O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

lunedì 26 dicembre 2011

[ Come è andata?? ] Anello dell'Amiata [ 9/10-12-2011 ]

L’inverno 2011 sembra non voler arrivare, le giornate sono tutto sommato molto calde per la media del periodo, la voglia di affrontare in questa stagione l’Anello dell’Amiata in due giorni si fa sempre più forte. L’idea è quella di lasciare l’auto alle Macinaie, riscendere fino a Madonna del Camicione e iniziare da lì l’anello. Ad Abbadia San Salvatore, all’incirca a metà percorso, mi fermerò per dormire in qualche albergo, per poi completare il giorno successivo l’anello. Il 9 e 10 Dicembre sono i giorni prefissati. Peccato che dopo settimane di caldo anomalo, proprio il fine settimana post Immacolata Concezione il meteo fa un brusco cambiamento, consegnando giornate molto umide e a quotidiano rischio pioggia. Pazienza, vorrà dire che mi coprirò, un’acquata come si deve finora non l’ho mai sperimentata nelle mie escursioni…

Ore 8.00 alle Macinaie, inizia l'Anello dell'Amiata!!

La mattina del 9 parto da casa alle 6.35, alle 8.00 sono alle Macinaie, scendo fuori e i 4 °C di temperatura esterna sommati al gelido vento, mi scrollano in un attimo di dosso gli ultimi residui di torpore. Mi conviene muovermi subito per non infreddolirmi troppo. Alle Macinaie non si muove anima viva, solo un dipendente dell’albergo che fa una veloce capatina (e come dargli torto?) per buttare dell’immondizia. Alle 8.10 saluto l’auto e mi incammino nella strada asfaltata per tornare fino a Madonna del Camicione. Subito mi attraversano la strada due caprioli, nemmeno tanto allarmati. Cavolo, è proprio un bel freddo, abituati com’eravamo invece in quest’ultimo periodo!

In pausa alle 9.15
L'area attrezzata, durante la sosta
L’ambiente intorno è unico, come promesso dall’Amiata! Bellissime e rade faggete, in terra un manto continuo di foglie, gli alberi ormai ne sono sprovvisti totalmente, e tanta è l’umidità che i loro rami, carichi d’acqua, ad ogni ventata rilasciano una mitraglia di goccioloni che rendono l’idea della pioggia improvvisa. Il sentiero dell’anello comincia, subito in breve salita poi prevalentemente in quota, i segni sugli alberi sono costanti ma non molto ravvicinati fra di loro, in ogni caso le tracce di passaggio recente di qualche comitiva aiutano nell’orientamento (e poi ho pur sempre il fido gps..). Verso le 9.15 mi fermo per una sosta in una piccola area attrezzata con tavoli e panche in muratura, in corrispondenza di una fonte ormai in secca, ne approfitto per bermi qualcosa di caldo e anche per mettere qualcosa sotto i denti, la piccola colazione delle 5.45 mi è già passata sotto i piedi. Nel frattempo sembra abbassarsi la nebbia.

La capanna-osservatorio
Quando riparto mi trovo circondato da una leggera coltre grigiastra, e soprattutto la temperatura si abbassa ancora di almeno un grado e mezzo. Per terra tutta tutto è fradicio, e bisogna appoggiare piano i piedi perché il fitto manto di foglie a volte nasconde sassi sconnessi o piccole buche; come al solito i bastoncini dimostrano di essere fatti apposta per il loro uso… Riscendo fino ad uscire dal sentiero nel bosco ed entrare in una più larga strada sterrata, dove trovo poche decine di metri dopo un bel capanno in legno, forse un osservatorio? Proseguo, e la strada finisce in un’altra sterrata ancora più larga ed evidentemente transitata da mezzi. Consulto la mappa ma vado soprattutto a fiducia, convinto di essere sempre sulla giusta via. Dopo un bel po’ che allegramente stavo scendendo lungo questa strada, mi accorgo di aver preso la via sbagliata, allungando di circa 1 km rispetto all’originale: che sodo! Inutile avere mappe e gps se poi in caso di bisogno non li consulto attentamente!! Avevo imboccato la sterrata che scende fino ad Arcidosso! Ritorno indietro stando attendo al punto in cui ho lasciato la retta via, e mi giustifico comunque col fatto che quella che avrei dovuto seguire trattasi di uno stretto budello fra due recinzioni, per giunta seminascosto dalla vegetazione che evidentemente non deve essere stata tagliata da tempo.

All'Aia dei Venti, c'è freddo e...vento!
Attraverso la piccola giungla per poi risalire lungo una pinetina e così mi ritrovo all’Aia dei Venti, dove si trova il Ristorante Gatto d’Oro. Mai nome fu più indovinato per questo posto: quando ci arrivo il vento sferza i pantaloni che mi si sono inzuppati dopo il passaggio nella mini-giungla, rendendo molto piacevole il prosieguo. Fatte un paio di veloci foto mi tolgo subito di mezzo al corridoio di vento e mi infilo nella larga sterrata che prosegue verso il versante sud dell’Amiata, in direzione del Poggio Trauzzolo e della Fonte delle Monache, tutti nomi che rievocano nella mia mente l’ormai lontana SPratata 2011 insieme al Piusti. Faccio anche una rapida foto nella nebbia che spedisco via cellulare a Mimmo, per informarlo che il Mago è più che mai in azione!

Dalla strada a destra arrivai col Piusti...
La strada ora è agevole da percorrere, e mantengo una buona media per recuperare un poco il tempo buttato via per l’imprevista deviazione precedente. Intorno il paesaggio varia, dalle faggete al bosco misto alle pinete, in un susseguirsi in leggero e costante dislivello negativo, che mi porta infine al quadrivio già incontrato col Piusti. Ecco – mi dico – qualche mese fa, fieri di noi, arrivammo da là, con la nostra stanchezza ma anche con le nostre certezze, alla svolta finale dopo una settimana indimenticabile. Per un attimo, mentre scatto una foto al posto, l’emozione è davvero forte. Sono le emozioni che si hanno dalle proprie passioni, e ce ne accorgiamo pienamente solo quando siamo soli con noi stessi. Proseguo, ora la strada la saprei anche a memoria, passo dopo passo ripercorro con la mente questo tratto, ai discorsi che facevamo mentre l’affrontavamo. Sì perché la salita a Fonte delle Monache non è poi così leggera, soprattutto allora che venivamo da una settimana e 100 km di cammino sulle gambe. Stavolta è diverso, lo zaino è più leggero, forse sono anche più allenato di allora, fatto sta che in poco tempo sono di nuovo in vista della Fonte, dove arrivo alle 11.45 e mi fermo logicamente per il pranzo. Mi immagino come sia diverso d’estate questo luogo, ora sembra un avamposto abbandonato da tempo, i tavoli in legno quasi tutti franati, quelli in muratura completamente fradici, e per terra il solito manto uniforme delle foglie che copre tutto, anche la vasca della fonte da dove comunque zampilla l’acqua che, appena la tocco, mi sembra quasi calda a confronto con le dita della mia mano.

Un manto di foglie mi accompagna verso Fonte delle Monache
Dopo il pranzo, mi sbrigo a ripartire perché cala di nuovo la nebbia, stavolta più corposa, e con essa si sente bene anche il nuovo calo di temperatura; ormai per oggi nemmeno una raggio di sole. Dopo la fonte, il sentiero prosegue in leggera salita per un bel tratto, intervallato da qualche spianata in quota, tutto sotto alla faggeta, e ogni angolo di visuale, benché apparentemente e monotonamente uguale a qualunque altro, in realtà invita a scattare continuamente delle foto, perché è difficile doversi immaginare di non poter ricordarsi bene quanto ora si para davanti ai propri occhi. A un certo punto la nebbia diventa davvero fitta, e devo stare molto attento a seguire i segni biancorossi sugli alberi. Finita la faggeta, il sentiero comincia a scendere progressivamente, lasciando spazio a nuove pinete e a passaggi nei castagneti. Mi sto lentamente avvicinando ad Abbadia San Salvatore. Mentre attraverso una di queste pinete, incontro un signore in tenuta light che con i bastoncini affronta spedito il sentiero in una seduta di nordic walking. Sarà l’unico essere umano incontrato nei sentieri in questa due giorni. Poco dopo, mi imbatto in una capanno in legno seminterrato, veramente un angolo pittoresco per una foto ricordo. Infine arrivo al Podere Cipriana, altra zona attrezzata di tutto punto per grill e barbecue estivi, adesso solo un ammasso di metallo rugginoso e pietre infreddolite. Il podere è imponente, e ben tenuto, anche se disabitato, non so se venga utilizzato, se sia di privati o meno.

In vista di Fonte delle Monache
Proseguo, il sentiero è tutto in prevalente discesa e sterrato, arrivo in vista di Abbadia San Salvatore e dei resti della vecchia miniera di mercurio. Anche se sono alla fine della prima tappa, in realtà c’è ancora un po’ di strada da dover discendere per poter arrivare al paese vero e proprio e soprattutto all’Hotel K2 dove ho prenotato la mia singola. Manca poco alle 15.00, vado diretto in albergo per farmi una bella doccia calda, poi esco di nuovo per individuare dove farò cena (Ristorante/Pizzeria Bocca di Bacco) e per osservare un po’ da vicino Abbadia, dove non mi sono quasi mai recato prima d’ora. Fra la sveglia di stamattina e i non meno di 20 km odierni, anche la stanchezza si fa un po’ sentire, adesso. Sentita tutta la truppa familiare per telefono, mi abbandono ad un meritato e tranquillo riposo.

La fonte
La mattina alle 8.00 sono pronto per la colazione, l’hotel si è rivelato un’ottima scelta, tranquillo e in posizione isolata rispetto al centro di Abbadia. I titolari, molto cortesi, salutano e accolgono con favore la mia scelta di percorrere questo anello escursionistico, seppur da solo. Li saluto e mi rincammino verso la parte alta del paese, per ritornare sui passi dell’anello. Abbadia è ancora sonnolenta, non c’è molto movimento fuori, forse la giornata decisamente grigia non invita ad uscire dalle case. Nella zona da dove sono arrivato ieri sera, adesso è in corso una cacciata al cinghiale, meno male che io vado da un’altra parte…

Un bel capanno seminterrato mentre scendo verso Abbadia S. Salvatore
Per proseguire l’anello imbocco invece una strada sterrata decisamente in salita, dopo poco sento un forte odore di “selvatico”, qui intorno è da poco passato per forza qualche animale. Guadagno rapidamente quota, fino ad arrivare all’Elmeta, dove si trova una chiesina e un piccolo mausoleo presumo per ospitare i resti di qualche famiglia. Qui cominciano le stonature dell’Anello dell’Amiata: infatti da adesso saranno almeno due i tratti, dei quali uno anche piuttosto lungo per cui fastidioso, non correttamente segnati dai tipici segni biancorossi, niente di particolarmente difficoltoso se si ha un gps, ma per chi ne fosse sprovvisto non sarebbe così difficile sbagliare via. All’Elmeta infatti spariscono le tracce sugli alberi, e solo seguendo il gps risalgo un costone abbastanza ripido in mezzo ai castagni. In cima mi aspetta un largo spiazzo dove è intuibile il prosieguo del cammino: una normale strada sterrata non particolarmente affascinante, tra l’altro immersa in quello che sarebbe stato un bel castagneto, se non fosse stato oggetto di taglio recente. Se non altro la visuale verso Radicofani e tutte le vallate sottostanti, illuminate da un debole sole che a fatica cerca di farsi spazio nella volta grigia, merita davvero.

L'arrivo ad Abbadia S.Salvatore
L'Hotel K2
La strada sterrata si immerge successivamente in un classico castagneto, e per un po’, fino all’arrivo all’incrocio con la strada asfaltata e con la Fonte Acquapassante (in secca), l’Amiata mi regala di nuovo le consuete proprie ambientazioni. Dopo Fonte Acquapassante ricominciano i problemi di sentieristica: i segni biancorossi si dividono in due distinte direzioni, io opto per quella che mi sembra più “naturale”, un passaggio su un ponticino di legno; scoprirò che sarebbe stato meglio proseguire per un breve tratto lungo la strada asfaltata. Infatti, dopo il ponticino, i segni spariscono del tutto, e mi ritrovo in mezzo a delle rovaie anche piuttosto alte, dove è molto complicato il passaggio; non è che abbia molta voglia, anche quassù all’Amiata, di ritrovarmi in situazioni intricate come spesso mi succede dalle mie parti. Cerco quindi, per quanto mi è possibile, di aggirare i rovi e nel contempo di spostarmi in direzione della traccia gps; uscito dai rovi devo scendere da un pendio e attraversare una zona in cui sono più i castagni abbattuti che quelli in piedi, e il rumore delle vicine motoseghe indica che ancora il lavoro non è finito. Scavalcati i tronchi di castagno vedo una strada sterrata, che probabilmente avrei imboccato da subito se avessi seguito l’asfaltata anziche il ponticino in legno, però…sorpresa! Davanti a me c’è una vera e propria recinzione con tanto di filo spinato! Senza accorgermene sono finito in un fondo privato! Cerco subito il punto più idoneo per l’attraversamento, ovvero dove già i cinghiali si sono fatti strada, e con qualche difficoltà supero comunque la recinzione e mi ritrovo nella sterrata. Eccomi ora ad un bivio davanti ai poderi Catarcione: nessun segno, ma il gps dice a sinistra. Dai poderi mi immetto in uno stupendo castagneto, forse il secondo più bel posto che mi è rimasto impresso di tutto l’Anello. Il passaggio in questo castagneto è breve, ma è davvero un posto spettacolare. Così la pensa anche il mastodontico cinghiale che d’un tratto sbuca correndo; dal rumore che stava facendo pensavo fosse un branco…

Fonte Acquapassante
Uscito dal castagneto (peraltro completamente assente da segnature), continuo orientandomi col gps, e scendo fino ad una strada sterrata, che porta ad un caratteristico podere, dal momento che sembra l’abitazione di uno sfasciacarrozze. Qui c’è anche una strana e vecchia fornace in muratura. Aggiro il podere e, sempre proseguendo a sensazione col gps, arrivo in fondo a un campo dove c’è un cancello in legno, lo supero e, a parte i caprioli che fuggono, nessun segno da prendere in considerazione per proseguire. A questo punto, osservando attentamente a terra, scorgo delle minime tracce fra le foglie che sembrano indicare un transito di persone, provo a seguirle e in breve si scopre alla vista il sentiero da seguire. Meno male, perché ero arrivato in un punto in cui non era semplice scegliere dove proseguire. La mia traccia gps aiuta, ma è studiata a tavolino, e non può essere ovviamente perfetta al 100%. Il sentiero prosegue in leggerissima salita, fino ad arrivare in campo piuttosto ampio con un altro podere da aggirare (S.Maria). Attraversato tutto il campo, dove per poco non calpesto la carcassa di un tasso, finalmente ritrovo un sentiero fra gli abeti correttamente segnato! Anche se in decisa salita, non importa, basta che sia segnato!

Inizia il bellissimo castagneto dopo i Poderi Catarcione
Adesso riesco a proseguire più spedito, non devo controllare di frequente la traccia sul gps, e così mi godo meglio anche la passeggiata. Finiti gli abeti, c’è una leggera discesa per attraversare un fosso seguito da una nuova decisa salita, in concomitanza con l’inizio dei faggi; grossi macigni ricoperti di muschio, l’assoluto silenzio…un posto da favola. Superato il fosso i segni biancorossi si dividono in due direzioni, il gps sembra togliere ogni dubbio, in ogni caso non è la prima volta ne sarà l’ultima che mi troverò in queste situazioni. In queste zone, nell’Amiata senese, sono molteplici i sotto-sentieri che si diramano verso destinazioni locali secondarie, e sono queste diramazioni, sommate alla quasi totale assenza di numerazioni, che rendono di volta in volta quantomeno “delicata” la scelta. Finito il nuovo dislivello nella faggeta, c’è un passaggio all’interno di una bellissima ed altissima pineta, molto buia, molto suggestiva. Solo in un tratto la luce sembra filtrare, per illuminare un cumulo di pietre completamente ricoperte di muschio. Esco dalla pineta e ricomincia la faggeta. Mi fermo per una sosta, sono quasi le 11.30, ho l’impressione di essere in ritardo sui tempi, complice la perdita di tempo nei complicati passaggi successivi a Fonte Acquapassante, ma è solo una sensazione, ho ancora molte ore davanti a me.

Di nuovo nella faggeta, superata la zona assente da segnature
Riprendo il cammino e in breve inizia il lungo passaggio nella zona sicuramente più bella e suggestiva dell’intero Anello dell’Amiata, una sterminata faggeta puntellata di tanto in tanto dai tipici macigni giganti che la solita mano invisibile ha depositato qua e la nel corso di millenni. Ogni tanto mi fermo ad ascoltare il silenzio e per osservare più dettagliatamente la spettacolare cornice di colori. Il binomio di queste due componenti è la gratificazione di un’intera preparazione e pianificazione. Qui non si sente il freddo, la stanchezza, la solitudine: qui si comunica in silenzio con la natura, e forse anche un po’ con noi stessi. Si ha la sensazione di essere pienamente ascoltati. Altrimenti, invece, nel quotidiano, è sempre un’impresa essere ascoltati, complice secondo me l’irrisolto grande problema (non l’unico ovviamente) della nostra società moderna e frenetica: l’assoluta incapacità di ascoltare il prossimo. Una società che è solo in grado di esprimersi (o più brutalmente “dettarsi”) ritmi, dogmi e opinioni, ormai incapace, invece, di ascoltarsi e osservarsi a fondo. “Digitalizzata” è sicuramente il termine più idoneo che la fotografa.

I sassi illuminati nella pineta "oscura" creano un'atmosfera "arcana"...
Mentre, camminando e ascoltando, rimugino dentro di me su questi temi forse troppo filosofici, ma di contro anche troppo adeguati alla situazione, la faggeta incantata via via mi saluta, e pur continuando fra questi stupendi alberi, il sentiero comincia a prendere le tipiche forme che approcciano ad una lunga discesa. Sotto di me, più a valle, gli spari di una cacciata segnano il confine fisico e mentale del ritorno alla “digitalizzazione”. Proseguo fra castagni in un manto di foglie così spesso che a tratti arriva fin quasi le ginocchia, poi, dopo aver sfiorato la strada asfaltata verso la Pescina, arrivo in breve al Rifugio Forestale Capo Vetra dove si trova l’omonima fonte (attiva) e consueta zona attrezzata con panche e tavoli in pietra. Solo il tempo di un paio di foto, poi attraverso la strada e proseguo; la prossima strada asfaltata che troverò sarà a Madonna del Camicione, alla fine dell’Anello dell’Amiata.

Finita la splendida faggeta, si riscende verso Fonte Capo Vetra
Davanti a me adesso c’è un’altra pineta che, complice l’umidità generale, emana un odore così intenso e gradevole che a tratti, addirittura, sa di fragole. Sembra assurdo, ma è proprio la sensazione che provo, e che giustifico “naturalmente”, ovvero consapevolizzando, se mai ce ne fosse bisogno, che è la natura stessa che vuole che questo accada. Superata la pineta m’imbatto in un cane da caccia, attrezzato con il suo collare radar, che rientra frettolosamente nelle zone a lui più competenti dopo essersi probabilmente allontanato troppo, poi la strada riprende in salita, lasciandosi dietro tutta la vegetazione mista e rientrando nella faggeta. Ormai questo è un classico confine che qui all’Amiata troviamo intorno ai 1100 mt. di altitudine.

Fonte Capo Vetra, sullo sfondo l'area attrezzata
Dopo una piccola e lieve discesa, prima dell’attraversamento di un paio di fossi, decido di fermarmi per il pranzo, vicino ad alcuni massi ora illuminati da qualche raggio di sole che promettono un po’ di tepore. Nel frattempo, un capriolo fugge seguendo delle traiettorie quasi a casaccio, cercando riparo fra i massi: più tardi ripeterà ancora la sgambata, in senso inverso, passandomi abbastanza vicino. Mentre mi preparo il pranzo, il meteo si smentisce improvvisamente, e in breve volge al peggio: un grigiore generale mi avvolge, e si alza anche un vento insidioso. Non manca molto all’arrivo, e dato che vorrei anche tornare in vetta, cerco di sbrigarmi per quanto possibile e riprendere il cammino.

La pausa pranzo del secondo giorno, il tempo sta rapidamente peggiorando
Le previsioni si rivelano da subito azzeccate, quando mi rincammino, perché comincia subito una leggera pioggia, comunque non minacciosa. Il percorso, dopo il superamento dei fossi, inizialmente sale deciso lungo il crinale del monte, guadagnando rapidamente quota per tornare ai 1250 mt. di Madonna del Camicione, poi, compiendo un largo giro, rimane in quota salendo le ultime decine di metri di dislivello in maniera molto progressiva. Nel frattempo la pioggia comincia ad essere sempre meno a sprazzi e sempre più insistente. Peccato dover affrontare questo ultimo tratto a passo svelto, perché anche qui ci troviamo al cospetto di luoghi bellissimi e con un tono di mistero. Bellissima ad un certo punto la visuale della vallata a faggeta sotto i miei piedi, quella da dove sono risalito.

Ore 14.35, a Madonna del Camicione l'Anello è chiuso!!!
Nonostante la presenza regolare dei segni biancorossi, scopro con sorpresa che il mio Anello dell’Amiata termina in corrispondenza della strada asfaltata per le Macinaie, qualche centinaio di metri prima di Madonna del Camicione, ultima stonatura della sentieristica locale, perche in realtà sarei dovuto sbucare di nuovo al punto di partenza. Ritorno comunque fino a Madonna del Camicione se non altro per scattare la rituale foto celebrativa, ma devo mettermi la giacca antipioggia e calzare il rain cover allo zaino, perché ora piove davvero. Sono le 14.30, torno verso le Macinaie dove mi aspetta l’auto infreddolita, a giudicare da come brontola quando giro la chiave per accenderla. Alle Macinaie una nebbia fitta mi accoglie, una sorta di deja vu, se ripenso a quando eravamo qui col Piusti per la SPratata 2011: evidentemente pioggia e nebbia sono una costante, quando vengo da queste parti…

In vetta, fra nebbia e pioggia, un nuovo cordino firmato MagoZichele!!
Figurarsi la situazione meteo quando ritorno in vetta, almeno per lo sfizio di vedere se i cordini che legammo sono ancora al loro posto, fra i pali della Madonnina degli Scouts...macchè, non c’è più niente…
E va bene, vorrà dire che ne legherò un altro ancora più resistente, poi chissà quando potrò ritornare a controllare.. Torno indietro e mi fermo al bar della vetta, dove un bel caffè conclude e celebra anche questa bellissima escursione in solitaria.

Di nuovo in vetta, il meteo non perdona!!
Lentamente, fra nebbia e pioggia, riprendo il viaggio verso casa, verso il mondo “digitale”, ma anche verso la mia famiglia, i miei affetti, e mi abbandono nella consapevolezza di questa sorta di Yin e Yang del tutto personale...


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1 commento:

  1. Ciao...vorrei fare l'anello dell'Amiata in mountain bike. Secondo te è percorribile? Sapresti dirmi dove posso trovare dlela cartografia? E' segnato il sentiero?

    Ti prego di rispondermi alla mail djenry89@hotmail.it
    Grazie

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