
verticale si fa invece sentire eccome, anche perche i movimenti vanno un minimo
coordinati a dovere, e me ne rendo conto anche senza avere esperienza. Va da se
che, quando mi ritrovo a riprendere fiato, lasciatami alle spalle anche
l’insidiosa uscita diagonale della scala, mi sento molto sollevato e anche
gratificato per aver oltrepassato con successo questo impegnativo ostacolo.
Successivamente i tratti sono meno esposti e quindi, con una
certa facilità, raggiungo il gruppo dei tre che mi precedono, ed è naturale
fare a questo punto le presentazioni. Tra l’altro, avere loro davanti che già
conoscono la ferrata, mi da ancora più sicurezza. Il piu vicino di loro tre, Fabrizio, si dimostra
subito socievole e di spirito (ma come del resto anche gli altri due Angelo e Riccardo, ci
divide solo un po’ di distanza in più com’è logico). Qualcuno è ligure,
qualcuno è pisano, ci capisco un po’ poco delle loro origini comunque è una
bella compagnia. Quando gli dico da dove vengo, Fabrizio ne deduce che, essendo
solo, probabilmente sono un grande appassionato di ferrate ed arrampicate: gli
rispondo che in alternativa potrei essere solo un grande incosciente…
![]() |
Fabrizio scompare dietro lo spigolo esposto |
Mano a mano i chiodi della ferrata passano veloci sotto gli
occhi, e di vere e proprie pause ne facciamo poche e solo prima dei passaggi
più tecnici, quelli più verticali, dove ho quantomeno il grosso vantaggio di
poter vedere prima loro in azione e capire meglio come e dove sfruttare le
sporgenze e le cavità della roccia per poter meglio proseguire. Racconto a Fabrizio
delle mie avventure di trekking, così come lui fa con le sue arrampicate;
chissà se nel frattempo ha capito che
sono alla mia prima ferrata, visto che gli ho parlato solo di trekking…
Uscita da un passaggio verticale |
Di panorama circostante meglio non parlare, visto che dei continui
nebbioni si alzano uno dietro l’altro a coprire qualunque parvenza di visuale.
Le foto che via via vengono fatte sono quindi solo inerenti ai passaggi che
facciamo sulla roccia, e qui devo ringraziare pubblicamente Fabrizio per quelle
che mi ha scattato e che, riosservandole, mi inorgogliscono con ragione. A
volte seguo i loro consigli, altre volte no, cercando di trovarmi una soluzione
personale (ed è in questi casi che ovviamente la soddisfazione aumenta).
Tutto
sommato, però, a parte i tre-quattro punti chiave in verticale che si trovano
nella seconda e terza parte della ferrata, ho l’impressione che sia il tratto
iniziale quello che da subito ti mette una forte pressione, e che in un certo
senso, passato quello, ti senti successivamente più sicuro e rilassato. Tutto
questo, ovviamente, l ‘ho pensato prima di arrivare al passaggio finale,
all’uscita della ferrata.
Qui abbiamo due alternative: l’uscita classica e non
impegnativa, oppure l’attraversamento di un ponticello fatto con assi di legno
alquanto sobbalzanti, e la successiva risalita di una parete di quattro-cinque
metri che offre ben pochi appigli, demandando quindi il successo o meno alle
residue forze rimaste nelle braccia.
Quando ci arrivo, Angelo è già
praticamente arrivato in cima, Riccardo attende il suo turno al di la del
ponticino, e Fabrizio sta invece uscendo dall’altra via. “Ma ora come funziona?
Cosa mi consigli?” _gli domando_ “Mah, ti conviene passare di là, qui è molto
più semplice..”. Va bene, ho capito l’antifona. Ma tanto è inutile che lo neghi
a me stesso, la voglia di provarci quantomeno c’è. Riccardo mi invita ad andare
avanti perche lui è molto stanco e vuole aspettare ancora un po, quindi non ho
scelta. Attraverso il traballante ponticino e, dopo una dritta iniziale di Fabrizio
su come partire, comincio questa fatica finale che, a ripensarci, non so come
l’abbia portata in fondo…
In sequenza, la salita del Mago nell'ultimo terrificante passaggio
La prima staffa la raggiungo con facilità, troppa
forse, infatti al successivo secondo settore da salire, ci provo e riprovo, ma
non riesco a trovare la coordinazione giusta per salire e fare il passaggio dei
moschettoni, perche ad un certo punto bisogna tenersi con una sola mano e onestamente non gliela fo.
Meno male che dopo un paio di saliscendi, arriva il consiglio di Fabrizio e
Angelo di aggrapparsi alla fune con l'avambraccio e essere più libero con
l'altra mano. Cosi riesco finalmente a togliermi da quell'inghippo ed arrivare
sopra la seconda staffa. Quella che segue è quindi la gloriosa cavalcata del
Mago fino all'uscita della tanto temuta Ferrata di Sant'Antone!! La
soddisfazione è davvero tanta e finalmente è il momento di rivelare ai miei
simpatici compagni che questa trattasi della mia prima ferrata! Non potevo
confidarglielo prima, li avrei potenzialmente messi in apprensione oltremodo, come
mi è già capitato in passato col risultato di andare in apprensione anch'io...
Invece in questo modo ho mantenuto una certa calma e di
conseguenza anche una certa sicurezza. I complimenti che riceverò nei giorni a
seguire saranno un'ulteriore conferma di aver superato brillantemente questo
primo assaggio del Monte Pisano. Saluto i miei amici (forse con un arrivederci)
declinando il loro passaggio in auto per tornare giu al posteggio, e mi godo
ancora un po questa fatica, firmando il libro di ferrata e scattando ancora
qualche foto.
Le braccia sono un po intorpidite ma è una sensazione
piacevole, mentre guido tornando verso casa. Adesso al Mago non rimane che
osservare meglio il Monte Pisano in tutte le sue sfumature attraverso il
sentiero 00!!
Traversata del Monte
Pisano
[28 Ottobre]
RIPAFRATTA - MONTE FAETA
Distanza = 16,50 Km
Dislivello + = 1500mt
Dislivello - = 750mt
Archiviata la ferrata di Sant’Antone, era già comunque in
programma la traversata dell’intero gruppo montuoso, percorrendo il sentiero 00
per quasi la sua totalità, con solo una deviazione finale per poter visitare
anche la Rocca della Verruca e terminare quindi il tour a Calci, anziché a San
Giovanni alla Vena. Per questa traversata, da compiere in due giorni, eravamo
inizialmente in tre, ma per alcune vicissitudini alla fine mi sono ritrovato
solo. Aspettare ancora oltre significava rimandare la traversata almeno in
primavera, con Novembre ormai alle porte. Visto il perdurare di un certo bel
tempo, anche se le temperature si erano già abbassate di molti gradi, la
decisione è presa! Il Mago parte da solo! Del resto è da Ottobre 2011, dalla G.T.E., che non passo una notte in tenda da solo; qualcosa per chiudere bene il
2014 ci vuole.
Andando quindi da solo, si pone il problema del rientro a
Ripafratta per recuperare l’auto: problema risolto affrontando la traversata in
giorni infrasettimanali, per poter così sfruttare le maggiori possibilità
offerte dai mezzi pubblici. La sera prima della partenza, mi tocca anche rifare
completamente lo zaino perche le temperature subiscono un brusco ulteriore
abbassamento, e quindi devo adeguare il necessario. Alla fine riesco comunque a
stare sui 18 kg “tutto compreso”, i 23-24 kg di quando andai da solo all’Elba
sono un lontano ricordo…
Martedì 28 Novembre 2014 alle 4.30 parto in auto con
destinazione Ripafratta. Sono solo due ore di viaggio ma si fanno sentire per
l’alzataccia. Quando arrivo finalmente, la stazione ferroviaria sembra un
avamposto abbandonato, non c’è nemmeno un’auto a parte la mia, e per terra il
vento freddino e pungente fa svolazzare le foglie ingiallite; sembra la scena
di un thriller! Ripafratta poi trattasi di un piccolo borgo di case disposte
lungo la statale 12, sotto l’incombente sagoma del Monte Maggiore. Mancano pochi
minuti alle 6.30, quando comincio ufficialmente la traversata del Monte Pisano!
Rapidamente un chiarore comincia ad avvolgere il paese mentre mi immetto nel
sentiero n.105, che al contrario del sentiero 00, aggira il Monte Maggiore da sud
anziché da nord, e si ricongiunge allo 00 in corrispondenza di un sacrario ai
caduti della 2° guerra mondiale. La tappa non è lunghissima mentre il
dislivello abbastanza ragguardevole e stimato sui +1500mt, quindi considerando
anche che da pochi giorni c’è stato anche il ritorno all’ora solare, la
partenza di buon mattino era necessaria.
Il sentiero parte subito in forte ascesa,
scaldando subito le gambe, e solo in un breve tratto di tregua, in mezzo a
un’uliveta, vedo svettare fra i lecci la Torre Centino.
I primi raggi del sole
illuminano la grande piana sottostante, quando il sentiero riprende la salita,
prima di reimmettersi di nuovo dentro il bosco mediterraneo. La salita continua
costante e solo nel tratto finale il sentiero 105 torna ad essere pianeggiante,
anteprima dell’incrocio con la strada asfaltata dove si trova il grande
sacrario ai caduti della resistenza antifascista. Come d’incanto, spostandoci
nel versante settentrionale del complesso montuoso, la vegetazione cambia
bruscamente e si passa ai castagneti. La temperatura si mantiene piuttosto
frizzante anche in virtù del vento che un po’ si fa sentire. La zona ora è
molto ricca di castagni, e il sentiero 00, che ho imboccato all’altezza del
sacrario, alterna tratti su sentierino a comode carrarecce sterrate.
Tutto
sommato abbastanza piacevole ed agevole da affrontare con gli zaini pesanti. Siamo nelle zone prospicienti a Molino di
Quosa, e qui le castagne sono rinomate. Superato il ristorante dei Quattro
Venti, e lo snodo di sentieri di Croce a Vaccoli, rientro in territorio pisano
e sempre su strada forestale mi dirigo verso il piccolo concatenamento di
rilievi che si affacciano prepotenti verso Pisa. Un piccolo strappo in salita
mi porta sul crinale delle Cimette e, a seguire, del Monte Cupola.
Siamo
nuovamente in mezzo a lecci, corbezzoli e quant’altro ci regala la macchia
mediterranea. Una leggera apertura nella vegetazione mi permette di alzare lo
sguardo verso l’elevato e lontano, almeno visto da qui, Monte Faeta, la fine
della mia tappa. A pensare di dover scendere per alcune centinaia di metri e
poi dover risalire fin lassù….ma meglio lasciar stare per ora, e godersi la
vista verso l’imponente Moriglion di Penna.
Ancora poche altre centinaia di
metri e infine il sentierino si ricongiunge con una larga strada bianca: è il
momento ideale, alle 9.40, per una sosta riposante e un bel caffè. Sono molto
soddisfatto della mia marcia, sono già oltre la metà della tappa. La visuale
verso Pisa adesso è davvero spettacolare ed emozionante, per come si riesca a
distinguere bene tutte le sagome dei monumenti di Piazza dei Miracoli.
Dopo la pausa caffè, ho ancora una volta modo di apprezzare
con che velocità avvengono i cambi di scenario, qui sul Monte Pisano: alla
macchia mediterranea si sostituisce istantaneamente il castagno della Spelonca,
per poi tornare nuovamente, in corrispondenza dei ruderi di una vecchia chiesa
di epoca medievale, alla macchia mediterranea.
In poche decine di metri si ripassa dai castagni.... |
...alla macchia mediterranea, che qui adorna i ruderi di questa antica chiesina |
Davanti ora la sagoma
tondeggiante del Monte San Giuliano calamita l’attenzione, e una volta
raggiunto il Passo Croce, lo 00 percorre a mezza costa questo arido e brullo
poggetto, spesso fra sfasci di pietre biancastre.
Scendendo verso il Passo Croce, la tondeggiante sagoma del Monte San Giuliano |
Lungo la mezza costa del Mt. San Giuliano |
Da qui si apprezzano anche le
movimentate linee del Monte Castellare che protegge da est il centro abitato di
San Giuliano Terme. Arrivo così al Passo di Dante, luogo intriso di storia e
leggenda, dove campeggia un busto del sommo poeta e una lapide dedicata al
canto dell’inferno dove questo luogo viene citato.
Arrivo al Passo di Dante |
Da qui in avanti si cammina
letteralmente sui confini provinciali di Pisa e Lucca, lungo un crinale molto
esposto ai venti da dove risultano visibili sia Pisa che Lucca. La sagoma del
Monte Faeta ora è vicinissima ma prima di iniziare la lunga risalita, c’è da
scendere ancora fino al Passo del Castagno, passando in mezzo a un piccolo
boschetto di alberelli carbonizzati evidentemente da qualche passato incendio.
Dai crinali del Passo di Dante, veduta sul Monte della Conserva e, alle spalle, il Monte Faeta |
Passaggio in mezzo ai resti di un incendio |
Finalmente
ci siamo! Comincia la salita! All’inizio su sentiero piuttosto ripido per
quanto infrascato, ma comunque niente di catastrofico, quindi su più comoda
forestale che risale inizialmente il Pian della Conserva, per poi continuare
fino al Monte della Conserva e l’omonimo passo.
Salendo verso le pendici del Monte Faeta
Sono ormai prossimo alla fine della tappa, un
po’ di stanchezza adesso è normale, nonostante tutto l’ultimo km e mezzo inizialmente
non mi incute alcun timore. Peccato però che la previsione non sia azzeccata,
ed anzi, l’ultimo tratto, seppur all’ombra, si rivela una vera mazzata finale.
Si passa dai 560mt del passo, agli 830mt della vetta del Monte Faeta.
L'ultimo infernale chilometro e mezzo per guadagnare la vetta
E’ un
calvario, ogni 10mt di dislivello guadagnato devo fermarmi per rifiatare.
Tuttavia la cosa non mi mette alcuna pressione e la reputo alquanto normale:
sono prossimo alla soglia dei +1500mt di dislivello positivo su un totale di
circa 18km, e sono ormai più di cinque ore che sono in cammino. Se non altro il
sentierino, a differenza di quanto prospettatomi da persone del CAI di Pisa, è
in buono stato senza alcun infrascamento. Saranno necessari ben 45min prima di
poter raggiungere la tanto agognata vetta del Monte Faeta, ma il panorama
offerto se non altro mantiene le promesse gia lette nelle recensioni: con lo
sguardo si riesce a dominare tutte le pianure sottostanti, e spingendoci verso
nord fino anche la Versilia e la Liguria. Al largo del mare, la Corsica. Verso
Est, le lunghe antenne del Monte Serra si protendono verso l’alto. Sono le
12.30 in punto, alla fine con la storia che siamo con l’orario solare, i 18km e
soprattutto i 1500mt di dislivello sono coperti in sole 6 ore.
Finalmente in vetta al Monte Faeta!!! |
Nel cielo gli
aerei vanno e vengono da Pisa, è uno spettacolo anche solo osservarli librarsi
nell’aria. Un bel boschetto di pini orna la piatta vetta del Monte Faeta che si
protende per circa un centinaio di metri verso nord, prima di ridiscendere
verso il Passo dell’Uomo Morto. Lentamente, è il momento del pranzo, delle telefonate,
dei contatti con un mondo che ora più che mai posso definire “esterno”.
In questi momenti come sempre le priorità diventano sempre
altre. Come sono messo con la scorta d’acqua? Meglio quindi cenare con qualcosa
che non necessiti di cottura con acqua? E la tenda dove mi conviene metterla?
Tirerà vento? In effetti le temperature sono sì abbassate un poco come da
previsioni, ma un ulteriore calo è previsto proprio per stanotte, quindi anche
la posizione della tenda è importante. Nei pressi del segnalino di vetta IGN,
c’è anche un capanno prefabbricato dei cacciatori, ma le condizioni all’interno
non sono tali da poterci montare la tenda; peccato sarebbe stato un ottimo
riparo. Durante le rimanenti ore della giornata mi fanno visita in vetta
solamente due uomini con le moto da cross, e quando ormai è già buio e sono
rintanato in tenda, un altro tizio salito con il buio in mtb! Devo per forza
considerarla una normalità, visto che io ho deciso di dormirci, qui sul Faeta…
Arriva il momento del tramonto, che aspetto e osservo per
intero cercando di catturare con lo sguardo più sfumature possibili, tanto lo
so che le foto non renderanno mai abbastanza. La sera, ben avvolto nel mio
sacco a pelo, il momento per scrivere un po’ di cosette sul taccuino è
invogliato anche dalla gelida brezza che a folate spira da levante. Esco solo
dopo cena, volutamente, per godermi per un po’ il panorama fatto di scie di
luce e bagliori a macchia di leopardo, un vero spettacolo, anche se non della
natura. A dir la verità, mi sembra che lo spettacolo sia solamente il fatto di
esser quassù in tenda, era una cosa che mi mancava da tempo, e il fatto di
esser solo ovviamente amplifica ogni sensazione, così come ai tempi della GTE.
Il
meteo per domani ha messo una bella giornata soleggiata, quindi mi aspetto
un’altrettanto bellissima alba. La temperatura pian piano comincia a calare
dentro la piccola T2 Ultralight, e sempre avvolto in mille pensieri mi
abbandono lentamente al meritato riposo.
[29 Ottobre]
MONTE FAETA - MONTE SERRA - CALCI
Distanza = 19 Km
Dislivello + = 700mt
Dislivello - = 1500mt
La sveglia suona prestissimo, quando ancora fuori è
completamente buio, ma i tempi impongono di incamminarsi presto anche oggi. La
nottata è passata come tutte le notti in tenda, alle brevi pause di dormita si
susseguono i ripetuti risvegli, ma la cosa positiva è che del temuto freddo in
realtà non ne ho mai davvero avuto sentore. Faccio subito colazione in tenda e mi
preparo già in modo da avere praticamente bisogno solo di richiuderla, una
volta uscito. La piana di Pisa lentamente prende forma ai primi bagliori. La
sagoma del Monte Serra appare nitida e le punte acuminate delle antenne si
lasciano trascinare dietro di se scie di ombra.
Ma anche le Apuane, con il
tenue chiarore dell’alba, appaiono ora molto più nitide di ieri sera.
Sono le 6.50 quando mi incammino per questo secondo giorno sul
Monte Pisano.
Mi lascio velocemente alle spalle l’ormai mitico Monte Faeta e
velocemente, passando in un bel castagneto, scendo fino a Campo di Croce, un
altro importante snodo di sentieri nonché confine fra il pisano e il lucchese.
Già da un po’ sento sparare delle fucilate, almeno una quindicina. Quando
arrivo alla sella, a 612mt, vedo un ometto con un cane, e alla mia scontata
domanda se abbia preso o meno nulla, mi dice di no perche non passa mai
nulla….e allora a chi sparava?? Mah…
Lo saluto e mi inerpico di nuovo fra castagni salendo l’ostico versante
occidentale della Costa Moriglione, quand’ecco una nuova fucilata e, pochi
secondi dopo, il rumore del piombo che ricade sulle foglie degli alberi….ho
capito! Era un cacciatore di maghi! Meno male che se n’è accorto tardi….
La salita va affrontata con calma, perche siamo praticamente
agli stessi livelli di quella fatta ieri sul finale per salire sul Faeta, in
compenso, quando finalmente si monta sopra il crinale, fatto un breve tratto
ancora nei castagni, si esce allo scoperto (790mt) su alcuni spuntoni di roccia
dove finalmente il panorama si presenta immenso sulle cornici di colori
dell’alba: il Monte Faeta troneggia verso ovest, mentre da nord a nordest sono
Le Apuane e l’Appennino Tosco Emiliano a contendersi la scena.
Mentre per le
prime è ovviamente la più vicina Pania della Croce a mettersi in bella mostra,
ecco che dell’Appennino riesco a scorgere bene la sagoma del concatenamento fra
i monti Giovo e Rondinaio. Sotto di loro, una sonnolenta Lucca appena
illuminata dai primi raggi di sole. Da est a sudest, invece, si osserva bene
l’intero concatenamento sudorientale del Monte Pisano, dallo Spuntone di
Santallago alla Verruca, passando ovviamente dai più alti monti Cascetto e
Serra. Davvero un bello spettacolo.
Proseguo rientrando in una forestale che lentamente scende,
passando prima fra pini quindi di nuovo fra castagni, fino al Ristorante Rosa
dei Venti. Seguo l’asfalto perfettamente allineato con il confine di provincie
fino al passo di Colle di Calci (724mt), e rientro quindi in territorio
lucchese attraversando su comoda forestale un bosco di castagni che aggira il
versante settentrionale del Monte Cascetto.
Sono pressappoco le 8.30 quando,
fatti circa un centinaio di metri, arriva il colpo di scena che purtroppo un
po’ condizionerà questa mia due giorni sul Monte Pisano: mi imbatto in un’auto
posteggiata nel mezzo della forestale, e quando gli passo a fianco, mi
insospettisce la quantità di foglie di castagno presenti nel parabrezza.
Impossibile che sia qui solo da stamani, visto che il vento ha cessato di
soffiare da stanotte. Un rapido sguardo nei dintorni e purtroppo, a circa 15
metri nel pendio sottostante, la tragica scoperta. Ovviamente per rispetto il
racconto di questo triste evento termina qui, che come si capirà, trattasi del
gesto estremo di una persona. Dopo aver avvisato le autorità, rimango quindi in
attesa del loro arrivo per poterli condurre sul luogo e rilasciare un breve
quanto evidente verbale del ritrovamento. Quando vengo da loro congedato, sono
le 10, ed è quindi passata un’ora e mezza.
Archiviato per il momento la tragica
circostanza, mi rimetto in cammino di buon passo cercando di recuperare
terreno. Mi fermo solo, poche decine di metri dopo, alla Fonte Cavallaia, per
fare rifornimento di acqua, quindi mi dirigo rapido verso Prato di Calci
(801mt), da dove si inerpica lo 00 che sempre fra castagni risale il versante
occidentale del Monte Serra.
E finalmente, alle 10.40, MagoZichele conquista anche il Monte
Serra! Da fotografare non c’è un granché, e mi limito allora solamente ad un
altissimo traliccio antenna. Da adesso in poi è praticamente sempre in discesa,
e rapidamente oltrepasso Prato alla Taneta e il Monte Pruno, fino a Prato
Ceragiola (637mt).
Inizia ora una lunghissimo tratto su strada bianca, quella
che percorre l’intera dorsale orientale del complesso del Monte Pisano. Per
spezzare un po’ di monotonia del percorso, ascolto anche un po’ di musica, e
sulle note dell’ultimo album dei miei mitici U2 (che un po’ nelle orecchie mi
ha ronzato in tutti questi due giorni), i km passano lisci uno dietro l’altro.
Dalle
prossimità del Monte Cimone riesco a scorgere, osservando verso nordest, le
placche rocciose di Sant’Antone, dove solo una settimana fa ero alle prese con
la temibile ferrata. Supero l’area attrezzata di Prato a Giovo e, dopo un altro
tratto sempre in piano, raggiungo un altro bellissimo punto panoramico in
prossimità del Sasso della Dolorosa, dove, su un grosso spuntone roccioso che
invita alla scalata, si erge una croce di legno.
E’ quasi mezzogiorno, in due
ore ho percorso quasi 8km incluse soste, adesso posso proseguire con più calma.
Rapidamente la vegetazione muta e si ritorna all’aspra macchia mediterranea,
quando comincio la lunghissima e rettilinea discesa che dal Monte Lombardona
scende fino a Prato a Ceccottino, dove si trovano i ruderi della Badia di San
Michele, e dove saluterò il sentiero 00. Lungo questa discesa la vista della
Verruca esalta oltremisura l’imponenza dell’omonima Rocca che si trova
appollaiata lì sopra da secoli.
Alla fine della discesa, visto che sono le
12.30 e c’è una confortevole area picnic con tanto di gazebo in legno, è il
momento del pranzo. Adesso fa davvero caldo, potenza del sole, e l’ombra di
questo gazebo è quanto di meglio potessi sperare.
Finito il rapido pasto, è il momento delle fatiche finali. Ai
piedi della Verruca il gps segna 450mt, per arrivare alla rocca dovrò salire
fino a 540, non un dislivello eccessivo, se non fosse che lo si percorre nello
spazio di soli 200mt. Il tratto finale è praticamente su scaloni di pietra
piuttosto levigata, quindi da prestarci anche attenzione. In compenso lo
spettacolo offerto dalla rocca, una volta “conquistata”, ripaga da ogni fatica,
perche si tratta davvero di un panorama a 360 gradi.
La Rocca della Verruca
Merita anche la vista
verso la sottostante Calci e la sua imponente Certosa, che si trova al centro
dell’enorme anfiteatro montuoso che parte dal Monte Faeta e termina alla
Verruca. Un bellissimo e gratificante epilogo per questa due giorni.
Riscendo dalla Verruca e, aggiratola verso nordovest, percorro
una sterrata finche non mi imbatto (quasi a caso perche non molto visibile) nel
sentiero che scende fino a Calci. Quella che in teoria potremmo pensare come a
una comoda discesa, in realtà si tratta di un interminabile sentiero colpito
tra l’altro in un non lontano passato da un grosso incendio del quale ancora le
ferite appaiono più che evidenti. Grossi tronchi di pino ogni tanto invadono il
sentiero, che tuttavia è piacevole da percorrere nella sua tortuosità.
Penso
sia stato rimesso in vita dai gruppi di mtbiker appassionati di downhill. Non a
caso questo sentiero è da loro poeticamente chiamato Calsifer. Metro dopo metro
i -400mt di dislivello vengono raggiunti ed entro “trionfalmente” a Calci,
concludendo definitivamente la mia traversata del Monte Pisano.
La
stanchezza comincia ad arrivare lentamente, mentre le telefonate con
Alessandra, amici e parenti, si susseguono. La curiosità di tutti ovviamente è
per la tragica circostanza in cui mi sono imbattuto sul Monte Cascetto.
Personalmente, invece, i pensieri, sul bus per Pisa e sul treno per Ripafratta,
corrono ancora al Monte San Giuliano, al Passo di Dante, al Monte Faeta
faticosamente guadagnato, e ai panorami dallo Spuntone di Santallago e dalla
Verruca…
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