La prima notte è passata molto bene, nonostante le inevitabili pause che si hanno dormendo in tenda, la stanchezza del giorno precedente ha avuto quasi sempre la meglio, quando poi si riesce anche a sognare, significa che il sonno era profondo, ed è quasi confortante avere questa consapevolezza dopo il risveglio. Sentivo di tanto in tanto il vento che soffiava negli alberi intorno, ma la tenda non ne veniva investita minimamente, come previsto con mia soddisfazione. La temperatura ancora abbastanza alta anche di notte mi ha anche costretto a dormire semiscoperto, nonostante una certa umidità. Alle 6.30 suona la sveglia sul cellulare, fuori è ancora buio anche se di lì a mezz’ora ci sarà già abbastanza luce, ma le manovre mattutine sono molte e preferisco farle con calma e metodo. Dunque per prima cosa ripiego sacco letto e materassino, poi mi vesto e, visto che fuori l’umidità notturna sembra aver inzuppato tutto, mi preparo e consumo anche una ricca colazione in tenda. Una volta uscito trovo conferma sull’umidità: la tenda, nel suo telo esterno, è completamente fradicia in entrambi i lati, e mi conviene quindi separarla subito dal telo della cabina per scuoterla e far sgocciolare via più acqua possibile. Non è possibile ancora tenerla sotto il sole ad asciugare, perche il sole ancora non è sbucato dove mi trovo io, quindi dopo un po’ decido di ripiegare tutto e rimandare l’asciugatura in un secondo momento.
MagoZichele pronto per la 2a tappa |
La rada di Portoferraio |
Alle 8.09 riparto per la seconda tappa del G.T.E. La giornata è nuovamente serena anche se di tanto in tanto velata per via dell’umidità che lentamente va sfumando. Il primo tratto è tutto in discesa lungo la vallata del fosso del Buraccio, di fronte a me vedo già il Monte Orello che mi aspetta, ma dietro di esso già vedo stagliarsi bene il Monte Capanne, quel monte che tante volte ho osservato da lontano, dal terrazzo di casa mia. La valle del Buraccio alterna zone coltivate ad olivi, a vigne, ad altre zone completamente abbandonate alla consueta e bassa macchia mediterranea, nel complesso un tratto di campagna comunque bello da discendere. D’un tratto, distratto dalle informazioni del gps, il piede destro d’appoggio scivola sullo sterrato e mi ritrovo in un attimo per terra sul fianco destro, ma non è niente di che, mi rialzo subito come un gatto dandomi dello stupido per non aver visto dove mettevo i piedi.
Il Mt. Orello; dietro, il Mt. Capanne |
Begli ulivi lungo il sentiero |
Poco prima dell’immissione nella strada provinciale, a Campo al Pero, un cane di un casolare mi accoglie abbaiando in maniera poco convincente, infatti in bocca ha un osso decisamente vistoso che procede a nascondere scavando la classica buca in terra. A Campo al Pero, trovo finalmente un cassonetto dove poter gettare i rifiuti del giorno precedente, prima di riprendere il cammino verso le pendici del Monte Orello, seguendo il corso del Fosso dei Catenacci. Un sentiero molto bello, nella visuale di fronte a me si alternano piante grasse, olivi, canneggiole, un campionario di vegetazione multicolore che, mi rendo conto, è l’essenza di questa bellissima isola. Ultimata la parte di salita “decente”, ecco il vero primo salto della giornata, una ripida cessa che porta alla confluenza con la strada sterrata che aggira i Monti Orello e Petriciaio. E’ dura, ma ormai so già che all’Elba questi dislivelli improvvisi sono la norma, quindi non mi perdo certo d’animo di prima mattinata. Seguendo la direzione indicata dai segni biancorossi per il G.T.E., mi rendo conto che in realtà sono fuori pista rispetto a quanto previsto dal gps, infatti dopo circa un quarto d’ora mi ritrovo dall’altro versante dei monti, decido quindi di risalirli comunque per godermi il panorama su Portoferraio, e poi tornerò sui miei passi. Così è un po’ più lunga, ma forse meno dura. Nel frattempo sulla mia destra, nell’altro versante della vallata, rivedo una dopo l’altra le cime affrontate ieri, Mt. Grosso, Mt. Strega, Cima del Monte…rimango sempre stranito quando da lontano vedo tutta la strada fatta.
Bel casolare di colori |
Sentiero per il F.so dei Catenacci |
Mentre salgo lungo la sterrata, avvolta in una pineta, passo sotto ad un arco naturale che si è creato fra due alti pini che, in caduta, si sono incastrati l’uno con l’altro. Una volta sulle cime dei monti, il panorama è molto bello, soprattutto sui sottostanti golfi Stella e della Lacona; molto caratteristiche sono anche le torrette militari della seconda guerra mondiale. Riscendo agevolmente dai monti, sono poco più delle 10, mi avvio verso Fonte Schiumoli, che spero vivamente di trovare ben attiva, così da poter disporre di tutta l’acqua necessaria.
La ripida salita dal F.so dei Catenacci |
Cima del Monte dal versante opposto |
Ci arrivo verso le 11, si trova proprio lungo una strada sterrata percorsa frequentemente dalle auto, ma non importa, ai miei occhi appare quasi come un’oasi, soprattutto quando vedo che la portata è costante e soprattutto è proprio buona e fresca l’acqua! A questo punto comincio a fare due conti, sono le 11, mi conviene fare subito pranzo, così da utilizzare tutta l’acqua di cui ho bisogno senza doverla sottrarre in un secondo momento alle borracce. In più, visto che mi sono tenuto quelle di plastica comprate a Rio nell’Elba ieri, se quando riparto riempio tutto, avrò con me 5 litri d’acqua, e visto che la media di consumo giornaliero è sui 2,5-3 lt/giorno, questi 5 mi dovrebbero bastare anche per domani, almeno fino all’arrivo delle fonti a Marciana, evitando dunque la lunga deviazione dopo il Monte Perone, in direzione Sant’Ilario in Campo, verso la fonte lungo la provinciale. Non è poco, sarebbero almeno 4 km in meno fra andata e ritorno…
Arco naturale di pini |
Fra le torrette sul Monte Petriciaio |
Così, in questa lunga sosta di 1 ora e mezzo, ne approfitto per lavare una maglietta, darmi anch’io una rinfrescata, fare pranzo con calma e fare il pieno d’acqua. Durante la sosta ricevo alla fonte la visita di una simpatica comitiva ligure di mtbikers, e di una coppia di tedeschi in pensione che, dopo 42 anni di ferie all’Elba, da sei mesi hanno finalmente deciso di venire proprio a starci. Alle 12.30 riparto.
La strada è molto agevole in questo tratto, in leggera ma non impegnativa salita, fino all’arrivo alla cava. Nel frattempo, ha cominciato a soffiare con forza il previsto vento di ponente, che a tratti spazza i rami degli alberi quasi a volerli sradicare. Per il momento non arreca fastidio, sono proprio questi alberi che mi proteggono da vento. Alla cava, la nube di polvere che si solleva in aria raggiunge anche i cento metri, quindi mi sbrigo ad attraversare la zona e, dopo la breve salita lungo la strada asfaltata per Lacona, prendo a destra la sterrata in direzione del Poggio Mulino a Vento.
E’ una bella e larga strada sterrata che corre in mezzo a una lecceta, senza particolari difficoltà. Superata la deviazione per il mulino a vento, dove non ho voglia di deviare, continuo fino all’ingresso del sentiero che sale verso i monti Barbatoia e S.Martino. Si fa subito ripido, come quasi tutti i tratti in cui bisogna raggiungere una cima, ma in breve sono in cima e il panorama dal Barbatoia verso la rada di Portoferraio è magnifico. Si vede benissimo il mare molto agitato per il vento, e anche dove mi trovo io, essendo la cima scoperta, a momenti il vento mi spinge all’indietro, essendo il mio percorso proprio in direzione opposta a quella del vento. Quando arrivo, dopo la sella, anche sul Monte S.Martino, la visuale che si apre sul versante sud del complesso montuoso che fa capo al Monte Capanne è magnifica. Una dopo l’altra riesco a scorgere quelle che saranno le varie destinazioni dell’indomani: Monte Perone, Monte Maolo, Monte Capanne, e anche il Monte Giove. In fondo a tutto questo, la valle del Literno.
Il grande gruppo montuoso dell'Elba |
La lecceta più bella dell'Elba |
Ricomincio la discesa fino a Buca di Bomba, un’anonima zona dell’interno dove si trova un quadrivio di sentieri. Il tratto finale passa all’interno di una nuova e incantevole lecceta, sicuramente quella più bella che abbia visto in tutta l’Elba, sembra quasi creata artificialmente tanto è curata. La natura ogni tanto regala questi giochi di prestigio. Il vento scuote la lecceta che mi protegge quasi fosse un tunnel, e i raggi di sole che filtrano dai rami in movimento creano un gioco d’ombre degno delle migliori luci artificiali da discoteca. Arrivo dunque a Buca di Bomba, alla teorica fine della tappa odierna, che sono quasi le 14, in largo anticipo di un paio d’ora rispetto a ieri, quindi, continuando la marcia, calcolo che potrò accorciare di molto la tappa finale di domani, magari superando già il passaggio nella Valle Literno ed attaccare un po’ del lungo dislivello che mi attende fino al Monte Capanne.
Inizialmente seguo una strada sterrata, poi la lascio per uno stretto sentiero sulla destra in ripida discesa che segue il fosso Literno. E’ un sentiero molto bello, profondamente scavato dall’erosione dell’acqua, alternato da più o meno grossi sassi disposti ora a scalone, ora a scivolo. Le fenditure scavate sono così profonde in alcuni tratti che bisogna davvero prestare attenzione a ogni singolo passo. La sfida è esaltante e quindi proseguo giù per questa discesa senza soste e a passo svelto, aiutandomi in appoggio con i bastoncini a saltellando quà e la lungo i margini del sentiero. Le inconfondibili tracce di passaggio di mtb, testimoniano che anche qualche ciclista coraggioso si è lanciato in questa discesa; in effetti, non saprei dargli tutti i torti, questo è davvero un altro passaggio simbolo da incorniciare in questa traversata elbana.
Alla fine della discesa attraverso un’anonima zona di campagna dove c’è anche un aridissimo campo di calcio, finche, risceso a una quota di 50 mt di altitudine, di fronte a me si reinnalza una nuova salita molto ripida: Ci siamo –mi dico- d’ora in poi è quasi tutta salita, la salita finale! Salendo, già passata un’ora dalla ripartenza da Buca di Bomba, mi fermo giusto per fare una foto al versante opposto appena disceso, a alla vallata di Marina di Campo con la pista dell’aeroporto. Arrivato in cima al Monte Castello (omonimo di quello trovato il primo giorno) il sentiero riscende per un po’ fino ad addentrarsi in una alta macchia mediterranea molto bella. Nel frattempo, in mezzo al vento che continua a turbinare, cominciano ad arrivarmi dal continente delle notizie poco rassicuranti per il meteo: Massimo mi informa infatti che è in arrivo un’acquata, e quando chiedo conferma telefonica a mia moglie, in effetti mi dice che per l’indomani la probabilità di pioggia è più alta di quello che potevo pensare. Sono un po’ indeciso, non è il miglior momento della G.T.E., perche pensare ad un abbandono adesso, mi demoralizza molto. Tuttavia l’unica cosa che posso fare è andare avanti, comincio a pensare che forse, se riuscissi ad arrivare sul Monte Perone già oggi, domattina a seconda del meteo potrei decidere se proseguire o riscendere subito verso Poggio e fare rientro a casa. Certo, pensare di risalire fin quasi 700 mt di altitudine, non mi allevia la prospettiva di questa seconda parte della giornata. Tra l’altro l’aver superato più volte, in questa macchia alta, almeno tre punti ottimi per la tenda, protetti dal vento, mi fa pensare di concludere anzitempo la marcia.
La valle del Literno |
Marina di Campo e l'aeroporto |
Invece proseguo e arrivo in breve a Colle Reciso, una zona di scollinamento sui 190 mt di altitudine in corrispondenza della sterrata che collega Procchio a Sant’Ilario in Campo. Non mi fermo, qui la zona è scoperta senza punti utili per la tenda, allora mi incammino verso il sentiero per il Monte Perone, consapevole che sono già quasi le 16. So che mi aspetta un dislivello terribile da affrontare, ma il pensiero di essere meglio predisposto per la tappa dell’indomani è più forte. Mentre comincio il sentiero, inizialmente poco ripido, vengo raggiunto da un ragazzo elbano a spasso con il suo Jack Russell, ne approfitto per chiedergli se, lungo la salita al Perone, troverò zone consone per la tenda. Alla fine posso dire che le sue indicazioni saranno utili, eccetto per la sottostima della durezza del sentiero da affrontare, forse perche non conscio di cosa significhi affrontarlo con 20 km sulle spalle e già parecchi km sulle gambe…
Il sentiero del G.T.E. parte in salita decisamente ripida, ripidissima, e sembra non vederne la fine; tocca stare anche un po’ piegati in vanti per via delle fronde della macchia intorno, piuttosto basse. Anche qui ogni 15-20 passi devo fermarmi per far riposare i battiti del cuore che pompa a mille. In più la sete comincia ad assalire in maniera assillante, ma so che non devo attaccarmi a garganella alle borracce, altrimenti addio a tutti i calcoli fatti a Fonte Schiumoli. Arrivo almeno a Poggio S.Prospero, dove si trova la vecchia partenza dell’acquedotto di Portoferraio, e almeno per un po’ la situazione migliora, visto che per poche centinaia di metri il sentiero costeggia il versante sudovest del monte. Poi, fine. Si ricomincia con la dura salita.
L'incredibile salita per P.gio S.Prospero |
La pineta finale del Monte Perone |
E’ una salita molto impegnativa, il sentiero stretto e scavato da profondi solchi, frequenti sono i gradoni da superare, in più non sembra nemmeno che sia stato tanto battuto, vista la fitta presenza di vegetazione che alla fine rende stretta la via. E poi, ad arrecare ancora un po’ di fastidio, sembra che qui si trovino a loro agio un nutrito campionario di vespe, bombi e calabroni. Leggendo fra le righe della breve ma utile guida scaricata dal sito Elba.ca, la presenza di pini indicherebbe che manca poco alla vetta. Quindi, quando finalmente ne scorgo lungo la salita, tiro un grosso sospiro di sollievo. Alla prima pausa cerco dunque conferma dall’altimetro del gps, ma quando vedo che sono ad appena 400 metri per poco non mi prende un colpo. Ancora 300 mt di dislivello! Finalmente trovo uno spiazzo erboso più ampio in mezzo ai pini ora più frequenti, l’ideale per una sosta più lunga e per mangiare anche qualcosina. Da qui riesco ora a vedere le antenne della vetta del Monte Perone, ma quello che si vede sotto queste è sconfortante: una salita d’una ripidità inaudita, oppure sarà che a questo punto la stanchezza mi assale come ieri e tutto mi appare più difficile. Forse in questo bello spiazzo sarebbe il caso di montare la tenda (sono le 16.30), sono già un bel pezzo in su in fin dei conti, e la visuale da qui è semplicemente favolosa, oltre a essere, la posizione, protetta dal vento.
E invece no, voglio arrivare in cima al monte, è un obbiettivo ormai deciso, poi lassù qualcosa troverò per sistemarmi per la notte, ma dovrò trovarla in fretta perche farà buio in fretta. Poco dopo essere ripartito ecco sulla sinistra un’altra piazzola ancora più invitante dell’altra, una sorta di terrazzino naturale con vista su tutta la vallata di Campo nell’Elba. Il presentimento che una volta in cima al monte rimpiangerò di non essermi fermato subito qui, si fa sempre più forte, al pari della salita che affronto, sempre più erta e ora addirittura sviluppata su gradini ricavati da tronchetti di pino, proprio per via della pendenza. Ogni scalino è una botta alle gambe, e cerco il più possibile di aiutarmi con i bastoncini e spingermi su con le braccia. Infine eccomi sbucare su una strada sterrata, che se non altro per poche decine di metri prosegue in lieve salita. Diverse auto Panda mi passano di fianco, ci deve essere stato una specie di raduno. Poi lascio la strada sterrata per l’ultima fatica prima della tanto agognata vetta del Monte Perone, e infine eccomi! Ce l’ho fatta! Sulla vetta ci son le solite brutte antenne e una casottino rialzato di legno per le osservazioni faunistiche. Poi, più che altro c’è solo vento.
Il meritato posto tenda!! |
Monto al volo la tenda ancora bagnata del giorno prima (ma con il vento che tira si asciugherà benissimo) e faccio velocemente cena avendo a disposizione il tavolo; la temperatura però si sta abbassando sensibilmente, e mi conviene fare subito tutte le operazioni prima di coricarmi. Quindi faccio tutte le telefonate del caso, soprattutto a mia moglie, e infine mi chiudo in tenda.
Il tempo di scrivere le consuete 2 righe sul taccuino che già sento la stanchezza arrivare, fuori è già buio, in tenda ci sono all’inizio 19 °C ma poi scende sempre più fino ai 17 °C, quindi tiro fuori tutto l’arsenale possibile di vestiario per affrontare la notte. Alla fine anche oggi ho percorso qualcosa come 22-23 km e almeno 1200 mt di dislivello! Della teorica tappa di domani rimangono solo 8,5 km all’incirca, avendone alla fine già percorsi, da Buca di Bomba, più di 9.
In tarda serata, quando già sonnecchiavo raccolto nel sacco letto e con i piedi appuntati sullo zaino posto in fondo alla tenda per via della leggera pendenza, ricevo ben 4 telefonate, da Ale, da mia sorella, da Simone, e da mio Babbo; poi, inizia la seconda notte in tenda. Domani l’attesa sfida al Monte Capanne!!
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