Già
da un po’ di tempo stavo pensando ad una escursione bella lunga da affrontarsi
in un’unica giornata, per macinare km di allenamento sulle gambe, in vista
degli imminenti ed impegnativi appuntamenti estivi. L’escursione alla Piana di
Perolla, pensata originariamente per una durata di due giorni, con i suoi 32 km
scarsi si presentava come adatta allo scopo. Rimasta in soffitta per troppo
tempo, correva il rischio di rimanere un progetto abbandonato, e visto che
all’orizzonte non ci sono possibilità concrete di affrontarla in una due giorni
in compagnia, perché non farla tutta insieme in un giorno solo? Siamo a fine
Giugno, le giornate sono molto lunghe, quindi partendo di buon mattino la
fattibilità è assicurata. L’unica incognita di questi giorni, la gran calura
che porta la temperatura a raggiungere i 35 °C. Per questo, nel preparare lo
zaino, anche di fronte alle ridotte possibilità di rifornimento lungo il
percorso, vi infilo ben 4 litri d’acqua.
E’
un lunedì, il 25 Giugno, il giorno prefissato. Il fine settimana, proprio per
il caldo, è invece dedicato al mare. Parto alle 6.40, fuori è già giorno da un
pezzo, e nelle campagne sottostanti Prata l’attività è già frenetica, mentre il
paese è invece, comprensibilmente, avvolto nel silenzio. Nella dritta del
Gabellino mi accompagnano gli sguardi incuriositi e increduli dei sonnolenti
conoscenti che si recano a lavoro in auto; sicuramente non si aspettavano di
vedermi a spasso di lunedì mattina! Già all’imbocco della vecchia strada per la
miniera del Ballarino però le cose cambiano, non c’è più il viavai di auto e
per la prima volta, nonostante il cielo velato, mi rendo conto di quanto sarà
calda la giornata. Non avendoli mai affrontati finora, spero che i sentieri di
questa lunga escursione siano il più possibile all’ombra.
Imboccato
il sentiero 42, ripercorro per un breve tratto la strada fatta nel primo giorno
della SPratata insieme al Piusti. Arrivato al podere Ventoso, la mia direzione
è un’altra (prosegue nel sentiero segnato) e continua con la sterrata fiancheggiata
da vecchi muri a sasso, in un ambiente dove i casolari si diradano sempre più,
fino ad arrivare ai Bistini. Da qui il sentiero prosegue in maniera più isolata
e via via restringendosi, fino a diventare uno stretto budello dalla
vegetazione che, trascurata, ne ha invaso in parte gli spazi. Ogni tanto devo
fare una sosta per fare un reset della moltitudine di ragnatele che mi si
appiccicano addosso, chissà gli accidenti che mi arrivano dai ragnetti...
Passo
a fianco di un ultimo podere prima di uscire nella strada asfaltata in
direzione di Roccatederighi. Giusto il tempo di un paio di centinaia di metri
ed eccomi di nuovo nella sterrata che prosegue il sentiero 42. Si sale un po’
di dislivello, poi un po’ di semplici saliscendi, un tratto senza segni
particolari, poi, arrivato alle pendici di Poggio Santini, devio sulla destra,
peraltro osservando i cartelli dei sentieri per terra e disposti in maniera
fuorviante. Un po’ di manutenzione certo che non farebbe male, a questa
sentieristica…
Dopo
una leggera salita, riscendo fino ad incrociare stavolta la strada asfaltata
che porta a Tatti. Poco prima, l’eventuale deviazione senteristica proprio per
il centro abitato di Tatti, che decido di evitare, tanto per ora non ho alcun
problema di rifornimento. Continuo invece sul sentiero (che adesso è il n.43)
lasciandomi alle spalle la strada asfaltata. Dopo alcuni saliscendi lungo gli
scoscesi poggi di questa zona, raggiungo un grosso casolare dove alcuni cani da
caccia mi accolgono sonoramente; meglio non sostare troppo qui e proseguire
oltre. Poco dopo mi fermo per una pausa all’ombra di alcuni (pochi) castagni
circondati da belle piante di felci. Ed è qui che mi rendo conto della grossa
cappellata: ho dimenticato a casa le barrette e le posate! Per carità, non è
che morirò di fame, ma in 32 km da fare qualcosa dovrò pur mettere sotto i
denti, e l’unica cosa che ho nello zaino è un pasto disidratato che comunque
non posso preparare, se non rimedio qualcosa per mescolare (e anche mangiare,
visto che si tratta di purè…).
Mentre
vengo giustamente preso in giro al telefono da mia moglie, realizzo subito che
dovrò cercare di arrivare prima possibile a Perolla, dove forse potrò trovare
almeno un cucchiaio. Ho già percorso 13 km ma ne devo fare ancora almeno altri
7-8, e il caldo comincia a farsi sentire. Meno male che il sentiero si fa
sempre più ombreggiato, passando in mezzo ad una fitta lecceta che ripara dai
raggi del sole. Poco dopo, un improvviso sbalzo di dislivello mi accorcia
sensibilmente il fiato, certo che a queste temperature (30 °C) cambia tutto…
Arrivo in breve nella zona dove, in teoria sarebbe dovuto terminare il primo
dei due giorni previsti. La zona non è come me la aspettavo, tuttavia il
piccolo e grazioso casolare, disabitato ma ben curato, sarebbe stato un ottimo
posto per piantare la tenda; tra l’altro c’è anche una bella visuale. Proseguo,
e dopo aver superato un bel punto panoramico (si vede la piana di Grosseto, il
Monte Argentario, e più vicino Tatti e i rigogliosi poggi sottostanti, d’un verde
lussureggiante) il sentiero si restringe molto, un vero e proprio stradello
tortuoso che discende sempre più ripidamente la macchia mediterranea, fino a
terminare in un largo crocevia di strade da dove si comincia a vedere la
sottostante Piana di Perolla. In lontananza si sente il rumore di mezzi pesanti
in azione, anche se da qui si potrebbe scendere rapidamente verso la piana, il
sentiero n.43 descrive invece un lungo arco che mi porta a raggiungere e
costeggiare il Fosso Valle Calda.
Durante
questa discesa, il sentiero è costantemente esposto al sole e abbastanza
ripido, di fronte a me l’infinita distesa verde dei poggi antistanti: Monte
Chiaro, Poggio Segalina, e più in lontananza, sulla sinistra, la lunga cresta
della Costa Ferraglia. Dal fosso, sono circa 2-3 km fino ad arrivare in
Perolla, e mi pare che non abbiano mai fine: quaggiù è un caldo infernale, alle
12.00 del 25 Giugno. Supero il Torrente Carsia, di color arancio acceso e
arrivo ai poderi lungo la strada: deserti!! Dove troverò ‘sto cucchiaio?? Mi
incammino nella breve salita per il turistico e da anni abbandonato Borgo di
Perolla, dove, ad una signora che stava chiudendo un ufficio di dubbia utilità,
dato che qui è tutto morto da tempo, smuovo la monotonia di giornate
probabilmente tutte simili, presentandomi ed esponendo il mio problema. Dopo lo
scontato e rammaricato(?) iniziale no d’ordinanza, la signora riapre il suo
ufficio e mi consegna trionfante due cucchiaini di plastica, di quelli usa e
getta per il caffè o per i dolci. Ok, mi basteranno, adesso so che avrò il mio
pranzo. Anche se il caldo e l’ora mi indicherebbero di fermarmi subito, un
sesto senso mi dice invece di proseguire ancora un po’ e risalire il poggetto
dove dovrebbero trovarsi i ruderi del Castello di Perolla, lì dovrei trovare
più tranquillità e più ombra, nella lecceta.
Anche
il sentiero n.44, quello che mi riporterà a Prata e che comincia proprio a
Perolla, sembra deficitario in quanto a manutenzione. L’erba nel tratto
iniziale che sale ripidamente il poggetto su cui si trovano i resti del
castello, è molto alta, e con i bastoncini devo farmi spazio “sonoramente”
anche per sondare l’eventuale presenza di malaugurate vipere, visto che
comunque il terreno è nel contempo sassoso. Arrivo sulla sommità del poggetto
e, dopo aver dato un rapido sguardo a quelli che pensavo fossero i resti del
castello (in realtà da un tabellone incontrato successivamente mi ricrederò totalmente),
devio decisamente all’interno della fitta lecceta dove finalmente mi fermo per
il tanto sospirato pranzo, sono all’incirca le 12.30, e fra deviazioni varie ho
già percorso ben 23 km!! L’acqua necessaria per reidratare il purè con
formaggio va in ebollizione in un attimo, i cucchiaini svolgono il loro dovere
a meraviglia (anche se essendo corti ogni tanto schizzi di acqua bollente mi
finiscono nelle mani procurandomi piacevoli sensazioni…), e così finalmente
metto qualcosa sotto i denti. Non si sta poi così male sotto questa lecceta, il
caldo si sente ma l’ombra è totale. Il fondo del sentiero, naturalmente coperto
di foglie e rametti, emette uno strano rimbombo calpestandolo, e mentre
fantastico pensando che magari sotto i miei piedi si trovano gallerie segrete
risalenti all’epoca del castello di Perolla, sento nel silenzio generale che
qualcosa sta provenendo nella mia direzione trotterellando allegramente.
Mi
fermo immobile quel tanto per scorgere che un piccolo daino, sorpreso della mia
presenza, si blocca seminascosto nella lecceta e comincia a muoversi a piccoli,
lenti passi, senza emettere il benché minimo rumore. Riesco solo a scattare una
confusa foto dove, in un mosaico di colori caldi, lo si scorge perfettamente
mimetizzato con l’ambiente circostante. Terminato il pranzo, e dopo tutte le
varie manovre di cambio vestiti ecc ecc, riparto verso le 13.50. Il caldo è
potente, ma la lecceta mi protegge a dovere e prosegue per un po’ anche dopo il
superamento della Fonte Canalone, in corrispondenza del tornante lungo la SP28.
Poco dopo, però, dove si comincia a scendere di quota per raggiungere
lentamente il guado sul Torrente Carsia, il sentiero n.44 diventa una sterrata
quasi interamente al sole, che adesso è molto alto e picchia in tutte le
direzioni. Cammino sfruttando ora a destra ora a sinistra la poca ombra offerta
dai rami degli alberi ai lati. Adesso la macchia mediterranea ha lasciato spazio
ai più comuni cerri e querce.
Un po' di riposo sotto questa bella lecceta |
Scoprite l'intruso... |
Ok,
è andata, facciamoci coraggio, non è mica una gara e poi l’acqua non manca. La
lenta risalita, intervallata da brevi soste ai lati ogni tanto approfittando di
piccoli sprazzi d’ombra, prosegue in questo caldo pomeriggio di fine Giugno,
osservando di tanto in tanto i bellissimi poderi ristrutturati di tutto punto
dai tedeschi, che in queste zone sono presenti in gran numero, oppure
osservando il versante est della Costa Ferraglia che via via si scopre alla
vista. La strada sterrata diventa asfaltata dopo poco meno di un km, ma per un
bel pezzo la pendenza non da scampo. Infine, e finalmente, ricomincia qualche tratto
all’ombra o in saliscendi. Ormai sono in dirittura d’arrivo, ma questa risalita
adesso ha messo a dura prova anche le gambe. Dei piedi non parliamone, mi
sembra d’avere due tizzoni ardenti… Eccomi al campo sportivo, eccomi di nuovo a
Prata, 32 km e quasi 1000 mt di dislivello+, la mente già a casa senza
scarponi, sotto la doccia, e un’altra lunga escursione archiviata in vista
della sempre più imminente traversata sulle Dolomiti, l’Alta Via di MagoZichele!!!
--> torna alla descrizione dell'itinerario
MagoZichele
CURVA ALTIMETRICA |
Nessun commento:
Posta un commento