Lunghezza = 20km
Durata = 7 h
Difficoltà = impegnativo
Escursione
proposta nell’ottima guida “Camminare nella Maremma“.
Piuttosto
lunga (20km circa) ma praticamente a dislivello zero, ideale come escursione
invernale per osservare l’avifauna, in particolare nei mesi di Febbraio e
Marzo.
Veduta del Padule e Castiglione della Pescaia |
La
Diaccia Botrona è un sistema paludoso a ridosso di Castiglione della Pescaia, molto
suggestivo e capace di infondere una serena tranquillità. L’escursione prevede
il suo attraversamento partendo dalla Casa Rossa Ximenes, direttamente da
Castiglione della Pescaia, e lo spostamento in rettilineo fino al Canale di
S.Leopoldo, in prossimità di Marina di Grosseto. Successivamente raggiungeremo
il mare e faremo rientro a Castiglione della Pescaia costeggiando la riva
attraverso la Pineta dell’Oasi di S.Felice e il complesso di dune sabbiose Le
Marze. Sicuramente, dopo 20km, al nostro rientro nei pressi della Casa Rossa,
la luce del sole avviato al tramonto ci regalerà un panorama mozzafiato su
tutto il padule. Maggiori informazioni disponibili nella guida Camminare in Maremma.
La Casa Rossa Ximenes |
Domenica
10 Febbraio 2013, una domenica che prelude alla “nevicata perfetta” prevista
per il giorno dopo in gran parte dell’Italia, Io e Emiliano decidiamo di
“aggredire” la Diaccia Botrona che, viste le temperature che il meteo ha
promesso, si preannuncia veramente “diaccia”!!
Partiamo
in auto da Prata alle 7 e alle 8.10 siamo a Castiglione della Pescaia pronti
per metterci in cammino, proprio di fronte alla Casa Rossa. Questo manufatto è inserito in una cornice da
perfetto quadro, il colore rosso della sue facciate ben si sposa con l’ambiente
circostante fatto di acqua e piccoli lembi di terra ricoperti di salicornie
(meno male che ho Emiliano che mi dice tutti i nomi corretti..). La temperatura
è a -1 °C, ma ben coperti, e subito in cammino, sotto il primo tepore offerto
dal sole, non sembra di sentirla così tanto.
Si cammina su lingue di terra |
Canale Ghiacciato |
Davanti
a noi, sopra l’attraversamento adiacente la Casa Rossa, dopo essere saliti su
per la “scala che canta”, un paesaggio formidabile: qua e là gruppi di uccelli
di ogni specie svolazzano in continuazione o si scaldano accovacciati
pigramente sugli specchi d’acqua del padule. La vista si perde nell’orizzonte,
la Diaccia Botrona sembra senza confini. Emiliano mi istruisce su tutte le
specie che ci circondano, qualcuna la conosco già, gli scontati Germani, gli
Aironi bianchi e cenerini, i Cormorani. Qualche altra dai nomi stravaganti e
curiosi, tipo le Pettegole o il Combattente (mitico!).
Ma, su tutti,
l’attenzione è focalizzata sui fenicotteri, che si trovano abbastanza vinci
lungo il nostro cammino. Non essendo proprio addormentati, si innalzano in volo
con un certo anticipo rispetto al nostro arrivo, e, personalmente, questa è la
cosa che più mi rimarrà impressa in tutta la giornata. Sembrano tutti
perfettamente sincroni nei loro movimenti, tutti nell’affannoso sforzo di
staccarsi dalla superfice dell’acqua e guadagnare quota, dandosi la spinta con
il collo per guadagnare centimetri, come fossero al fotofinish di una 100 metri
piani. E’ la prima volta che vedo una spettacolo simile, e non avrei mai
creduto di rimanerci a bocca aperta. La testimonianza solo in un paio di foto
scattate frettolosamente e tardivamente, quando invece un video sarebbe stato
più consono.
Il volo dei Fenicotteri |
Raggiungiamo
l’Antico Canale Navigabile mentre, intorno a noi, alcuni canali secondari con
poco trascinamento d’acqua hanno addirittura la superficie ghiacciata. Superato
il canale comincia il suo lungo costeggiamento, l’ambiente inizialmente non
sembra variare molto, ogni tanto qualcosa parte in volo ed Emiliano puntuale lo
mette a fuoco con binocolo, battezzandone
specie, sottospecie e codice fiscale!
Lungo il Canale Navigabile |
Emiliano "punta" qualche volatile |
Arriviamo
all’impianto di coltivazione ittica, e (clamoroso al Cibali!) il Mago sbaglia
clamorosamente strada, imboccando la via che costeggia le grandi vasche di
allevamento al di là del canale Tanaro, anziché rimanere dal lato giusto sul
sentiero che qui è anche segnato, e precisamente è il sentiero Provinciale
n.31. Tutti intenti a osservare i gabbiani o gli aironi che stupidamente si
sono chiusi dentro lo spazio aereo delle vasche, trovando un varco nella rete
di recinzione, o magari osservando la strana schiuma (?? Mah..) che si forma
nell’acqua di scolo dalle vasche al canale, continuiamo a camminare
imperterriti anche perché io sono abbastanza tranquillo, la traccia gps è
rettilinea e magari un metro più in qua o in la ci può stare.
In lontananza, l'Isola Clodia |
Finche
arriviamo all’inevitabile, il sentiero finisce e abbiamo la strada sbarrata da
un canale secondario, impossibile poter attraversare in qualunque punto,
dobbiamo tornare indietro fino all’allevamento! Una deviazione che purtroppo ci
costerà non meno di due km in più. Peccato, perché avremmo voluto tentare, più
avanti, una deviazione fino all’Isola Clodia, e invece dovremo rinunciarci pena
l’eccessiva lunghezza complessiva dell’escursione. Ripercorriamo quindi a
ritroso il sentiero ed imbocchiamo stavolta quello giusto che, continuando a
costeggiare il canale, pian piano ci allontana dall’ambientazione tipica del
padule e ci introduce in un’ampia zona di campi, in parte sfruttati a
coltivazione, risultato della bonifica dell’antico Lago di Castiglione, eseguita
a partire dal lontano XVII secolo.
La zona dei "Campi" |
Si macina km |
Solo un gruppo di cinghiali sulla opposta sponda del canale Tanaro ci distoglie particolarmente l’attenzione, altrimenti adesso il paesaggio appare piuttosto monotono, o magari sarà l’effetto combinato dell’aria pungente e di un po’ di fame che affiora. Arriviamo al bivio con il sentiero che va dritto in direzione dell’Isola Clodia; purtroppo oggi non potremo andarci, quindi salutiamo da lontano i ruderi sulla piccola collinetta e proseguiamo. Quando finalmente raggiungiamo il Canale di San Leopoldo, anch’esso creato appositamente per far defluire verso il mare le acque in eccesso del padule, facciamo una sosta per un bel the caldo. Ai miei piedi le nuove scarpe La Sportiva Omega GTX mi mettono a dura prova. Sono appena alla seconda uscita ufficiale e un’escursione così lunga mette già sotto torchio i talloni. In ogni caso l’impressione di comfort è complessivamente molto buona, nella prospettiva di quando la tomaia avrà ceduto un po’ di rigidità verso la forma del mio piede.
Il Canale di San Leopoldo |
La Pineta Granducale |
Riprendiamo
il cammino e, superata la strada asfaltata che taglia in due longitudinalmente
la pineta granducale, ci immettiamo nell’Oasi di San Felice, un’area
riconosciuta come SIC dove è stato ricavato un percorso ad anello che esplora
la pineta e la macchia mediterranea che offrono riparo, anche qui, a numerose
specie di volatili e mammiferi. Un posto molto tranquillo, non troviamo nessuno
che vi passeggi al suo interno, nonostante le zone limitrofe, complice la bella
giornata di sole, pullulino di altra gente venuta a rilassarsi. Li vediamo,
infatti, ma tutti nella sponda opposta del Canale di S.Leopoldo, chi con il
cane, chi con il cavallo, chi con i bambini. Dal nostro lato, invece, arriviamo
nella spiaggia completamente deserta e ben tesa dal vento. Il freddo ha
compattato anche la sabbia, che in alcuni punti forma delle dune piuttosto
dure. Il panorama spazia ovviamente dalla punta delle Rocchette a Castiglione
della Pescaia a destra, Marina di Grosseto e l’Argentario a sinistra. Ma
l’Isola del Giglio, nostro imminente obbiettivo, è quella che più focalizza la
mia attenzione.
Arrivati al mare |
Le Marze |
Continuiamo
attraversando ora un sentiero nella sabbia immediatamente anteposto alle dune
che separano dal mare. Siamo sempre all’interno dell’Oasi di S.Felice e ogni
tanto la cartellonistica ci informa sulle specie presenti. Si comincia un po’ a
sentire l’effetto dei km sulle gambe, più che altro perché, in assenza di
dislivelli, il passo è decisamente sostenuto. Una curva repentina ci riporta
verso l’interno dentro la pineta, e poco dopo, giunti in prossimità di un
locale balneare, lasciamo il sentiero circolare dell’oasi per continuare
nuovamente in prossimità della riva del mare. Sono quasi le 13, è il momento di
pensare al pranzo. Arriviamo all’ultimo ingresso in pineta, dove quindi ci lasciamo
definitivamente alle spalle il mare, e dove si trova un altro locale balneare,
ovviamente chiuso. E’ spettrale lo stato di abbandono in cui si trovino questi
locali in inverno, se poi paragonati al turbinio estivo. Ci addentriamo nella
strada lastricata in direzione dell’ingresso, ma giunti ad un pino coi un
comodo muretto, finalmente ci fermiamo per il pranzo.
L'Isola del Giglio |
Di nuovo al Padule |
La fame si faceva sentire per entrambi ma stavamo stranamente zitti. E poi, in ogni caso, un po’ di riposo adesso non guastava. La sosta non è lunghissima, anche perché, sarà il fatto di fermarsi, sarà che siamo all’ombra della pineta, sarà la digestione che comincia, ma l’impressione è quella di un freddo accentuato di quello che ti penetra le ossa: bisogna ripartire subito.
Arrivati
al cancello d’ingresso dello stabilimento balneare, scopriamo che è tutto
chiuso e recintato. Questo è un po’ strano: il fatto che un’escursione
descritta su una guida in vendita, preveda il passaggio in una strada chiusa,
almeno nelle stagioni fredde. C’è eventualmente la possibilità di passare da un
buco nella rete, ma è davvero basso e toccherebbe passarci gattonando. La cosa
più spiccia è sicuramente scavalcare il cancello, cosa che faccio in men che
non si dica. Un po’ più problematico invece per Emiliano, che soffre un po’ di
vertigini e quindi patisce per l’effetto destabilizzante dello stare
abbarbicato su un cancello, ma insomma in breve anche lui supera l’ostacolo.
Un tappeto di Salicornia |
Da
questo punto in poi, e per un bel po’, bisogna attingere a quanti più argomenti
possibili abbiamo per dialogare, e quindi per far passare il tempo. La
passeggiata, infatti, prevede di costeggiare la strada asfaltata lungo la pista
ciclabile, per almeno 3,5km, rendendosi molto monotona. Ne approfittiamo per
discutere un po’ dei nostri prossimi obbiettivi, finché finalmente lasciamo la
strada asfaltata attraversandola e rientrando nella pineta granducale che
ancora protegge la Diaccia Botrona ai nostri occhi.
La Casa Rossa illuminata dalla luce pomeridiana |
Alcune
centinaia di metri ed infine eccoci di nuovo all’interno del padule, nei pressi
del ponte sul canale navigabile già incontrato all’andata. Adesso, di
pomeriggio, ci sono alcuni gruppi di persone sparse a macchia di leopardo qua e
là per i bacini del padule. Il grosso dei volatili si mantiene abbastanza
lontano rispetto a questa mattina, a debita distanza dalla presenza dell’uomo
adesso più consistente. C’è il tempo per gli ultimi avvistamenti per Emiliano,
ancora qualche beccaccino da prendere di mira con il binocolo. Il sole alle
16.00 comincia ad avviarsi verso il lungo tramonto, e la sua luce risplende
come non mai, adesso, sulle facciate di ponente della Casa Rossa, illuminando
gli interni del suo museo dedicato a Leonardo Ximenes.
Un
ultimo sguardo verso tutto il padule da sopra le arcate del ponte adiacente la
Casa Rossa, a salutare e suggellare questa bella sfacchinata invernale, e
quindi di nuovo verso casa, stanchi ma, anche questa volta, pur sempre
appagati.
- MagoZichele -
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