Venerdì 3 Giugno: è l’ultimo giorno della SPratata, l’atto finale di questa bellissima ed entusiasmante esperienza, il coronamento personale di questa avventura in cui mi sono imbarcato 7 mesi fa, e che da allora ho via via programmato, organizzato e studiato nei minimi particolari. Certo, non sono mancati gli imprevisti, ma penso che era giusto ci fossero, per dare un senso di assoluta unicità alla cosa. Ora rimane l’ultima fatica, forse la più dura e difficile, ma allo stesso tempo la più esaltante, sicuramente la più bella. La nottata, come previsto, visto che la tenda ieri sera l’abbiamo montata in fretta e furia per la pioggia, non è passata bene. Personalmente, quel poco tempo che sono riuscito a dormire, quando i cani del vicino Podere Spolveravolpi smettevano di abbaiare, l’ho fatto stando sempre nell’unica posizione possibile, e scomoda, sicché alle 6.00, quando la sveglia ha suonato, è stato come una liberazione. Alle 6.02 stavo già osservando nel silenzio Santa Fiora e il Monte Amiata, e alle sue spalle l’alba.
Mentre consumiamo una rapida colazione, dopo aver già riposto il grosso negli zaini, mettiamo ad asciugare un telo cerato e alcune altre cose, insieme al cellulare del Piusti in ricarica con il pannello, a sfruttare i primi raggi solari. Passa con un ape il padrone del podere, scende incuriosito dal materiale al sole, e quando facciamo sentire la nostra presenza, ci ammonisce arrogantemente con un misto tosco-umbro-laziale – Eh ma ‘nnè mica moda di shtà così, eh … - - “Moda”? Ma come parlano qui? – Si domanda il Piusti. Io in realtà lo so bene, avendo tutt’ora dei parenti a Castell’Azzara. Va bene, va bene, tanto ora ce ne andiamo, ma in fondo siamo quasi sul ciglio della strada, per giunta dentro una pineta non recintata, cosa vuole ‘sto ‘gnorante? Lasciamo perdere, figurarsi se oggi abbiamo voglia di discutere per queste cose. Riprendiamo dunque il cammino, nelle nostre facce c’è posto solo per sorrisi, si capisce che dentro di noi siamo abbastanza euforici pur senza dimostrarlo palesemente. E poi, sarà un caso, oggi tutte le persone che troviamo non mancano di chiederci dove andiamo e soprattutto da dove veniamo. Poco prima di Santa Fiora troviamo un paio di operai della Comunità Montana, che ci fanno gli auguri per quest’ultima fatica.
Si sale verso la piazza di St.Fiora |
Appena arrivati in paese, ci fermiamo davanti alla Peschiera, per rinfrescarci alla fonte e rifare il pieno nelle borracce. Oggi per l’ultima tappa la tenda l’avrò io, perciò decido di risistemare tutto lo zaino in modo da tenere la tenda dentro, lungo la schiena, anziché legata a sbalzo sotto lo zaino; dato che la maggior parte della tappa starò piegato in avanti, meglio avere il peso più in alto. Ripartiamo, salendo verso la piazza principale di Santa Fiora, approfittando del Piusti al telefono, scambio 4 chiacchiere con un simpatico anziano, che mi racconta di come nel ’43, quattordicenne, lavorava già alle miniere di pirite di Gavorrano e gli toccò tornare a piedi fino a Santa Fiora. Nella piazza, il Piusti si ferma in un bar e io faccio un salto all’edicola, oggi c’è anche un altro anniversario da festeggiare, eheh … esce il cinquantennale a colori di Zagor … Chiedo informazioni all’edicolante sul sentiero trekking che dovremo seguire per salire l’Amiata, ma non trovo delle risposte esaurienti, anzi mi sembra un po’ confuso. Decidiamo quindi di non passare nemmeno dall’ufficio turistico, per non perdere probabilmente altro tempo, e andare per i cavoli nostri.
Lungo la strada che sale parallelamente al campo sportivo, mi incuriosiscono delle cassette rosse, non so se dedicate ai contatori delle case o a qualche rete antincendio, dagli sportelli decorati con disegni e frasi celebri di personaggi storici, tutte ispirate al tema della pace. Vicino a dove dovrebbe iniziare il sentiero segnato, sbagliamo strada, o meglio, avevo sbagliato io a suo tempo nel creare il percorso per il GPS, perché in realtà ci ritroviamo in una via cieca. Chiediamo informazioni ad un ragazzo (che indossa una maglietta di un’associazione di cacciatori) che addirittura ci dice di tornare alle Bagnore!! E meno male che è cacciatore!! Lasciamo perdere, torniamo un po’ indietro e troviamo subito la giusta direzione. Inizia il sentiero 12 per il Monte Amiata! Parte subito in salita, la strada è cementata e quindi molto agevole, è anche una pista ciclabile e non potrebbe quindi essere altrimenti. A un certo punto, arrivati poco sopra Marroneto le indicazioni del sentiero sembrano essere molto chiare, dobbiamo andare a sinistra, lasciando quello che, stando alla mappa, dovrebbe essere il naturale senso di percorrenza. Decidiamo di seguire le indicazioni, come ovvio, magari questa è solo una piccola deviazione e in breve torneremo sui nostri passi.
L'ex sentiero n.12, terribile... |
Il Piusti nell'impegnativa salita |
Invece, nonostante i segni biancorossi inizialmente proseguano su dei pali della corrente, ci rendiamo conto che ci stiamo allontanando un po’ troppo dal nostro sentiero, qualcosa non torna, poi a un certo punto finiscono anche le segnature, proseguiamo speditamente nella speranza di rivedere qualche segnale e avere conferma di essere nella strada giusta, ma invano. Poi a un certo punto sbuca dal nulla, alle nostra spalle, un ragazzino di 10-12 anni in MTB, bardato di tutto punto, vuoi vedere che ne sa più lui dei suoi concittadini di Santa Fiora? E infatti ci da la conferma che siamo nella pista ciclabile che porta verso Bagnore, e che di lì a poco (nemmeno 50 mt dopo, a conti fatti) troveremo sulla destra una deviazione che ci riporterà a riallacciare il sentiero n. 12. In effetti, anche guardando nel GPS la conformazione del percorso che stiamo effettuando, e confrontandola con quella disegnata nella mappa, i conti tornano. Non sappiamo il perché di questa deviazione (anche lunga per giunta, alla fine saranno quasi 2,5 km in più), probabilmente il percorso originale del sentiero non è più agibile, comunque poteva essere segnalato un po’ meglio, praticamente finche non rientriamo nel sentiero, di segni nemmeno l’ombra; anche in questo caso, senza GPS non sarebbe stato facile orientarsi. Di buono c’è che comunque questa deviazione evita di affrontare pendenze esagerate, salendo più lentamente, e inoltre il paesaggio tutto intorno a noi merita davvero.
Il Piusti avanza verso la Contessa |
Però, rientrati nel sentiero e attraversata la strada sterrata che proviene da Marroneto, inizia la salita, quella con la esse maiuscola. Il sentiero è bellissimo, il bosco è misto fra castagni e faggi, ma spezza davvero le gambe. In realtà la mia è solo una valutazione oggettiva, non so il Piusti, ma dentro di me in realtà l’euforia si stava sempre più ampliando in maniera esponenziale, sentivo che era iniziato il suggello finale della fatica di tutta una settimana. Spesso aumentavo il passo per poi fermarmi più a monte e avere tempo di fare qualche foto, senza obbligare quindi il Piusti a fare dei continui stop & go. Saliamo in silenzio, ci interpelliamo solo per chiederci reciprocamente delle informazioni, io tengo d’occhio il percorso sul GPS, lui invece controlla l’altitudine, in modo da capire approssimativamente nella mappa in quale punto ci troviamo. Dopo aver incontrato alcuni tagliatori di legna, arriviamo intorno a quota 950 mt, in una leggera spianata, e approfittiamo per una pausa, intorno a noi solo silenzio e bosco ovunque.
In questo punto i segnali trekking indicherebbero di prendere un’altra direzione e riscendere per circa 50 mt, per poi raccordarsi in quella che credo sia la strada sterrata proveniente da Bagnolo. Invece il GPS ci indica di proseguire in salita, in quello che probabilmente era l’ex sentiero n.12, infatti nella corteccia di qualche albero sembra siano state tolte le segnature. Io sarei per seguire le indicazioni, perché probabilmente più sicure, se hanno deviato le segnature un motivo ci sarà, e poi in queste zone, quando creai il percorso per il GPS, ricordo che non era ben chiara la via da seguire, quindi la probabilità di qualche incongruenza non è bassa. Il Piusti sembra invece fidarsi più delle indicazioni del GPS, che detta tutta sono comunque in linea con quanto segnato nella mappa, e dunque sarebbe più propenso per continuare a salire. Sembrano dettagli, ma in quei momenti le decisioni vanno ponderate accuratamente, mica abbiamo voglia di trovarci incasinati proprio all’ultimo giorno. Alla fine il ripido sentiero in salita, come se dotato di un magnetismo inspiegabile, ha la meglio, se poi troveremo intoppi, ci penseremo al momento opportuno.
I due strani massi di pietra verticali |
Ancora 2 km alla Contessa... |
Riprendiamo quindi in silenzio, controllo via via ai lati ma non c’è nemmeno una segnatura sugli alberi, ma il sentiero, comunque molto largo, si vede che un tempo era trafficato, perché in molti tratti i segni inconfondibili testimoniano che il manto era rivestito a sasso. Secondo i miei calcoli intorno a quota 1000 mt questo sentiero dovrebbe ricongiungersi con la deviazione che avevamo trovato più a sud, in realtà non sarà così, ma arriveremo comunque intorno ai 1100 mt, all’incrocio con la pista ciclabile proveniente da Bagnore, avendo così in ogni caso la conferma di essere sempre nella giusta via. Adesso attraversiamo un altro bosco pianeggiante di abeti, molto ombroso e anche un po’ freddino, perche siamo sudati fradici e la temperatura in questo bosco è intorno ai 17°C, conviene non fermarsi e proseguire, ultimando quindi il giro intorno al Poggio Trauzzolo. Poco dopo, l’incrocio con il sentiero n.10, “l’Anello dell’Amiata”, qui ci orientiamo benissimo, lasciando perdere invece il GPS che ci direbbe di andare dritto, ed entriamo nel nuovo sentiero che segue una larga strada sterrata. Dopo una breve e leggera discesa, lasciamo la strada sterrata e il sentiero segnato diventa più stretto, riaddentrandosi nelle faggete, e passando per lo stretto guado di un fosso.
L'arrivo alla Contessa |
Via, si parte con gli antipasti! |
Au ... non potete capì ... |
Arrivano i primi !! |
Quando arrivo alla Fonte delle Monache, mentre ricevo la chiamata di mia madre, mi fermo ad aspettare il Piusti, incitandolo nel suo tratto finale. Quando arriva lo vedo molto davvero provato. Riprendiamo fiato e confido al Piusti che la salita mi ha messo una fame bestiale, lo stomaco reclama rumorosamente. Ringraziandolo, rifiuto il panino che gentilmente mi vuole offrire, ormai voglio aspettare l’arrivo al Prato della Contessa e farmi una bella mangiata al ristorante. Quindi lo incito a ripartire il prima possibile (povero Piusti, mi avrà mandato a quel paese sicuramente …), sono le 11.30, verso le 12.00 o poco più arriveremo al ristorante, da adesso in poi sarà solo comoda strada asfaltata. Comoda, sì, ma comunque impegnativa, anche questa è tutta in forte ascesa, almeno nella parte iniziale, con un paio di tornanti e poi un lungo salitone che va a raccordarsi con la strada principale che porta verso Abbadia San Salvatore.
Dopo i due tornanti mi fermo ad aspettare il Piusti e nel frattempo fotografo due giganteschi speroni di roccia immersi nel bosco, sembra che siano stati messi lì apposta da chissà quale gigante mano. Intorno ad uno di essi, un faggio è cresciuto via via modellando il proprio tronco, e seguendo l’andamento della roccia; ma no … fantasticamente mi immagino che l’albero si sia scansato al sopraggiungere del masso, per non essere schiacciato! Arriviamo all’incrocio con la strada, il cartello indica che al Prato della Contessa mancano ancora 2 km, il Piusti pensava meno, è davvero stracotto, non so più cosa dirgli per minimizzare. Tra l’altro, dopo un po’, a distanza di svariate centinaia di mt, troviamo due diversi cartelli ognuno indicante 1 km all’arrivo del Prato della Contessa, ma allora quanto manca davvero? Boh, spero che il Piusti non li veda … Intanto di buono c’è che la strada ora sale più dolcemente, ho il tempo di tirare un po’ il fiato mentre cammino e ne approfitto per fare un video con il resoconto della mattinata. L’ultimo tratto prima della Contessa, mi volto e mi accorgo che ho di nuovo ristaccato il Piusti – Forza, forza, guarda, questa alla nostra sinistra è la Montagnola … - … macché, mi arriva in risposta solo una specie di grugnito.
Il nostro vino |
La nostra fattura |
Ma ormai eccolo, a 1450 mt di altitudine, il Prato della Contessa, sono le 12.15, c’è un bel sole, finalmente alla prima delle nostre mete giornaliere, la meno agognata ma, per la fame incombente, in quel momento la più desiderata. Facciamo due foto al cartello e ci dirigiamo subito all’hotel ristorante. Nel campo ci sono un sacco di treppiedi coperti da teli termici e fotoisolanti, il Piusti alla prima occhiata pensa che sia un set di riprese, in realtà sono un gruppo di astrofili che si sono radunati quassù alla Contessa, per il ponte del 2 Giugno, per fare alcune sessioni di osservazione, speriamo abbiano avuto buoni risultati nonostante le piogge pomeridiane degli ultimi due giorni. Entriamo subito nell’hotel e chiediamo del ristorante, dobbiamo aspettare ancora 5 min, ne approfitto per mettere ad asciugare la t-shirt al sole, poi finalmente ci sediamo nel bel salone ristorante e ordiniamo il nostro pranzo. Ci sembra quasi strano mangiare a tavola dopo tutti questi giorni, se si eccettua la giornata trascorsa all’agriturismo. Soprattutto, dopo giorni di barrette, pasti disidratati e altre diavolerie, ora è l’ora di mettere in bocca qualcosa di prelibato.
Ecco il nostro menù per il pranzo celebrativo della SPratata:
MagoZichele
- Zuppa di funghi
- Pici ai funghi
- Verdure castellate
- Caffè
Piusti
- Antipasto misto di terra
- Lasagne al ragù
- Pollo arrosto con patate
- Caffè
Mentre aspettiamo le portate, avviciniamo il cameriere che, incuriosito dai nostri zaini, ci chiede da dove veniamo; mentre gli snoccioliamo la nostra avventura, gli chiediamo anche se lì all’hotel possiamo lasciare i nostri zaini in custodia, così da poter fare l’ultima salita fino in vetta almeno con il sollievo di non avere più il fardello sulle spalle; poi li riprenderemo al ritorno. La risposta non poteva essere che positiva, e quindi a fine pranzo gli lasceremo anche una lauta mancia, nel frattempo ci facciamo fare anche una bella foto con i piatti sul tavolo. Mangiamo abbastanza in silenzio, ognuno probabilmente con la propria mente sta ripercorrendo tutto quanto accaduto in questa settimana, o almeno così è per me. Insieme ai caffè, a fine pranzo, ordiniamo anche una bottiglia di vino che, come da rituale prestabilito, stapperemo sulla vetta dell’Amiata; la scelta cade su un Sangiovese Montecucco Orciaverde.
Finito il pranzo, ci sediamo per un po’ nella hall dell’albergo, il Piusti, ora che ha la pancia bella piena, farebbe anche una bella dormita. Io intanto preparo invece una sacca da portarmi in spalla con il minimo necessario per la salita finale, sento una strana tensione che comincia a montare dentro di me, come prima di un esame o di una gara. Intorno alle 14.30 siamo pronti, lasciamo gli zaini dove ci viene indicato, e appena usciti inizia subito una sgocciolata a rinfrescare l’aria, le condizioni meteo sono rapidamente cambiate e ora il cielo è tutto coperto dal classico controsoffitto grigio che promette solo pioggia. Ci incamminiamo speditamente, senza zaini, su per la strada asfaltata ma in breve la lasciamo per entrare direttamente nella larga ed erbosa ex pista sciistica, ovviamente abbiamo scelto la soluzione più difficile, ma anche la più appagante e affascinante. Il Piustino intanto ci comunica per SMS che è appena partito per venire a prenderci. Quando ci incamminiamo nella pista sciistica, mettiamo su i k-way e io anche le ghette, tanto sembra che da un momento all’altro gli darà il via alla pioggia, non ho voglia di rifermarmi magari dopo poco per indossare tutto.
La coccinella portafortuna |
Magozichele comincia a essere provato! |
Dopo circa 100 mt, inizia il duro salto, la pista si fa ripidissima, io mantengo comunque costante il mio passo, e dopo poche centinaia di metri il Piusti lo vedo già distante. Lo aspetto una prima volta, intanto nel cielo continua questa strana situazione, sembra che sopra le nostre teste ci sia un catino d’acqua sul punto di rovesciarsi, ma non accade nulla; si comincia però a sentire, più in alto, il brontolio di tuoni, anche se sembrano lontani. Riprendiamo la salita, io sempre con il mio passo, il Piusti mi dice che lui non può forzare, deve salire piano piano ma costante, io intanto comincio a distaccarlo sempre di più, non vorrei che ci rimanesse male, non è certo una gara a chi arriva prima, però sento che devo andare, che non devo fermarmi, la meta è ora davvero vicina, comincia a essere troppo forte la voglia di arrivare prima possibile. A un certo punto osservo in basso e proprio davanti ai miei piedi, in uno sprazzo di terra libero dall’erba, c’è una solitaria coccinella … e tu da dove sbuchi? Aspetta, ci sono … è la coccinella portafortuna, quella da fotografare, che purtroppo Luca non fece in tempo due giorni fa! Allora, ecco una bella foto macro della piccola bestiolina, e anche questo rituale è andato in porto!
MagoZichele alla vetta !! |
Vittoria !!! |
Continua la salita, c’è un piccolo tratto dove spiana leggermente, per poi risalire ed incrociarsi con la pista sciistica che scende alle Macinaie, i tuoni cominciano a essere più rumorosi e continui, il cielo sembra ribollire, però di pioggia non ne vuole scendere. Comincia anche a essere un po’ più freddo, il termometro dice 14 °C, e sta piano piano formandosi una nebbia via via che mi avvicino alla vetta. Arrivato in vista della stazione della seggiovia, e dei ripetitori, seminascosti dalla nebbia, si scopre il versante senese dell’Amiata, e con esso anche un bel vento gelido, che scuote gli alberi tutto intorno creando un’atmosfera magica e arcana, di simbiosi con me stesso, è strano, sento silenzio e rumore nello stesso tempo, già una volta ebbi a provare una sensazione simile, salendo sulle Cornate di Gerfalco, ma stavolta è diverso, stavolta è la SPratata! Adesso sì che mi sembra davvero di essere Frodo sul Monte Fato, ehehe … Arrivo alla stazione, quando salgo la breve scalinata, dopo tutta questa salita a passo spedito, sembro deambulante, poi svolto subito verso il masso roccioso della vetta, conosco bene questi posti, al piccolo negozio di souvenir il gestore sta cominciando a riporre tutto, mentre arrivo io le poche persone presenti invece se ne stanno andando.
Al negozietto, esposte fuori ci sono un sacco di girandole colorate, che ruotano impazzite per il vento. Ne comprerò una al mio Capitano quando torno indietro. Il negoziante mi vede arrivare di foga ed esclama – ecco, questi non li ferma nessuno, non gli importa niente della pioggia e dei tuoni - , allora mi fermo e gli rispondo che dopo una settimana non ho certo intenzione di fermarmi adesso. E’ così che ci scambio rapidamente quattro chiacchiere spiegandogli da dove veniamo, e lui rimane allibito, ha una casa a Follonica e quindi sa bene la misura di quanto abbiamo fatto. Lo saluto a dopo e gli dico di accogliere il mio compare che sarebbe arrivato di lì a poco. Arrivo al masso roccioso, salgo gli ultimi gradoni con l’aiuto del corrimano, intorno è tutta nebbia, e silenzio totale interrotto solo dal rombo dei tuoni, poi davanti a me la Madonnina degli Scouts e, sulla destra, la colonnina dell’IGM: è questo il mio arrivo sulla vetta dell’Amiata! Mi arrampico sugli ultimi due sassi e in un attimo sono abbracciato alla colonnina di ferro! Sono le 15.10, ecco, ci sono, ce l’ho fatta.
Il Piusti alla Madonnina degli Scouts |
MagoZichele lega i ricordi |
Rimango qualche decina di secondi abbracciato alla colonnina ascoltando il vento, sono emozionato, è il condensato di tutta una settimana di avventure, poi mi lancio in un urlo di vittoria, e comincio con qualche foto. Intorno non si vede niente, la nebbia è sempre più fitta, nessun panorama ci attende. Però sono contento lo stesso, euforico, l’atmosfera per me è quella giusta. Poi comincio a chiamare il Piusti che nel frattempo è arrivato al negozio di souvenir, e non riesce a trovare la giusta via per arrivare alla base del masso roccioso. Poi eccolo, lo riprendo mentre sale i gradoni di pietra, poi vorrebbe fermarsi lì, non se la sente di salire sulla colonnina, allora lo incito ad arrivare almeno alla Madonnina, così da fargli una foto. Ce l’ha fatta anche lui. Ce l’abbiamo fatta, è l’ora dei festeggiamenti. Lasciamo i nostri personali ricordi legati ai pali di ferro della Madonnina, un fazzoletto bianco per me, un cordino verde dello zaino per il Piusti. Poi quando stiamo per riscendere dal masso, mi prende un colpo! Ma la bottiglia non la stappiamo?? Stavamo per dimenticarcene!!
Allora tiro fuori vino e apribottiglie, il Piusti mi riprende da sotto, è già sceso e vorrebbe anche allontanarsi in fretta, perché i tuoni ora sembrano più incessanti e la nebbia aumenta minuto dopo minuto. Stappo la bottiglia, dopo qualche tentennamento iniziale il tappo cede, e dopo aver emulato Rocco Papaleo nel suo “Basilicata Coast to Coast”, una bella sorsata di Sangiovese e poi scendo dal Piusti, che quando lo butta giù invece di vino sembra abbia dato un morso a un limone! Poi è la volta della foto con la sciarpa dell’ALICAT. A questo punto il Piusti si riavvia verso il negozietto di souvenir, io invece risalgo sulla colonnina per memorizzare la posizione sul GPS e per chiamare a lavoro mia moglie, voglio chiamarla dalla vetta! Tiro fuori il cellulare e vedo che il segnale sembra impazzito, passa continuamente da zero al massimo, le telefonate non hanno infatti esito positivo e la linea cade a più riprese. Torno dal Piusti, e mentre scendo mi scivola di tasca la cartina plastificata dell’ultima tappa, andando a nascondersi in profondità fra le rocce. Sarà il mio personale lascito al Monte Amiata.
ALICAT in vetta all'Amiata !! |
Il negozio nel frattempo ha chiuso e il gestore è andato via, che peccato, niente girandola per il mio Capitano. Rimaniamo in po’ lì nella tettoia del negozio, per mandare un po’ di SMS e fare quattro chiacchiere celebrative riassaporando i momenti salienti della settimana. Riesco a malapena, ma con soddisfazione, a parlare con il mio babbo al telefono, e con mia suocera che nel frattempo era stata allarmata da mia moglie, purtroppo è impossibile finche il segnale impazzisce in questo modo, non so se dipenderà dai vicini ripetitori o dal vicino temporale, o da tutti e due. Andiamo dunque a piedi verso la grande croce di ferro, è completamente avvolta nella nebbia, non c’è nessuno tranne noi, la temperatura è scesa fino a 11 °C, ma alla fine il vino è toccato quasi tutto a me, quindi non è che senta tanto freddo … Nel piccolo bar a fianco alla croce però c’è una luce accesa, allora bussiamo e chiediamo se possono farci una foto sotto la croce, sennò non ne abbiamo nemmeno una insieme sulla vetta! Mentre ci scattano la foto, cominciano ad arrivare via via gli entusiasti SMS di risposta, fra i quali in particolare svetta il “Ti stimo” di Massimo e il “Grande Supermago” di Daniele.
Scendiamo fino al bar nell’area parcheggi dove dovrebbe arrivare il Piustino a riprenderci in auto, mentre scendiamo mi scuso con il Piusti se l’ho staccato in maniera evidente nell’ultima salita alla vetta, non volevo lasciarlo indietro, è che l’euforia mi aveva preso il sopravvento e sentivo che potevo tenere quel passo. Entriamo nel Bar 2 Cime e dentro, seduta ai tavoli, c’è un’allegra combriccola di persone capeggiata da un tizio molto loquace per l’evidente tasso alcolico raggiunto, ma se penso per me … il ragazzo del bar ci chiede cosa prendiamo, il Piusti un caffè, io un panino con la porchetta! Il ragazzo ci guarda un po’ stranito, allora gli spieghiamo rapidamente da dove veniamo e soprattutto come è andata col vino, per questo io ho bisogno di buttare giù qualcosa di solido. Ci sediamo ai tavoli del bar, in una mano ho ancora la bottiglia, nell’altra il panino con la porchetta, che dopo una ripassata nel fornetto, penso sia una delle cose più sublimi che abbia mai mangiato in vita mia. Ben presto l’allegra combriccola toglie le tende, e allora rimaniamo solo io e il Piusti a parlare con il ragazzo, che nel frattempo si chiama Giacomo, e l’altro gestore del bar, non so se suo padre.
La croce avvolta nella nebbia |
Uno fra i migliori panini della mia vita ! |
Foto di gruppo finale: MagoZichele,il Piustino,Elisa,il Piusti,Daniele (?) e Giacomo |
La SPratata è fatta, MagoZichele ha la sua storia!!!
LA SPRATATA 2011
( 28 maggio – 3 giugno )
116,36 Km percorsi
28 h 17 m 58 s di marcia
4966 Kcal consumate
4271,4 mt di dislivello in salita
3158,6 mt di dislivello in discesa
MagoZichele ringrazia (un po’ nell’ordine, un po’ no): Il Piusti, mia moglie, il mio Capitano, la Lilly, Babbo & Mamma, mia sorella, i miei Suoceri, Sandro Bianchi, Graziano, Tiziana, Mimmo, Massimo, Simone, Corrado, Danilo, il Maso, Daniele, Alessio, Mirko, il Piustino, Elisa, Velio, sua moglie, suo padre, la cucciolona Bianca, la Comunità Montana le Poste e l’SDA che con i loro casini hanno reso la SPratata più piccante, Edi (Piusti’s mother), Simone di Monticello Amiata, Paolone del forno a Prata, Magilla, il trekkista a Paganico, la carovana di tedeschi in bicicletta, gli anziani a Sasso d’Ombrone, il padrone del podere vicino Porrona, gli addetti del Parco Faunistico, i turisti che volevano scalare il Monte Labbro, Giacomo Sbrolli, Daniele (?) del Bar 2 Cime, il negoziante di souvenir, il cameriere della Contessa, gli astrofili, l’allegra combriccola al Bar 2 Cime, Il ragazzino in MTB, il simil-cacciatore di Santa Fiora, l’edicolante di Santa Fiora, il padrone del Podere Spolveravolpi, l’anziano signore con un dente solo al Podere Aia, quello a Santa Fiora, il cimitero al Castello Porrona, il Giardino di Alice, i lupi fantasma, i serpenti, il gufo, i fagiani, i cani, le vacche, i cavalli, i ciuchini, i falchi, Danko il rottweiler, il Torrente Lanzo, le Carpe dell’Ombrone, la zecca del Piusti (e la mia Domenica 5), la coccinella portafortuna, lo zaino del Piusti, il negozio Despar a Monticello dove ho trovato l’introvabile RioMare cous-cous e tonno, la fonte dell’Aquilaia, il podere Pian dell’Archi, Davide Lazzaretti, Walter Bonatti, il Monte Labbro e lo Spirito del MONTE AMIATA.
Dedicata alla memoria di Christopher McCandlesS (1968 – 1992)
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* si ringrazia gentilmente il Piusti per il materiale fotografico e video messo a disposizione
* si ringrazia gentilmente il Piusti per il materiale fotografico e video messo a disposizione
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