E’ il 6 Ottobre 2011, dopo una lunga attesa soprattutto per motivi di lavoro, finalmente sono pronto per questa Grande Traversata dell’Elba, che per la prima volta affronterò in solitaria e in autonomia, dormendo in tenda. Ovviamente lo scetticismo di parenti e anche di qualche amico è notevole, ma la determinazione è tanta, sospinta da un’inesauribile curiosità nel mettermi alla prova in qualcosa che non avevo ancora mai affrontato, seppur, a mio avviso, non così eclatante ed estrema. D’altronde i tentativi per non andare da solo non sono mancati, ma essendo tutti falliti, le scelte erano solo due: lanciarmi lo stesso in questa avventura assaporando davvero per la prima volta quella sorta di magico conforto che a volte è la solitudine, oppure annullare e aggiungere un altro rimpianto per il futuro.
Tutto pronto dunque, alle 6.40 sono già al porto di Piombino per il mio traghetto delle 7.30, e subito ecco il primo intoppo: il traghetto è annullato! La partenza slittata di un’ora e la destinazione Portoferraio e non più Cavo. Improponibile iniziare una traversata da Portoferraio. Il prossimo traghetto per Cavo: alle 11! Improponibile iniziare la G.T.E. a metà giornata. Che fare allora? Mentre rimugino sulla cartina dell’Elba alzo lo sguardo e davanti a me vedo la soluzione: che scemo! Mica esiste solo la Moby! Andrò con l’aliscafo della Toremar! E così, dopo il rimborso del biglietto Moby, eccomi pronto sul molo 7 ad attendere l’aliscafo Toremar delle 8.40 per Cavo, con un ritardo finale rispetto al previsto di solo un’ora.
Il sonnolento porto di Piombino |
MagoZichele in attesa al molo 7 |
I venti minuti di traversata passano veloci, la giornata è calda e assolata, scendo in una apparentemente assonnata Cavo e prendo subito la direzione dovuta per l’inizio della G.T.E.
All’inizio il sentiero è facilmente percorribile, si tratta di una larga strada sterrata che sale via via compiendo lunghi tornanti al’interno di una lussureggiante macchia mediterranea. Al primo vero bivio, faccio una piccola deviazione per il Mausoleo Tonietti, che appare quasi d’improvviso dopo aver attraversato un sentierino. Peccato sia ridotto in cattivo stato per colpa di stupido vandalismo.
L'arrivo a Cavo |
Si cammina fra bellissimi sentieri |
Ritorno sui miei passi e inizio la salita verso il Monte Lentisco e il Serrone, che raggiungo per adesso sempre a passo spedito. Già da qui c’è una bella vista su Cavo e sul mare sottostante. Di fronte a me vedo già però il Monte Grosso che mi aspetta, dopo la discesa dal Serrone. In lontananza vedo una sacco di rilevi che si stagliano uno dopo l’altro come fossero un’onda continua. Comincio ad avere la strana sensazione che non sarà una passeggiata affrontare i continui saliscendi.
In effetti, a metà salita verso il Monte Grosso, devo necessariamente fermarmi per bere e mangiare qualcosa, sono già le 11 circa, ma è dalle 5 che sono in piedi, e sta cominciando il vero caldo. Quando arrivo in cima al monte, trovo un gruppo di turisti tedeschi seduti che si godono il panorama, ci salutiamo velocemente e proseguo nel mio cammino, non posso perdere troppo tempo il primo giorno, essendo partito già in ritardo. La discesa dal Monte Grosso si rivela molto impegnativa e non affatto meno stancante della salita. La ripidità è tale in alcuni punti da prestare davvero attenzione ad ogni passo, perché il peso dello zaino (21 kg) mi spinge giù per la discesa.
Arrivato in fondo alla discesa del monte, attraversata la strada asfaltata, si riparte subito in netta salita su per una cessa, per poi deviare a sinistra all’interno di una bellissima ed ombrosa lecceta. Via via che avanzo comincio a sentire la fatica sulle gambe e su tutto il corpo in generale, non è uno scherzo affrontare questi continui e ripidi saliscendi con 20 kg sulle spalle, poche ore di sonno, e un gran caldo. Comunque avanzo, cominciando anche a fare numerosi incontri strada facendo. In particolare, trovo anche due tedeschi fermi con le loro MTB in quanto uno di loro finito fuori pista, per fortuna senza conseguenze preoccupanti. Più che altro, sono comunque tutti tedeschi. Non credo dipenda solo dal fatto che in questo periodo gli italiani le ferie le hanno già fatte tutte, credo sia proprio un’attitudine tipica e propria di ogni popolo. Gli Italiani sono sempre stati storicamente un popolo di viaggiatori e di avventurieri, adesso secondo me non lo sono più, e sempre meno vanno alla ricerca e alla scoperta delle bellezze che li circondano, ignorandole banalmente. Tocca agli stranieri rendere omaggio alle bellezze nostrane. Non è un caso che anche nelle escursioni fuori porta nelle mie zone, finora mi sia capitato di incontrare sempre e solo stranieri, quasi sempre tedeschi.
Bellissimi panorami quasi in vetta al Monte Grosso
Nel frattempo, arrivato all’Aio di Cacio, alla confluenza con la strada asfaltata, l’ambiente intorno a me si apre del tutto, non c’è la minima traccia d’ombra, è tutta macchia bassa, e di fronte mi trovo, quasi come un muro invalicabile, la salita al Monte Strega. – Ormai – mi dico – arrivo lassù e poi mi fermo per il pranzo. In realtà sto mentendo a me stesso, sto ignorando che le forze cominciano a scarseggiare davvero, dovrei fermarmi e riposare e soprattutto bere e mangiare, invece proseguo, ma è un calvario, ogni 6-7 passi mi devo fermare con il cuore che pompa a mille, imprecando contro questo monte che mi fa sudare le sette camicie.
In vetta al Mt. Strega!! |
Lungo la discesa dal Monte Grosso |
Quando finalmente arrivo sulla vetta, il panorama è splendido, ma ho poco tempo di gustarmelo, devo di corsa togliermi lo zaino perché barcollo paurosamente. E’ strano, uno dice ma allora fermati prima, no? E invece non so cosa avevo, ma l’obbiettivo che mi ero posto di arrivare in cima al monte prima di ogni pausa era assolutamente prioritario, l’importante era rispettare quell’obbiettivo. Solo in vetta mi sono reso conto di aver spinto troppo in là le mie risorse, pur se con il con il conforto di poter facilmente e velocemente rimediare. Il fatto di pranzare sotto il sole cocente non mi disturba affatto, a questo punto, così come non mi disturbano le schiere di vespe che a folate mi ronzano intorno, soprattutto dopo il mescolone di crema solare e autan che mi sono dato su braccia e gambe.
Dopo il pranzo mi sembra di rinascere, posso fare qualche foto e godermi un po’ il panorama, prima di riprendere il cammino. Mi volto indietro e mi rendo conto che ho già fatto un bel po’ di strada da stamattina. In effetti il gps dice che mancano solo poco più di 4 km alla fine della tappa, ma so già che è un valore bugiardo, in quanto dovrò necessariamente fare una deviazione a Rio nell’Elba per i rifornimenti d’acqua, prima di proseguire. Quando riparto, la discesa verso la Croce si fa ripida solo nel finale, poi, anziché salire sul Monte Capannello come previsto dal G.T.E., lo aggiro sulla sinistra scendendo fino alla strada che collega Rio nell’Elba alla strada provinciale del Volterraio. Qui, dopo aver opportunamente imboscato lo zaino grande in un boschetto, scendo fino al paese con un altro piccolo zaino d’appoggio con le borracce, ma quando arrivo alla fonte del paese la trovo completamente in secca! Non è un grosso problema per il momento, visto che l’acqua la posso sempre comprare al bar, ma per l’indomani come andrà, visto che non sono previste deviazioni su nessun paese? Più tardi mi riservo quindi di chiamare Gianpiero Mocali, un simpatico e disponibile ragazzo di Portoferraio che ho conosciuto tramite il suo blog, dove avevo trovato le coordinate gps di tutte le fonti dell’Elba.
Risalgo fino a recuperare lo zaino grande, e dopo una breve salita sono di nuovo sul tracciato del G.T.E., ma di fronte mi trovo un’altra dura prova: la salita a Cima del Monte, che con i suoi 516 metri rappresenta la vetta più alta di tutta questa prima tappa. Non è un dislivello esagerato da dove mi trovo, sono 165 metri, ma in poco spazio, e quindi si tratta di una nuova terribile salita. Dopo aver raggiunto il primo colle, arriva la sorpresa: non siamo ancora sulla vetta, bisogna riscendere fino a una sella e risalire nuovamente e forse ancor più ripidamente. Quando arrivo in vetta, il gps suona la fine della tappa, per me è una liberazione; poso lo zaino e mi godo lo splendido panorama incorniciato intorno al Castello del Volterraio.
Cima del Monte è arido, completamente spoglio di vegetazione eccezion fatta per qualche sparuto pino. Sembra di essere in zone remote dell’Afghanistan. Sono le 16, la luce delle giornate già corte rispetto a quelle estive crea una bellissima cornice di colori caldi su questa vetta, dopo essermi adeguatamente riposato (e dopo aver nuovamente cambiato maglietta…) riprendo per la discesa, abbastanza agevole, meno male, adesso qualche passaggio comodo ci vuole davvero. Dopo un po’ il sentiero diventa una larga strada sterrata, quella che aggira sulla destra il Monte Castello, molto bello anche questo tratto.
Il Castello del Volterraio |
Sulla vetta di Cima del Monte |
Cima del Monte è arido, completamente spoglio di vegetazione eccezion fatta per qualche sparuto pino. Sembra di essere in zone remote dell’Afghanistan. Sono le 16, la luce delle giornate già corte rispetto a quelle estive crea una bellissima cornice di colori caldi su questa vetta, dopo essermi adeguatamente riposato (e dopo aver nuovamente cambiato maglietta…) riprendo per la discesa, abbastanza agevole, meno male, adesso qualche passaggio comodo ci vuole davvero. Dopo un po’ il sentiero diventa una larga strada sterrata, quella che aggira sulla destra il Monte Castello, molto bello anche questo tratto.
Veduta dalla tenda |
Panorama da Cima del Monte |
Comincio a guardarmi attorno per trovare qualche posto buono per la tenda, inutile proseguire a lungo per oggi, sono troppo stanco, penso che per questa prima notte solitaria in tenda non avrò problemi a dormire, e psicologicamente la cosa mi rinfranca più di quello che mi sarei aspettato. Poco prima dell’incrocio con la strada sterrata del Buraccio, che scende a Porto Azzurro, trovo una spiazzola decisamente invitante, ed è qui che mi fermo. Tra l’altro si trova in posizione decisamente ottimale, protetta dai venti occidentali che già dalla sera dovrebbero farsi sentire, come promesso dal meteo. Inoltre ho già percorso circa 2,5 km della tappa dell’indomani, vale a dire che, volendo, domani potrò accorciare ulteriormente quella di Sabato.
Arriva la sera, le luci del tramonto giocano ancora un po’ con le piante e gli arbusti di Monte Castello, e mentre anche il pastore (presumo lo sia data la presenza di capre su Cima del Monte) rientra a valle, consumo la cena e butto giù le consuete due righe sul mio immancabile taccuino di viaggio. Dopo cena è la volta delle telefonate a mia moglie, ancora una volta amaramente rassegnata alla mia determinazione, a Gianpiero di Portoferraio che anche al telefono trovo veramente disponibile, e con i miei genitori, fino ad allora ignari della mia “scappatella” all’Elba. Inutile trascrivere la sequela di preoccupate raccomandazioni ricevute, per loro (ma soprattutto per mia mamma) la mia resta un’inspiegabile fuga, e non un semplice e personalissimo viaggio nella natura. Mimmo provvede invece a risolvere l'emergenza del credito nel cellulare, ricaricandomi in un batter d'occhio.
La cena si..."idrata"... |
E vai! la prima è andata! |
Entro presto in tenda, alle 19.30 in fin dei conti è già quasi buio, mi leggo metà del fumetto che mi sono portato dietro (ovviamente Zagor) e finalmente mi abbandono avvolto nel sacco letto, i 21 km di questa giornata hanno vinto…
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