O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

giovedì 11 dicembre 2014

Il Monte Pisano

IL MONTE PISANO



Il complesso del Monte Pisano (o Monti Pisani) si trova fra le citta di Pisa e Lucca, delle quali ne delimita anche i confini territoriali, lungo una direttrice che corre assialmente da NW e SE. Il punto più elevato è rappresentato dalla lunga e piatta cima del Mt.Serra (917mt), peraltro occupata quasi interamente da una moltitudine di antenne radiotelevisive. Non mancano comunque altri rilievi caratteristici soprattutto per la loro ripidezza e che rendono la zona altamente panoramica verso le pianure pisane, livornesi  e lucchesi, oltreché verso le Apuane, il crinale appenninico, e chiaramente verso il mare, la Versilia e la Liguria. La flora principalmente si divide fra le piante tipiche degli ambienti mediterranei, nei versanti meridionali, e gli estesi castagneti nei versanti settentrionali.
Il Monte Serra
La rete sentieristica è ben sviluppata, sia per comode carrarecce, sia per sentierini che si diramano fra i boschi. Il sentiero principale, numerato con lo 00, percorre in senso assiale l’intero gruppo, partendo da Ripafratta, fino a San Giovanni alla Vena. Oltre alla rete sentieristica, ci sono anche delle opportunità per gli appassionati di arrampicata, con alcune pareti che offrono più vie di salita, ed una via ferrata particolarmente impegnativa aperta dal CAI Pontedera alcuni anni orsono.
Queste due particolarità del Monte Pisano (la traversata per il sentiero 00 e la ferrata) mi hanno da sempre affascinato finché, recentemente, ho affrontato prima l’una e poi l’altra.

La Ferrata di Sant’Antone
[20 Ottobre 2014]
Questa ferrata come già detto è stata classificata come “difficile”, sia per l’esposizione di alcuni passaggi tecnici, sia per lo sforzo previsto che in alcuni punti è notevole e richiede quantomeno un minimo di “freschezza” fisica e mentale. Cliccando nel link sottostante si scarica la scheda informativa dell’intero svolgimento, ad opera del CAI Pontedera:
In ogni caso, altre validissime recensioni, corredate di foto, si trovano in rete, in primis nel sito vieferrate.it, al seguente link:
In vita mia non avevo mai affrontato prima d’ora una vera e propria ferrata, eccezion fatta per la breve esperienza sulla ferrata Nives inVal Gardena, che certamente è eufemistico definirla ferrata, e per alcuni brevi passaggi attrezzati che più o meno a tutti è capitato di incontrare lungo sentieri di montagna. Ma una VERA ferrata, no, quella davvero no. E il bello è che a casa avevo già da un bel po’ un set da ferrata Salewa nuovo di zecca, addirittura già una volta sostituito dalla casa madre per via di un richiamo di sicurezza!
Sarà che questo set da ferrata andava prima o poi inaugurato, sarà che nelle vicinanze dove abito di ferrate “adatte alla prima volta” nemmeno l’ombra, a meno di spostarsi verso le Apuane, sarà molto più facilmente la voglia e lo spirito di provare ad affrontare una cosa nuova e, già sapendolo a tavolino, difficile, fatto sta che questa ferrata di S.Antone mi era entrata prepotentemente in testa, un po’ come tutto il Monte Pisano, un po’ come tutte le fisse che quando ti prendono, tirano fuori il meglio della tua tenacia. 
Il cartello che indica l'inizio del sentierino
Quando il mix di adrenalina e impazienza raggiunge il limite, è il momento giusto per affrontare queste cose, altrimenti una programmazione a lungo termine farebbe scemare la voglia. A metà Ottobre, bastava solo aspettare una giornata dal meteo giusto, che è coincisa con Lunedì 20 Ottobre. Di lunedì, pensavo, saranno scongiurati anche eventuali affollamenti di gite CAI o quant’altro, e non avrò alcun tipo di pressione, potrò affrontare tutto con calma, compreso ritirate, se necessario.
La mattina aspetto Simone alle 7.00 alla fermata del pullman giusto per consegnargli il telefono della reperibilità del lavoro, e mi metto in viaggio verso il Monte Pisano. Lungo il viaggio penso incessantemente a cosa mi troverò davanti da dover affrontare, e così il viaggio sembra durare meno del solito. Attraverso l’angusta stradina dell’abitato di Buti, non prima di aver apprezzato l’elegante e fascinosa architettura di Vicopisano, e posteggio l’auto alle 9.00 nello spiazzo previsto. La giornata è dominata dalla foschia che a tratti diventa vera e propria nebbia lasciando molto all’immaginazione su quanto abbia intorno a me.
Percorro il breve tratto in salita lungo la provinciale del Mt.Serra finche ben definito mi appare il cartello in legno che mi indica sulla destra il sentierino in salita per l’attacco della ferrata. E finalmente ci sono, di fronte al robusto canapo d’acciaio che parte parallelo alla roccia grigiastra ma che subito sparisce nel vuoto dietro uno spigolo. Prima ancora di avere delle preoccupazioni, vengo distratto da delle voci che rapide si avvicinano verso di me, finche dalla vegetazione non sbucano tre uomini anche loro pronti per la ferrata. Rapido scambio di saluti e, dietro il loro invito ad andare avanti, ribatto in pronta ritirata visto che devo ancora indossare imbragatura e set da ferrata. Chissà, mi immagino, magari pensano di essere loro di intralcio a me e invece è proprio il contrario…
In effetti averli visti partire mi infonde una certa carica di sicurezza, e finalmente quando alle 9.30 anch’io parto, loro sono già spariti dietro lo spigolo strapiombante.
 Alcuni passaggi obliqui 


Superato lo spigolo, trovo subito conferma nelle recensioni lette a tavolino, e sotto ai miei scarponi, sotto al sottile filo di roccia che mi sorregge lungo il traverso orizzontale, c’è davvero il vuoto, o quanto ne basterebbe per mettere apprensione. Come prima volta per trovarmi in questa situazione, mi sento tuttavia molto sicuro anche perche solo all’inizio e certamente senza stanchezza. Il successivo passaggio nella scala a staffe verticale si fa invece sentire eccome, anche perche i movimenti vanno un minimo coordinati a dovere, e me ne rendo conto anche senza avere esperienza. Va da se che, quando mi ritrovo a riprendere fiato, lasciatami alle spalle anche l’insidiosa uscita diagonale della scala, mi sento molto sollevato e anche gratificato per aver oltrepassato con successo questo impegnativo ostacolo.

Il Mago nel passaggio verticale sulle staffe

Successivamente i tratti sono meno esposti e quindi, con una certa facilità, raggiungo il gruppo dei tre che mi precedono, ed è naturale fare a questo punto le presentazioni. Tra l’altro, avere loro davanti che già conoscono la ferrata, mi da ancora più sicurezza. Il piu vicino di loro tre, Fabrizio, si dimostra subito socievole e di spirito (ma come del resto anche gli altri due Angelo e Riccardo, ci divide solo un po’ di distanza in più com’è logico). Qualcuno è ligure, qualcuno è pisano, ci capisco un po’ poco delle loro origini comunque è una bella compagnia. Quando gli dico da dove vengo, Fabrizio ne deduce che, essendo solo, probabilmente sono un grande appassionato di ferrate ed arrampicate: gli rispondo che in alternativa potrei essere solo un grande incosciente…
Fabrizio scompare dietro lo spigolo esposto
 
Mano a mano i chiodi della ferrata passano veloci sotto gli occhi, e di vere e proprie pause ne facciamo poche e solo prima dei passaggi più tecnici, quelli più verticali, dove ho quantomeno il grosso vantaggio di poter vedere prima loro in azione e capire meglio come e dove sfruttare le sporgenze e le cavità della roccia per poter meglio proseguire. Racconto a Fabrizio delle mie avventure di trekking, così come lui fa con le sue arrampicate; chissà se nel  frattempo ha capito che sono alla mia prima ferrata, visto che gli ho parlato solo di trekking…
Uscita da un passaggio verticale
Di panorama circostante meglio non parlare, visto che dei continui nebbioni si alzano uno dietro l’altro a coprire qualunque parvenza di visuale. Le foto che via via vengono fatte sono quindi solo inerenti ai passaggi che facciamo sulla roccia, e qui devo ringraziare pubblicamente Fabrizio per quelle che mi ha scattato e che, riosservandole, mi inorgogliscono con ragione. A volte seguo i loro consigli, altre volte no, cercando di trovarmi una soluzione personale (ed è in questi casi che ovviamente la soddisfazione aumenta).
Discesa insidiosa
Tutto sommato, però, a parte i tre-quattro punti chiave in verticale che si trovano nella seconda e terza parte della ferrata, ho l’impressione che sia il tratto iniziale quello che da subito ti mette una forte pressione, e che in un certo senso, passato quello, ti senti successivamente più sicuro e rilassato. Tutto questo, ovviamente, l ‘ho pensato prima di arrivare al passaggio finale, all’uscita della ferrata.

Riccardo alle prese con un tratto verticale

Qui abbiamo due alternative: l’uscita classica e non impegnativa, oppure l’attraversamento di un ponticello fatto con assi di legno alquanto sobbalzanti, e la successiva risalita di una parete di quattro-cinque metri che offre ben pochi appigli, demandando quindi il successo o meno alle residue forze rimaste nelle braccia.
Il ponticino finale, da dove si innalza il muro finale
Quando ci arrivo, Angelo è già praticamente arrivato in cima, Riccardo attende il suo turno al di la del ponticino, e Fabrizio sta invece uscendo dall’altra via. “Ma ora come funziona? Cosa mi consigli?” _gli domando_ “Mah, ti conviene passare di là, qui è molto più semplice..”. Va bene, ho capito l’antifona. Ma tanto è inutile che lo neghi a me stesso, la voglia di provarci quantomeno c’è. Riccardo mi invita ad andare avanti perche lui è molto stanco e vuole aspettare ancora un po, quindi non ho scelta. Attraverso il traballante ponticino e, dopo una dritta iniziale di Fabrizio su come partire, comincio questa fatica finale che, a ripensarci, non so come l’abbia portata in fondo…
In sequenza, la salita del Mago nell'ultimo terrificante passaggio
 

La prima staffa la raggiungo con facilità, troppa forse, infatti al successivo secondo settore da salire, ci provo e riprovo, ma non riesco a trovare la coordinazione giusta per salire e fare il passaggio dei moschettoni, perche ad un certo punto bisogna tenersi con  una sola mano e onestamente non gliela fo. Meno male che dopo un paio di saliscendi, arriva il consiglio di Fabrizio e Angelo di aggrapparsi alla fune con l'avambraccio e essere più libero con l'altra mano. Cosi riesco finalmente a togliermi da quell'inghippo ed arrivare sopra la seconda staffa. Quella che segue è quindi la gloriosa cavalcata del Mago fino all'uscita della tanto temuta Ferrata di Sant'Antone!! La soddisfazione è davvero tanta e finalmente è il momento di rivelare ai miei simpatici compagni che questa trattasi della mia prima ferrata! Non potevo confidarglielo prima, li avrei potenzialmente messi in apprensione oltremodo, come mi è già capitato in passato col risultato di andare in apprensione anch'io...
Visto dall'alto ora fa meno paura....forse....
Invece in questo modo ho mantenuto una certa calma e di conseguenza anche una certa sicurezza. I complimenti che riceverò nei giorni a seguire saranno un'ulteriore conferma di aver superato brillantemente questo primo assaggio del Monte Pisano. Saluto i miei amici (forse con un arrivederci) declinando il loro passaggio in auto per tornare giu al posteggio, e mi godo ancora un po questa fatica, firmando il libro di ferrata e scattando ancora qualche foto.
Foto ricordo con Angelo (sx) e Fabrizio (al centro)
Le braccia sono un po intorpidite ma è una sensazione piacevole, mentre guido tornando verso casa. Adesso al Mago non rimane che osservare meglio il Monte Pisano in tutte le sue sfumature attraverso il sentiero 00!!
Traversata del Monte Pisano
[28 Ottobre]
RIPAFRATTA - MONTE FAETA
Distanza = 16,50 Km
Dislivello + = 1500mt
Dislivello - = 750mt
Archiviata la ferrata di Sant’Antone, era già comunque in programma la traversata dell’intero gruppo montuoso, percorrendo il sentiero 00 per quasi la sua totalità, con solo una deviazione finale per poter visitare anche la Rocca della Verruca e terminare quindi il tour a Calci, anziché a San Giovanni alla Vena. Per questa traversata, da compiere in due giorni, eravamo inizialmente in tre, ma per alcune vicissitudini alla fine mi sono ritrovato solo. Aspettare ancora oltre significava rimandare la traversata almeno in primavera, con Novembre ormai alle porte. Visto il perdurare di un certo bel tempo, anche se le temperature si erano già abbassate di molti gradi, la decisione è presa! Il Mago parte da solo! Del resto è da Ottobre 2011, dalla G.T.E., che non passo una notte in tenda da solo; qualcosa per chiudere bene il 2014 ci vuole.
Andando quindi da solo, si pone il problema del rientro a Ripafratta per recuperare l’auto: problema risolto affrontando la traversata in giorni infrasettimanali, per poter così sfruttare le maggiori possibilità offerte dai mezzi pubblici. La sera prima della partenza, mi tocca anche rifare completamente lo zaino perche le temperature subiscono un brusco ulteriore abbassamento, e quindi devo adeguare il necessario. Alla fine riesco comunque a stare sui 18 kg “tutto compreso”, i 23-24 kg di quando andai da solo all’Elba sono un lontano ricordo…
Martedì 28 Novembre 2014 alle 4.30 parto in auto con destinazione Ripafratta. Sono solo due ore di viaggio ma si fanno sentire per l’alzataccia. Quando arrivo finalmente, la stazione ferroviaria sembra un avamposto abbandonato, non c’è nemmeno un’auto a parte la mia, e per terra il vento freddino e pungente fa svolazzare le foglie ingiallite; sembra la scena di un thriller! Ripafratta poi trattasi di un piccolo borgo di case disposte lungo la statale 12, sotto l’incombente sagoma del Monte Maggiore. Mancano pochi minuti alle 6.30, quando comincio ufficialmente la traversata del Monte Pisano! Rapidamente un chiarore comincia ad avvolgere il paese mentre mi immetto nel sentiero n.105, che al contrario del sentiero 00, aggira il Monte Maggiore da sud anziché da nord, e si ricongiunge allo 00 in corrispondenza di un sacrario ai caduti della 2° guerra mondiale. La tappa non è lunghissima mentre il dislivello abbastanza ragguardevole e stimato sui +1500mt, quindi considerando anche che da pochi giorni c’è stato anche il ritorno all’ora solare, la partenza di buon mattino era necessaria.

Il sentiero parte subito in forte ascesa, scaldando subito le gambe, e solo in un breve tratto di tregua, in mezzo a un’uliveta, vedo svettare fra i lecci la Torre Centino.


Torre Centino fa capolino fra gli ulivi

I primi raggi del sole illuminano la grande piana sottostante, quando il sentiero riprende la salita, prima di reimmettersi di nuovo dentro il bosco mediterraneo. La salita continua costante e solo nel tratto finale il sentiero 105 torna ad essere pianeggiante, anteprima dell’incrocio con la strada asfaltata dove si trova il grande sacrario ai caduti della resistenza antifascista. Come d’incanto, spostandoci nel versante settentrionale del complesso montuoso, la vegetazione cambia bruscamente e si passa ai castagneti. La temperatura si mantiene piuttosto frizzante anche in virtù del vento che un po’ si fa sentire. La zona ora è molto ricca di castagni, e il sentiero 00, che ho imboccato all’altezza del sacrario, alterna tratti su sentierino a comode carrarecce sterrate.

Tutto sommato abbastanza piacevole ed agevole da affrontare con gli zaini pesanti.  Siamo nelle zone prospicienti a Molino di Quosa, e qui le castagne sono rinomate. Superato il ristorante dei Quattro Venti, e lo snodo di sentieri di Croce a Vaccoli, rientro in territorio pisano e sempre su strada forestale mi dirigo verso il piccolo concatenamento di rilievi che si affacciano prepotenti verso Pisa. Un piccolo strappo in salita mi porta sul crinale delle Cimette e, a seguire, del Monte Cupola.
Sentierino di crinale sul Monte Cupola
Siamo nuovamente in mezzo a lecci, corbezzoli e quant’altro ci regala la macchia mediterranea. Una leggera apertura nella vegetazione mi permette di alzare lo sguardo verso l’elevato e lontano, almeno visto da qui, Monte Faeta, la fine della mia tappa. A pensare di dover scendere per alcune centinaia di metri e poi dover risalire fin lassù….ma meglio lasciar stare per ora, e godersi la vista verso l’imponente Moriglion di Penna.
Moriglion di Penna visto dal Passo Croce
Ancora poche altre centinaia di metri e infine il sentierino si ricongiunge con una larga strada bianca: è il momento ideale, alle 9.40, per una sosta riposante e un bel caffè. Sono molto soddisfatto della mia marcia, sono già oltre la metà della tappa. La visuale verso Pisa adesso è davvero spettacolare ed emozionante, per come si riesca a distinguere bene tutte le sagome dei monumenti di Piazza dei Miracoli.

Alla pausa caffè
 

Campo dei Miracoli
Dopo la pausa caffè, ho ancora una volta modo di apprezzare con che velocità avvengono i cambi di scenario, qui sul Monte Pisano: alla macchia mediterranea si sostituisce istantaneamente il castagno della Spelonca, per poi tornare nuovamente, in corrispondenza dei ruderi di una vecchia chiesa di epoca medievale, alla macchia mediterranea.
In poche decine di metri si ripassa dai castagni....
...alla macchia mediterranea, che qui adorna i ruderi di questa antica chiesina

Davanti ora la sagoma tondeggiante del Monte San Giuliano calamita l’attenzione, e una volta raggiunto il Passo Croce, lo 00 percorre a mezza costa questo arido e brullo poggetto, spesso fra sfasci di pietre biancastre.

Scendendo verso il Passo Croce, la tondeggiante sagoma del Monte San Giuliano

Lungo la mezza costa del Mt. San Giuliano
Da qui si apprezzano anche le movimentate linee del Monte Castellare che protegge da est il centro abitato di San Giuliano Terme. Arrivo così al Passo di Dante, luogo intriso di storia e leggenda, dove campeggia un busto del sommo poeta e una lapide dedicata al canto dell’inferno dove questo luogo viene citato.
Arrivo al Passo di Dante
 

Da qui in avanti si cammina letteralmente sui confini provinciali di Pisa e Lucca, lungo un crinale molto esposto ai venti da dove risultano visibili sia Pisa che Lucca. La sagoma del Monte Faeta ora è vicinissima ma prima di iniziare la lunga risalita, c’è da scendere ancora fino al Passo del Castagno, passando in mezzo a un piccolo boschetto di alberelli carbonizzati evidentemente da qualche passato incendio.
Dai crinali del Passo di Dante, veduta sul Monte della Conserva e, alle spalle, il Monte Faeta
Passaggio in mezzo ai resti di un incendio
Finalmente ci siamo! Comincia la salita! All’inizio su sentiero piuttosto ripido per quanto infrascato, ma comunque niente di catastrofico, quindi su più comoda forestale che risale inizialmente il Pian della Conserva, per poi continuare fino al Monte della Conserva e l’omonimo passo.
Salendo verso le pendici del Monte Faeta

Sono ormai prossimo alla fine della tappa, un po’ di stanchezza adesso è normale, nonostante tutto l’ultimo km e mezzo inizialmente non mi incute alcun timore. Peccato però che la previsione non sia azzeccata, ed anzi, l’ultimo tratto, seppur all’ombra, si rivela una vera mazzata finale. Si passa dai 560mt del passo, agli 830mt della vetta del Monte Faeta.
L'ultimo infernale chilometro e mezzo per guadagnare la vetta

E’ un calvario, ogni 10mt di dislivello guadagnato devo fermarmi per rifiatare. Tuttavia la cosa non mi mette alcuna pressione e la reputo alquanto normale: sono prossimo alla soglia dei +1500mt di dislivello positivo su un totale di circa 18km, e sono ormai più di cinque ore che sono in cammino. Se non altro il sentierino, a differenza di quanto prospettatomi da persone del CAI di Pisa, è in buono stato senza alcun infrascamento. Saranno necessari ben 45min prima di poter raggiungere la tanto agognata vetta del Monte Faeta, ma il panorama offerto se non altro mantiene le promesse gia lette nelle recensioni: con lo sguardo si riesce a dominare tutte le pianure sottostanti, e spingendoci verso nord fino anche la Versilia e la Liguria. Al largo del mare, la Corsica. Verso Est, le lunghe antenne del Monte Serra si protendono verso l’alto. Sono le 12.30 in punto, alla fine con la storia che siamo con l’orario solare, i 18km e soprattutto i 1500mt di dislivello sono coperti in sole 6 ore.
Finalmente in vetta al Monte Faeta!!!
Nel cielo gli aerei vanno e vengono da Pisa, è uno spettacolo anche solo osservarli librarsi nell’aria. Un bel boschetto di pini orna la piatta vetta del Monte Faeta che si protende per circa un centinaio di metri verso nord, prima di ridiscendere verso il Passo dell’Uomo Morto. Lentamente, è il momento del pranzo, delle telefonate, dei contatti con un mondo che ora più che mai posso definire “esterno”.
In questi momenti come sempre le priorità diventano sempre altre. Come sono messo con la scorta d’acqua? Meglio quindi cenare con qualcosa che non necessiti di cottura con acqua? E la tenda dove mi conviene metterla? Tirerà vento? In effetti le temperature sono sì abbassate un poco come da previsioni, ma un ulteriore calo è previsto proprio per stanotte, quindi anche la posizione della tenda è importante. Nei pressi del segnalino di vetta IGN, c’è anche un capanno prefabbricato dei cacciatori, ma le condizioni all’interno non sono tali da poterci montare la tenda; peccato sarebbe stato un ottimo riparo. Durante le rimanenti ore della giornata mi fanno visita in vetta solamente due uomini con le moto da cross, e quando ormai è già buio e sono rintanato in tenda, un altro tizio salito con il buio in mtb! Devo per forza considerarla una normalità, visto che io ho deciso di dormirci, qui sul Faeta…
La piana pisana al tramonto
Arriva il momento del tramonto, che aspetto e osservo per intero cercando di catturare con lo sguardo più sfumature possibili, tanto lo so che le foto non renderanno mai abbastanza. La sera, ben avvolto nel mio sacco a pelo, il momento per scrivere un po’ di cosette sul taccuino è invogliato anche dalla gelida brezza che a folate spira da levante. Esco solo dopo cena, volutamente, per godermi per un po’ il panorama fatto di scie di luce e bagliori a macchia di leopardo, un vero spettacolo, anche se non della natura. A dir la verità, mi sembra che lo spettacolo sia solamente il fatto di esser quassù in tenda, era una cosa che mi mancava da tempo, e il fatto di esser solo ovviamente amplifica ogni sensazione, così come ai tempi della GTE.
Le luci di Pisa avvolta nel buio
Il meteo per domani ha messo una bella giornata soleggiata, quindi mi aspetto un’altrettanto bellissima alba. La temperatura pian piano comincia a calare dentro la piccola T2 Ultralight, e sempre avvolto in mille pensieri mi abbandono lentamente al meritato riposo.
[29 Ottobre]
MONTE FAETA - MONTE SERRA - CALCI
Distanza = 19 Km
Dislivello + = 700mt
Dislivello - = 1500mt

La sveglia suona prestissimo, quando ancora fuori è completamente buio, ma i tempi impongono di incamminarsi presto anche oggi. La nottata è passata come tutte le notti in tenda, alle brevi pause di dormita si susseguono i ripetuti risvegli, ma la cosa positiva è che del temuto freddo in realtà non ne ho mai davvero avuto sentore. Faccio subito colazione in tenda e mi preparo già in modo da avere praticamente bisogno solo di richiuderla, una volta uscito. La piana di Pisa lentamente prende forma ai primi bagliori. La sagoma del Monte Serra appare nitida e le punte acuminate delle antenne si lasciano trascinare dietro di se scie di ombra.
Il Monte Serra all'alba

MagoZichele si incammina per la seconda tappa
Ma anche le Apuane, con il tenue chiarore dell’alba, appaiono ora molto più nitide di ieri sera.
Sono le 6.50 quando mi incammino per questo secondo giorno sul Monte Pisano.
Mi lascio velocemente alle spalle l’ormai mitico Monte Faeta e velocemente, passando in un bel castagneto, scendo fino a Campo di Croce, un altro importante snodo di sentieri nonché confine fra il pisano e il lucchese. Già da un po’ sento sparare delle fucilate, almeno una quindicina. Quando arrivo alla sella, a 612mt, vedo un ometto con un cane, e alla mia scontata domanda se abbia preso o meno nulla, mi dice di no perche non passa mai nulla….e allora a chi sparava?? Mah… Lo saluto e mi inerpico di nuovo fra castagni salendo l’ostico versante occidentale della Costa Moriglione, quand’ecco una nuova fucilata e, pochi secondi dopo, il rumore del piombo che ricade sulle foglie degli alberi….ho capito! Era un cacciatore di maghi! Meno male che se n’è accorto tardi….
La ripida risalita per la Costa Moriglione
La salita va affrontata con calma, perche siamo praticamente agli stessi livelli di quella fatta ieri sul finale per salire sul Faeta, in compenso, quando finalmente si monta sopra il crinale, fatto un breve tratto ancora nei castagni, si esce allo scoperto (790mt) su alcuni spuntoni di roccia dove finalmente il panorama si presenta immenso sulle cornici di colori dell’alba: il Monte Faeta troneggia verso ovest, mentre da nord a nordest sono Le Apuane e l’Appennino Tosco Emiliano a contendersi la scena.
Il profilo delle Alpi Apuane
 

Sullo sfondo il versante nord del Monte Faeta
Mentre per le prime è ovviamente la più vicina Pania della Croce a mettersi in bella mostra, ecco che dell’Appennino riesco a scorgere bene la sagoma del concatenamento fra i monti Giovo e Rondinaio. Sotto di loro, una sonnolenta Lucca appena illuminata dai primi raggi di sole. Da est a sudest, invece, si osserva bene l’intero concatenamento sudorientale del Monte Pisano, dallo Spuntone di Santallago alla Verruca, passando ovviamente dai più alti monti Cascetto e Serra. Davvero un bello spettacolo.
Proseguo rientrando in una forestale che lentamente scende, passando prima fra pini quindi di nuovo fra castagni, fino al Ristorante Rosa dei Venti. Seguo l’asfalto perfettamente allineato con il confine di provincie fino al passo di Colle di Calci (724mt), e rientro quindi in territorio lucchese attraversando su comoda forestale un bosco di castagni che aggira il versante settentrionale del Monte Cascetto.

Sono pressappoco le 8.30 quando, fatti circa un centinaio di metri, arriva il colpo di scena che purtroppo un po’ condizionerà questa mia due giorni sul Monte Pisano: mi imbatto in un’auto posteggiata nel mezzo della forestale, e quando gli passo a fianco, mi insospettisce la quantità di foglie di castagno presenti nel parabrezza. Impossibile che sia qui solo da stamani, visto che il vento ha cessato di soffiare da stanotte. Un rapido sguardo nei dintorni e purtroppo, a circa 15 metri nel pendio sottostante, la tragica scoperta. Ovviamente per rispetto il racconto di questo triste evento termina qui, che come si capirà, trattasi del gesto estremo di una persona. Dopo aver avvisato le autorità, rimango quindi in attesa del loro arrivo per poterli condurre sul luogo e rilasciare un breve quanto evidente verbale del ritrovamento. Quando vengo da loro congedato, sono le 10, ed è quindi passata un’ora e mezza.

Archiviato per il momento la tragica circostanza, mi rimetto in cammino di buon passo cercando di recuperare terreno. Mi fermo solo, poche decine di metri dopo, alla Fonte Cavallaia, per fare rifornimento di acqua, quindi mi dirigo rapido verso Prato di Calci (801mt), da dove si inerpica lo 00 che sempre fra castagni risale il versante occidentale del Monte Serra.
Il sentierino che risale il Monte Serra
Sotto all'antenna più alta del Monte Serra
E finalmente, alle 10.40, MagoZichele conquista anche il Monte Serra! Da fotografare non c’è un granché, e mi limito allora solamente ad un altissimo traliccio antenna. Da adesso in poi è praticamente sempre in discesa, e rapidamente oltrepasso Prato alla Taneta e il Monte Pruno, fino a Prato Ceragiola (637mt).
Antiche incisioni attribuibili agli Homo Maghens....
Discesa verso Prato Ceragiola
Inizia ora una lunghissimo tratto su strada bianca, quella che percorre l’intera dorsale orientale del complesso del Monte Pisano. Per spezzare un po’ di monotonia del percorso, ascolto anche un po’ di musica, e sulle note dell’ultimo album dei miei mitici U2 (che un po’ nelle orecchie mi ha ronzato in tutti questi due giorni), i km passano lisci uno dietro l’altro.
Lo 00 attraversa il percorso Anpil di Prato a Giovo
Dalle prossimità del Monte Cimone riesco a scorgere, osservando verso nordest, le placche rocciose di Sant’Antone, dove solo una settimana fa ero alle prese con la temibile ferrata. Supero l’area attrezzata di Prato a Giovo e, dopo un altro tratto sempre in piano, raggiungo un altro bellissimo punto panoramico in prossimità del Sasso della Dolorosa, dove, su un grosso spuntone roccioso che invita alla scalata, si erge una croce di legno.
Panorama dal Sasso della Dolorosa
MagoZichele sul Sasso della Dolorosa
E’ quasi mezzogiorno, in due ore ho percorso quasi 8km incluse soste, adesso posso proseguire con più calma. Rapidamente la vegetazione muta e si ritorna all’aspra macchia mediterranea, quando comincio la lunghissima e rettilinea discesa che dal Monte Lombardona scende fino a Prato a Ceccottino, dove si trovano i ruderi della Badia di San Michele, e dove saluterò il sentiero 00. Lungo questa discesa la vista della Verruca esalta oltremisura l’imponenza dell’omonima Rocca che si trova appollaiata lì sopra da secoli.
La lunga discesa dal Monte Lombardona, sullo sfondo la  Verruca

La Verruca
Alla fine della discesa, visto che sono le 12.30 e c’è una confortevole area picnic con tanto di gazebo in legno, è il momento del pranzo. Adesso fa davvero caldo, potenza del sole, e l’ombra di questo gazebo è quanto di meglio potessi sperare.
Finito il rapido pasto, è il momento delle fatiche finali. Ai piedi della Verruca il gps segna 450mt, per arrivare alla rocca dovrò salire fino a 540, non un dislivello eccessivo, se non fosse che lo si percorre nello spazio di soli 200mt. Il tratto finale è praticamente su scaloni di pietra piuttosto levigata, quindi da prestarci anche attenzione. In compenso lo spettacolo offerto dalla rocca, una volta “conquistata”, ripaga da ogni fatica, perche si tratta davvero di un panorama a 360 gradi.

La Rocca della Verruca

Il Mt.Serra e i crinali sudorientali visti dalla Verruca
Merita anche la vista verso la sottostante Calci e la sua imponente Certosa, che si trova al centro dell’enorme anfiteatro montuoso che parte dal Monte Faeta e termina alla Verruca. Un bellissimo e gratificante epilogo per questa due giorni.
Calci sormontato dal Monte Faeta, visti dalla Verruca

La Certosa di Calci
Riscendo dalla Verruca e, aggiratola verso nordovest, percorro una sterrata finche non mi imbatto (quasi a caso perche non molto visibile) nel sentiero che scende fino a Calci. Quella che in teoria potremmo pensare come a una comoda discesa, in realtà si tratta di un interminabile sentiero colpito tra l’altro in un non lontano passato da un grosso incendio del quale ancora le ferite appaiono più che evidenti. Grossi tronchi di pino ogni tanto invadono il sentiero, che tuttavia è piacevole da percorrere nella sua tortuosità.

Il tortuoso sentiero finale
Penso sia stato rimesso in vita dai gruppi di mtbiker appassionati di downhill. Non a caso questo sentiero è da loro poeticamente chiamato Calsifer. Metro dopo metro i -400mt di dislivello vengono raggiunti ed entro “trionfalmente” a Calci, concludendo definitivamente la mia traversata del Monte Pisano.
E vai!! Archiviata anche questa!!
La stanchezza comincia ad arrivare lentamente, mentre le telefonate con Alessandra, amici e parenti, si susseguono. La curiosità di tutti ovviamente è per la tragica circostanza in cui mi sono imbattuto sul Monte Cascetto. Personalmente, invece, i pensieri, sul bus per Pisa e sul treno per Ripafratta, corrono ancora al Monte San Giuliano, al Passo di Dante, al Monte Faeta faticosamente guadagnato, e ai panorami dallo Spuntone di Santallago e dalla Verruca…
- MagoZichele -

 

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