O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

venerdì 29 giugno 2012

[ Come è andata?? ] Escursione da Prata alla Piana di Perolla [ 25/06/2012 ]


Già da un po’ di tempo stavo pensando ad una escursione bella lunga da affrontarsi in un’unica giornata, per macinare km di allenamento sulle gambe, in vista degli imminenti ed impegnativi appuntamenti estivi. L’escursione alla Piana di Perolla, pensata originariamente per una durata di due giorni, con i suoi 32 km scarsi si presentava come adatta allo scopo. Rimasta in soffitta per troppo tempo, correva il rischio di rimanere un progetto abbandonato, e visto che all’orizzonte non ci sono possibilità concrete di affrontarla in una due giorni in compagnia, perché non farla tutta insieme in un giorno solo? Siamo a fine Giugno, le giornate sono molto lunghe, quindi partendo di buon mattino la fattibilità è assicurata. L’unica incognita di questi giorni, la gran calura che porta la temperatura a raggiungere i 35 °C. Per questo, nel preparare lo zaino, anche di fronte alle ridotte possibilità di rifornimento lungo il percorso, vi infilo ben 4 litri d’acqua.



Lascio Prata di buon mattino...
Il sentiero n.42
E’ un lunedì, il 25 Giugno, il giorno prefissato. Il fine settimana, proprio per il caldo, è invece dedicato al mare. Parto alle 6.40, fuori è già giorno da un pezzo, e nelle campagne sottostanti Prata l’attività è già frenetica, mentre il paese è invece, comprensibilmente, avvolto nel silenzio. Nella dritta del Gabellino mi accompagnano gli sguardi incuriositi e increduli dei sonnolenti conoscenti che si recano a lavoro in auto; sicuramente non si aspettavano di vedermi a spasso di lunedì mattina! Già all’imbocco della vecchia strada per la miniera del Ballarino però le cose cambiano, non c’è più il viavai di auto e per la prima volta, nonostante il cielo velato, mi rendo conto di quanto sarà calda la giornata. Non avendoli mai affrontati finora, spero che i sentieri di questa lunga escursione siano il più possibile all’ombra.

Imboccato il sentiero 42, ripercorro per un breve tratto la strada fatta nel primo giorno della SPratata insieme al Piusti. Arrivato al podere Ventoso, la mia direzione è un’altra (prosegue nel sentiero segnato) e continua con la sterrata fiancheggiata da vecchi muri a sasso, in un ambiente dove i casolari si diradano sempre più, fino ad arrivare ai Bistini. Da qui il sentiero prosegue in maniera più isolata e via via restringendosi, fino a diventare uno stretto budello dalla vegetazione che, trascurata, ne ha invaso in parte gli spazi. Ogni tanto devo fare una sosta per fare un reset della moltitudine di ragnatele che mi si appiccicano addosso, chissà gli accidenti che mi arrivano dai ragnetti...

Veduta su Montemassi
In pausa sotto i castagni...
Passo a fianco di un ultimo podere prima di uscire nella strada asfaltata in direzione di Roccatederighi. Giusto il tempo di un paio di centinaia di metri ed eccomi di nuovo nella sterrata che prosegue il sentiero 42. Si sale un po’ di dislivello, poi un po’ di semplici saliscendi, un tratto senza segni particolari, poi, arrivato alle pendici di Poggio Santini, devio sulla destra, peraltro osservando i cartelli dei sentieri per terra e disposti in maniera fuorviante. Un po’ di manutenzione certo che non farebbe male, a questa sentieristica…
Dopo una leggera salita, riscendo fino ad incrociare stavolta la strada asfaltata che porta a Tatti. Poco prima, l’eventuale deviazione senteristica proprio per il centro abitato di Tatti, che decido di evitare, tanto per ora non ho alcun problema di rifornimento. Continuo invece sul sentiero (che adesso è il n.43) lasciandomi alle spalle la strada asfaltata. Dopo alcuni saliscendi lungo gli scoscesi poggi di questa zona, raggiungo un grosso casolare dove alcuni cani da caccia mi accolgono sonoramente; meglio non sostare troppo qui e proseguire oltre. Poco dopo mi fermo per una pausa all’ombra di alcuni (pochi) castagni circondati da belle piante di felci. Ed è qui che mi rendo conto della grossa cappellata: ho dimenticato a casa le barrette e le posate! Per carità, non è che morirò di fame, ma in 32 km da fare qualcosa dovrò pur mettere sotto i denti, e l’unica cosa che ho nello zaino è un pasto disidratato che comunque non posso preparare, se non rimedio qualcosa per mescolare (e anche mangiare, visto che si tratta di purè…).

Ecco...e ora cosa mangio??...
Veduta su Tatti
Mentre vengo giustamente preso in giro al telefono da mia moglie, realizzo subito che dovrò cercare di arrivare prima possibile a Perolla, dove forse potrò trovare almeno un cucchiaio. Ho già percorso 13 km ma ne devo fare ancora almeno altri 7-8, e il caldo comincia a farsi sentire. Meno male che il sentiero si fa sempre più ombreggiato, passando in mezzo ad una fitta lecceta che ripara dai raggi del sole. Poco dopo, un improvviso sbalzo di dislivello mi accorcia sensibilmente il fiato, certo che a queste temperature (30 °C) cambia tutto… Arrivo in breve nella zona dove, in teoria sarebbe dovuto terminare il primo dei due giorni previsti. La zona non è come me la aspettavo, tuttavia il piccolo e grazioso casolare, disabitato ma ben curato, sarebbe stato un ottimo posto per piantare la tenda; tra l’altro c’è anche una bella visuale. Proseguo, e dopo aver superato un bel punto panoramico (si vede la piana di Grosseto, il Monte Argentario, e più vicino Tatti e i rigogliosi poggi sottostanti, d’un verde lussureggiante) il sentiero si restringe molto, un vero e proprio stradello tortuoso che discende sempre più ripidamente la macchia mediterranea, fino a terminare in un largo crocevia di strade da dove si comincia a vedere la sottostante Piana di Perolla. In lontananza si sente il rumore di mezzi pesanti in azione, anche se da qui si potrebbe scendere rapidamente verso la piana, il sentiero n.43 descrive invece un lungo arco che mi porta a raggiungere e costeggiare il Fosso Valle Calda.

Bel passaggio nella lecceta - n.43
Discesa verso il Fosso Valle Calda
Durante questa discesa, il sentiero è costantemente esposto al sole e abbastanza ripido, di fronte a me l’infinita distesa verde dei poggi antistanti: Monte Chiaro, Poggio Segalina, e più in lontananza, sulla sinistra, la lunga cresta della Costa Ferraglia. Dal fosso, sono circa 2-3 km fino ad arrivare in Perolla, e mi pare che non abbiano mai fine: quaggiù è un caldo infernale, alle 12.00 del 25 Giugno. Supero il Torrente Carsia, di color arancio acceso e arrivo ai poderi lungo la strada: deserti!! Dove troverò ‘sto cucchiaio?? Mi incammino nella breve salita per il turistico e da anni abbandonato Borgo di Perolla, dove, ad una signora che stava chiudendo un ufficio di dubbia utilità, dato che qui è tutto morto da tempo, smuovo la monotonia di giornate probabilmente tutte simili, presentandomi ed esponendo il mio problema. Dopo lo scontato e rammaricato(?) iniziale no d’ordinanza, la signora riapre il suo ufficio e mi consegna trionfante due cucchiaini di plastica, di quelli usa e getta per il caffè o per i dolci. Ok, mi basteranno, adesso so che avrò il mio pranzo. Anche se il caldo e l’ora mi indicherebbero di fermarmi subito, un sesto senso mi dice invece di proseguire ancora un po’ e risalire il poggetto dove dovrebbero trovarsi i ruderi del Castello di Perolla, lì dovrei trovare più tranquillità e più ombra, nella lecceta.

Archeologia fluviale sul Torrente Carsia
Perolla è Conquistata!!!
Anche il sentiero n.44, quello che mi riporterà a Prata e che comincia proprio a Perolla, sembra deficitario in quanto a manutenzione. L’erba nel tratto iniziale che sale ripidamente il poggetto su cui si trovano i resti del castello, è molto alta, e con i bastoncini devo farmi spazio “sonoramente” anche per sondare l’eventuale presenza di malaugurate vipere, visto che comunque il terreno è nel contempo sassoso. Arrivo sulla sommità del poggetto e, dopo aver dato un rapido sguardo a quelli che pensavo fossero i resti del castello (in realtà da un tabellone incontrato successivamente mi ricrederò totalmente), devio decisamente all’interno della fitta lecceta dove finalmente mi fermo per il tanto sospirato pranzo, sono all’incirca le 12.30, e fra deviazioni varie ho già percorso ben 23 km!! L’acqua necessaria per reidratare il purè con formaggio va in ebollizione in un attimo, i cucchiaini svolgono il loro dovere a meraviglia (anche se essendo corti ogni tanto schizzi di acqua bollente mi finiscono nelle mani procurandomi piacevoli sensazioni…), e così finalmente metto qualcosa sotto i denti. Non si sta poi così male sotto questa lecceta, il caldo si sente ma l’ombra è totale. Il fondo del sentiero, naturalmente coperto di foglie e rametti, emette uno strano rimbombo calpestandolo, e mentre fantastico pensando che magari sotto i miei piedi si trovano gallerie segrete risalenti all’epoca del castello di Perolla, sento nel silenzio generale che qualcosa sta provenendo nella mia direzione trotterellando allegramente.

La SP28 che taglia la Piana di Perolla
Sentiero n.44 salendo verso il Castello
Mi fermo immobile quel tanto per scorgere che un piccolo daino, sorpreso della mia presenza, si blocca seminascosto nella lecceta e comincia a muoversi a piccoli, lenti passi, senza emettere il benché minimo rumore. Riesco solo a scattare una confusa foto dove, in un mosaico di colori caldi, lo si scorge perfettamente mimetizzato con l’ambiente circostante. Terminato il pranzo, e dopo tutte le varie manovre di cambio vestiti ecc ecc, riparto verso le 13.50. Il caldo è potente, ma la lecceta mi protegge a dovere e prosegue per un po’ anche dopo il superamento della Fonte Canalone, in corrispondenza del tornante lungo la SP28. Poco dopo, però, dove si comincia a scendere di quota per raggiungere lentamente il guado sul Torrente Carsia, il sentiero n.44 diventa una sterrata quasi interamente al sole, che adesso è molto alto e picchia in tutte le direzioni. Cammino sfruttando ora a destra ora a sinistra la poca ombra offerta dai rami degli alberi ai lati. Adesso la macchia mediterranea ha lasciato spazio ai più comuni cerri e querce.

Un po' di riposo sotto questa bella lecceta
Via via che avanzo, mi avvicino sempre più ai territori un anno fa portati alla ribalta (forse anche più del dovuto…) dalla segnalazione della fantomatica presenza di una pantera nera. Wow, e se adesso me la trovassi di fronte? Comincio così a fantasticare un po’, tanto per alleviare il cammino sotto il sole, pensando che sicuramente non farei in tempo a scattare una foto, perché arrivo sempre, puntualmente, in ritardo. E poi, la tattica migliore quale potrebbe essere? Stare fermo? Fuggire? E dove? Sugli alberi sarebbe più a suo agio  lei che io. Mentre mi diletto in queste considerazioni, il bosco si fa più fitto riportando un po’ d’ombra sul cammino. Ai lati, ogni tanto, cominciano ad apparire macigni giganti, come mi è capitato di trovarli solo sui versanti del Monte Amiata. Sto percorrendo, risalendo di taglio, il ripido versante sudest della Costa Ferraglia, che ha il suo apice sul Poggio Sciamagna, a poco più di 500 mt di altitudine. Sotto di me, sento scorrere a tratti anche impetuosamente, il Torrente Carsia, che nasce dalla vallata sottostante Prata. Questi grossi macigni a volte sembrano raggruppati di proposito, e semifoderati da spessi strati di muschio o edera, celano degli anfratti per niente invitanti. D’un tratto, come spesso succede fantasticando troppo, questo bosco mi appare improvvisamente minaccioso e antagonista: e se la pantera mi stesse aspettando proprio nascosta in uno di questi buchi? Tanto per giocarci un carico di brisca, tiro fuori il cellulare, giusto per avere la conferma di zero segnale! Ecco, se non altro mi sono auto-costruito una situazione per dare una svolta misteriosa e avventurosa a tutta l’escursione. Più seriamente, invece, comincio a rendermi conto che, visto che mancano meno di 5 km a Prata, la salita che dovrò affrontare non sarà semplice, visto che il dislivello da recuperare sarà discreto e in così poco spazio.

Scoprite l'intruso...
Infatti, disceso l’ultimo tratto di sentiero più boscoso fino al guado sul Carsia, che inaspettatamente trovo invece, quassù più a monte, completamente in secca, già da subito vedo che il sentiero che risale è decisamente più ripido di quello che scendeva, e, per la cronaca, completamente al sole. Fondo anche un po’ disconnesso, quindi, mi dico, meglio affrontarlo tutto d’un fiato almeno fino a rientrare lungo la sterrata del Podere Gretaia. Il termometro adesso dice 34 °C, e si sentono tutti. La scorta d’acqua più che sufficiente mi da comunque la tranquillità anche mentale di affrontare questa fatica. In alcuni momenti ho la sensazione che le folate di aria calda portino via anche l’ossigeno. Finalmente eccomi nella sterrata, in barba a pantere e pantegane! Sosta all’ombra, un sorso d’acqua e, mentre riprendo fiato, realizzo che purtroppo la situazione da affrontare può solo peggiorare. La pendenza della salita è sempre notevole, considerati i 28 km sulle gambe e il caldo, e la cosa peggiore è che ai lati della sterrata non ci sono praticamente alberi. E’ tutto completamente al sole! Questi ultimi 4 km saranno da ricordare…

Ok, è andata, facciamoci coraggio, non è mica una gara e poi l’acqua non manca. La lenta risalita, intervallata da brevi soste ai lati ogni tanto approfittando di piccoli sprazzi d’ombra, prosegue in questo caldo pomeriggio di fine Giugno, osservando di tanto in tanto i bellissimi poderi ristrutturati di tutto punto dai tedeschi, che in queste zone sono presenti in gran numero, oppure osservando il versante est della Costa Ferraglia che via via si scopre alla vista. La strada sterrata diventa asfaltata dopo poco meno di un km, ma per un bel pezzo la pendenza non da scampo. Infine, e finalmente, ricomincia qualche tratto all’ombra o in saliscendi. Ormai sono in dirittura d’arrivo, ma questa risalita adesso ha messo a dura prova anche le gambe. Dei piedi non parliamone, mi sembra d’avere due tizzoni ardenti… Eccomi al campo sportivo, eccomi di nuovo a Prata, 32 km e quasi 1000 mt di dislivello+, la mente già a casa senza scarponi, sotto la doccia, e un’altra lunga escursione archiviata in vista della sempre più imminente traversata sulle Dolomiti, l’Alta Via di MagoZichele!!!
MagoZichele

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