O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

sabato 22 marzo 2014

Riserva Naturale Alto Merse - 2

Pod.La Gonna - Brenna - Castiglion Che Dio Sol Sa - Ponte della Pia


Lunghezza = 23Km c.ca
Dislivello+ = 700mt

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Il Percorso

Questo secondo itinerario proposto all'interno della Riserva Naturale Alto Merse, esplora il selvaggio versante occidentale del fiume partendo dalle estremità meridionali della riserva. Sarà necessario recarsi in zona con due auto, vista l'impegnativa lunghezza dell'escursione (23km circa), e lasciarne una nei pressi dello storico Ponte della Pia cantata da Dante Alighieri, in prossimità del centro abitato di Rosia. Con l'altra auto dovremo invece tornare indietro e prendere la strada che collega Monticiano a San Lorenzo a Merse, fino a raggiungere una strada sterrata sulla sx poco dopo il ponte sul torrente La Gonna. 300mt dopo, al podere La Gonna, lasciamo l'auto e ci mettiamo in cammino lungo la larga sterrata, fino all'incrocio dove si trova il cartello che delimita i confini della Riserva Naturale Alto Merse. Fondamentale a questo punto, sarà la possibilità o meno di guadare il fiume dopo poche decine di metri, passando su un ponte in cemento; il periodo va quindi pianificato in una stagione idonea o comunque non dopo delle abbondanti piogge.

Clicca per ingrandire e scaricare la prima parte della mappa [fonte: Villa Ferraia]

Clicca per ingrandire e scaricare la seconda parte
Superati alcuni ruderi, fra i quali quelli di un'antica ferriera, arriveremo al piccolo paesino di Brenna (verrà nuovamente guadato il Merse in alcune zone con acqua più bassa). Da Brenna si prosegue aggirando da bordo la grande curva formata dal fiume, quindi entreremo nella vallata del Fosso Ricausa, affluente del Merse. In uno scenario molto suggestivo costeggieremo le acque del torrente visitando i ruderi dell'antico mulino della Ricausa, quindi, salendo di quota, arriveremo al Castiglion Balzetti, meglio conosciuto come Castiglion Che Dio Sol Sa.
La Vallata del Merse
Proseguiremo per un lungo tratto in piano e dopo il podere Anterigoli, si scende fino ad incrociare il Fosso delle Filicaie. Qui si lascia la strada sterrata e si costeggia il piccolo fosso su un bel sentierino che progressivamente riguadagna quota e segue in piano fino al podere Laiole. Poco dopo arriveremo ad un largo spiazzo dove si trova un capanno dei cacciatori: siamo alle pendici del Monte Acuto e se vorremo, potremo raggiungere in breve la vetta (attenzione nell'ultimo tratto non ci sono sentieri e si deve salire liberamente nel bosco) per fare visita ai resti della Castellarie, complessi medievali utilizzati prevalentemente come postazioni di vedetta o annessi di servizio.
Castiglion Che Dio Sol Sà
Tornati sui nostri passi, si arriva quindi alla parte finale e delicata della lunga escursione, in quanto, dalla sella dove si trova il capanno dei cacciatori, dovremo discendere il versante sud del Monte Acuto, in una zona dove difficilmente troveremo sentieri ben battuti, fino ad andare a incrociare più a valle il Fosso Rigomagno. La presenza di vegetazione a macchia mediterranea può inoltre rendere ancora più complicato del previsto l'orientamento, quindi è bene proseguire con la massima attenzione e solo se abbiamo la padronanza dei nostri mezzi (meglio se accompagnati da un GPS). In linea di massima il percorso meno impegnativo è quello che scende verso il rudere del Seccatoio di Montautino. Superato il seccatoio, si devia in discesa a dx non appena individuiamo una zona con alberi più radi, scendendo liberamente finché il sentiero prenderà una forma più definita ed evidente. A questo punto scendiamo alla prima svolta per poter andare a guadare il fosso Rigomagno, quindi dopo diverse decine di metri sempre in discesa, raggiungiamo e costeggiamo verso sx il Torrente Rosia fino a raggiungere il Ponte della Pia, che attraversiamo per tornare all'auto e completare cosi l'escursione.

P.s.= di seguito la descrizione della prima parte di itinerario che costeggia il Merse, ricavata gentilmente dal sito internet del resort di lusso Villa Ferraia.

Al Podere La Gonna, merita subito una breve sosta il magnifico abbeveratoio in pietra posto sulla dx della strada subito dopo le case. La strada continua in leggera discesa fino a raggiungere una spianata. Nella spianata è presente un punto di sosta attrezzato. Si continua lungo la strada a sterro per altri 150 m circa ed, in corrispondenza del cartello che segna l'inizio del Parco Farma-Alto Merse, si tralascia la strada principale che prosegue a dritto e si gira sulla sinistra. La strada si restringe ed attraversa un piccolo fosso. Attraversatolo, inoltrandosi per pochi metri sulla dx della strada possiamo ammirare piante di agrifoglio in notevole quantità (emergenza naturalistica sulla carta). In breve si arriva al guado sul Fiume Merse, costituito da un ponte di cemento, attraversato dall'acqua solo in caso di piena. Sulla sx del ponte il fiume forma un'ansa abbastanza grande, nella quale è possibile fare il bagno o navigare con delle canoe. Si continua lungo la strada ed in corrispondenza di una netta curva a sx il nostro itinerario devia in un sentiero sulla destra evidenziato da transenne in legno che lo delimitano e che da qui ci accompagneranno per qualche chilometro. Dopo pochi metri si raggiunge il Fiume Merse e, sulla sponda opposta, notiamo un idrometrografo usato in passato per misurare la portata del Merse (emergenza storica sulla carta). Si continua costeggiando la sx orografica del fiume fino a che un fronte di frana costringe il sentiero a deviare a sx e a salire di circa 30 m spostandosi dell'alveo del fiume verso la cima del Masso degli Zingari. In questa parte sono ben visibili alcune carbonaie, utilizzate in passato per la produzione di carbone vegetale. Il sentiero, dopo aver quasi raggiunto la cima del Masso degli Zingari, ridiscende verso il fiume e lo costeggia per circa 500 m. Un'area di sosta attrezzata è posta in corrispondenza della Vecchia Diga, sulla sinistra idrografica del fiume. Superata l'area di sosta, il sentiero dopo una cessa spartifuoco, sale in direzione NNW, allontanandosi dal fiume. Dopo circa 100 m dall'inizio della salita, un "ometto" segnala una deviazione sulla dx del sentiero dalla quale è possibile raggiungere, dopo circa 500 m, la Vecchia Diga sul F. Merse (emergenza naturalistica sulla carta). Posto magnifico per un tuffo nel fiume. Gli affioramenti di quarziti della Formazione del Verrucano rendono ancora più suggestivo questo posto. Il sentiero continua in salita in direzione NNW per circa 400 m fino a raggiungere i ruderi di una vecchia casa (quota 300 s.l.m.). Si continua rimanendo in quota per circa 200 m fino ad un secondo rudere, posto alla quota di 280 m s.l.m.. Da qui il sentiero comincia a scendere, in direzione NNE, per circa 1 km riavvicinandosi al fiume. Il Merse è raggiunto in corrispondenza di una piccola confluenza e di un crocevia di sentieri. Da qui il sentiero costeggia il fiume e, dopo circa 200 m raggiunge, sulla dx, un guado formato da grossi massi facilmente superabili. Se non si vuole guadare il fiume in questo tratto, è possibile continuare lungo il sentiero per 1 km circa e, dopo aver raggiunto i ruderi di una vecchia ferriera, guadare il fiume in un tratto dove la profondità dell'acqua è sempre molto inferiore al metro. Attraversando il guado si tralascia l'evidente strada che prosegue a dritto e si serra, invece, subito a dx (ometto) su una strada che, con un paio di tornanti, si allontana dal fiume e prosegue poi parallela a questo. Dopo circa 300m in piano, una strada più larga attraversa diagonalmente. Prendendo a dx si arriva ad un campo (possibili avvistamenti di animali) dove prendendo a dx salendo, con il campo che rimane alla, sn si raggiunge il podere Calcinari (fuori carta). Passato il Fiume Merse, da quello più a nord, si prosegue lungo un sentiero molto ampio, che dopo aver costeggiato un pianoro per circa 200 m porta ai ruderi del Podere Calcinari (fuori carta). Da qualunque punto avremo guadato il Merse, arrivati al Podere Calcinari, si prosegue sulla comoda e larga sterrata fino a raggiungere il guado del fiume sul grande ponte in cemento, alle porte del paesino di Brenna.

Il Racconto  [09-03-2014]

La precedente escursione nella Riserva Naturale dell'AltoMerse aveva lasciato una sensazione di incompiutezza. Il non essere riuscito da subito a guadare il fiume, mi obbligò ad una deviazione che, la sensazione, allora mi celò qualcosa di assolutamente importante e bello da vedere.
Tra l'altro, l'idea di costeggiare il fiume da un nuovo versante e nel contempo portarsi fino al ponte della pia come fine tappa, costituivano una stuzzicante sfida. Dopo aver atteso forse non troppo a lungo che le acque si calmassero, le condizioni meteo previste per domenica 9 marzo sono assolutamente da prendere al volo. Contattato il venerdì un certo sig. Vittorio di Monticiano, che mi tranquillizza sulla possibilità di attraversare il famoso ponte in cemento ("al 90% passate tranquillamente"), tutto è già deciso. Non sarò da solo ovviamente perche è d'obbligo dover usare due auto. Con me ci sarà Lorenzo, proprio quel Lorenzo “gestore del Rifugio Carrai” che mi offrì ospitalità nel 2012 alla fine della prima e celebre Alta Via delMago, ma soprattutto prossimo compagno nell'attesa AVM2014 che ci vedrà impegnati nel tour del Cervino con annessa salita al Breithorn Occidentale (4165mt, il mio primo 4k !!). La giornata si preannuncia come da previsioni: serena e soleggiata, con un pungente vento mattutino che per un po’ tiene le temperature piuttosto bassine.
Lorenzo alle 7.00 mi raggiunge in auto e dopo un caffè al bar del Gabellino ci dirigiamo dapprima al ponte della pia, dove lasciamo la mia auto, quindi ritorniamo al Podere la Gonna dove iniziamo ufficialmente, alle 8.10, la nostra lunga escursione. È anche la prima vera occasione per testare sul campo il mio nuovo fiammante smartphone della Decathlon, il Quechuaphone5, per vedere soprattutto come si comporterà la batteria e la ricezione del gps....e subito si parte male! Dopo nemmeno un km, misteriosamente e inspiegabilmente, sento il jingle dell'avvio: lo tiro fuori dalla tasca in cintura ed effettivamente è lì che si sta riavviando. Per quale motivo non lo so e mi rimarrà oscuro. Mi rimane difficile pensare che il tasto di avvio possa essere rimasto premuto dentro la tasca, di fatto però per tutta la giornata non ci saranno più scherzi di questo tipo.
Anzi, tanto per chiuderla subito, devo dire che il test è andato ottimamente a buon fine: consultare la mappa su un display sa 5" è tutta un'altra cosa, e anche la batteria a fine giornata, con il GPS sempre attaccato, 6-7 telefonate, qualche SMS e un po’ di utilizzo di connessione dati, era ancora al 50%. Ottimo.
Con Lorenzo raggiungiamo intanto il fatidico ponte e, benché l'acqua sia molto più bassa di allora, si mantiene comunque sufficientemente alta da doverci costringere a superare un tratto con gli scarponi completamente immersi nell'acqua. D'altronde non ci sono alternative, e non ho certo voglia di rifare lo stesso percorso della volta scorsa. Mi tornano in mente le parole di Mr.Vittorio...probabilmente siamo cascati a cavallo fra il suo 90% e quel 10% di incognita.
In ogni caso si riesce a passare, anche se Lorenzo deve fare subito un cambio di calze perché un po’ d'acqua gli è entrata direttamente negli scarponi. Come spesso mi capita durante le camminate, io invece ne approfitto per..ehm..bisogni.
Il Merse appena guadato..
..mentre Lorenzo procede subito al cambio di calze
Si entra in breve nel sentiero che costeggia direttamente il fiume, che ha delle marcate tinte turchesi che di tanto in tanto si fondono con il bianco spumeggiante dei passaggi più vorticosi. Difficile immaginare di poterlo guadare più a valle. Per il momento comunque non ce ne preoccupiamo e proseguiamo seguendo fedelmente quanto riportato nella descrizione trovata sul sito internet di Villa Ferraia. Questo versante del Merse è molto più selvaggio di quello orientale visitato la volta scorsa. I segni tangibili della violenta, ultima piena, testimoniano la spaventosa forza dell'acqua in questi frangenti. Si capisce che qui l'acqua era almeno un paio di metri più alta del livello attuale.
Un vecchio idrometrografo

Il sentierino che costeggia inizialmente il fiume
Si prosegue piacevolmente fino al fronte di frana che ci obbliga a salire ripidamente sul pendio alla nostra SX per rientrare su un sentiero un po’ dismesso, delimitato da delle staccionate malmesse. Da qui in poi comincia una lunga e progressiva discesa che ci accompagna verso i ruderi della vecchia diga. Poco prima di arrivarci, in corrispondenza di un'area attrezzata anch'essa in completo disfacimento, notiamo un bizzarro gioco di acqua dove, da un masso, zampilla una minuscola vena che fa a formare una piccola pozza, per poi scomparire di nuovo sotto terra fino a scendere giù al Merse.
Alla vecchia diga arriviamo con il sole che, già alto, toglie ogni residuo del gelo mattutino. Lo spettacolo anche qui è suggestivo anche se meno fruibile rispetto all'altro versante, dove si arriva proprio sui ruderi. Qui possiamo solo ammirare dall'alto il vortice formato dall'acqua che aumenta la sua velocità al passaggio fra gli stretti massi.
Il sentiero ora si biforca, ma dopo un rapido consulto decidiamo di salire sulla sx addentrandoci in un bosco molto rado che lascia sempre ampi scorci panoramici verso il fondo valle. Questa zona documenta ancora ampiamente un passato fatto di taglio di legna, essiccamento, produzione carbone. Sono infatti due i ruderi che si trovano lungo il cammino, dei quali uno ancora perfettamente in piedi. Il momento ideale per una breve sosta e uno spuntino.
Mi accorgo solo ora che non abbiamo percorso fin qui molta strada, ma la colpa, se gliene si può farne una, è tutta del fiume Merse!
Il sentiero che risale dopo la Vecchia Diga

Rudere di seccatoio
Comincia ora un'altrettanto lunga e progressiva ridiscesa per riportarci nell'alveo del fiume, dove solo gli alberi più grandi riescono a resistere alla furia delle piene. Dopo un tratto in piano dove si costeggia da molto vicino le azzurre acque del fiume, il sentiero si restringe un poco rimanendo qualche metro più in alto, ed è qui che, scrutando verso la riva opposta, l'occhio mi cade sulla cosa più bizzarra della giornata (ma ahimè anche tragica): una carcassa di capriolo, che sembra anche abbastanza recente, si trova appesa a testa in giù con una zampa incastrata in un ramo d'albero, con solo la parte terminale del muso immersa nell'acqua!! Ma come cavolo avrà fatto questa povera bestia a cacciarsi in un pasticcio simile?? Stentiamo a crederlo anche se è tutto tragicamente vero.
Tragica fine per questo capriolo
Scendiamo un po’ più vicini all'acqua per scattare delle foto mentre ipotizziamo sulla triste fine: trascinato dalle acque durante la piena? Rimasto impigliato nel ramo ancora sommerso mentre cercava di guadare a nuoto il fiume in piena?? Ma vai a sapere...
Mentre gli scatto qualche foto, noto un minuscolo animalino che mi cammina sulla mano: è una zecca!! Maledetta! Il tempo di inquadrarla e provare a soffiarla via dalla mano che già è li abbarbicata mentre cerca di infilare la testa sotto pelle. Non rimane che passare alle maniere forti, mentre Lorenzo comincia ad accusare strani pruriti in tutto il corpo all'idea di un incontro ravvicinato con le simpatiche bestioline. Il bosco in questo tratto presenta un po’ più di sfasciumi di legna che vanno di volta in volta aggirati o scavalcati, ci stiamo sempre più avvicinando alla grande curva che il fiume descrive piegando verso destra fino a lambire il paesino di Brenna. Come immaginiamo da un bel po’, la portata dell'acqua è ancora tale che non riusciremo a guadare il fiume. Questo ci costringerà a deviare il nostro percorso originale che diverrà ancora più lungo. Arriviamo nei pressi dei ruderi di una vecchia ferriera, adesso solo un ammasso di muri sepolti da piante rampicanti.
La vecchia ferriera
Un pannello descrittivo ben fatto ci spiega un po’ di storia medievale di queste zone. Qui vicino dovrebbe esserci anche una vecchia zona di discarica degli scarti di fusione dell'antico altoforno, ma non abbiamo tempo per questa deviazione quindi puntiamo verso la sponda del fiume che per un largo tratto si apre lasciando scoperta un'ampia zona renosa, nella speranza residua di trovare un punto in cui guadare il Merse.
Niente da fare...non c'è verso, e quindi ci spostiamo verso l'interno per incrociare, e superare facilmente, il più mite Fosso Ricausa. Il bosco, ora esposto verso nord, si presenta magicamente ornato di muschio, che per me è sempre una variabile altamente suggestiva.
Il Fosso Ricausa
Per adesso però ci dirigiamo in direzione opposta, verso Brenna. Dopo un rapido saliscendi da dove abbiamo un'altra visuale mozzafiato sul corso del Merse, percorriamo speditamente un tratto in piano superando alcuni tratti caratteristici e storici, come "la steccaia", una sorta di semi diga artificiale creata per rallentare il corso del fiume in modo da ricavare su un fianco una canalizzazione parallela lungo la quale poter costruire dei mulini che potevano quindi contare in questo modo su un afflusso di acqua costante e regolato tramite delle opportune chiuse (au, o che sermone ho scritto??...).
Una chiusa sul canale secondario
"La Steccaia", una sorta di diga fatta a palizzate
Alle porte di Brenna, troviamo un acquitrino fangoso abbastanza insidioso quel tanto da ribagnarci completamente gli scarponi che avevano appena finito di asciugarsi dopo il guado mattutino. Infine, dopo esser passati nei pressi del Mulino della Sassa, che di fatto non riusciamo a scorgere, arriviamo al piccolo paesino in perfetto orario per il pranzo, alle 13.00 circa, sotto un bel sole. Ci sistemiamo nel mini parco del centro abitato allietati (o massacrati?) da un merlo che ci gironzola intorno cinguettando ossessivamente il proprio jingle.
Di fianco a una pittura incastonata nel muro e dedicata a San Michele, do una bella scaldata, sulla mitica padellina, alla coppia di salsicce gentilmente offerte dal suocero, mentre Lorenzo azzanna la sua schiaccia ripiena.
MagoZichele alle prese con il pranzo
La dedica a S.Michele...se fosse stato S.Zichele sarebbe stato il massimo!!
Dopo una bella e meritata sosta, verso le 14.15 lasciamo Brenna e ripercorriamo a ritroso gran parte del sentiero già fatto fino a ritornare al Fosso Ricausa: da qui comincia un bel sentierino che costeggia le acque limpidissime di questo torrente, fino ad arrivare ad un altro waypoint molto caratteristico: i ruderi dell’omonimo mulino.
Bellissimo bosco lungo il Fosso Ricausa
 

Ancora in ottime condizioni, soprattutto lo stabile dove erano alloggiate le due macine e i caveau sottostanti dove c’era il passaggio forzato dell’acqua che, con la propria spinta, faceva girare il palo delle macine. A monte di questo stabile, un grosso vascone artificiale parallelo al corso del torrente e alimentato sempre con la tecnica del canale secondario. Anche qui un ottimo pannello descrittivo spiega la costruzione e la storia del rudere, così come, poco più a monte, ritroviamo nei pressi di una bella cascata da dove originava il canale di afflusso al vascone.
Le macine del Mulino Ricausa
L'ingresso
Il cunicolo sottostante dove passava l'acqua forzata che faceva girare la ruota
La bella cascata poco più a monte del mulino
Questa risalita del Ricausa sta svelando tutta la sua bellezza storica e naturalistica. Dalla cascata, osservando in alto si scorge il nostro prossimo obbiettivo: Castiglion Balzetti, meglio conosciuto come Castiglion che Dio Sol Sa; la breve ma ripida salita si svolge in uno spettacolare sentiero ammantato di muschio verde smeraldo.
Spettacolare il sentiero che sale verso il Castiglion Balzetti
In breve siamo alle porte del castello, dove già troviamo in visita una coppia. Il castello è chiuso perche in via di restauro, tuttavia si può apprezzare la geometria dei possenti muraglioni e l’invidiabile posizione a dominare la vallata.
Uno scorcio di Castiglion Che Dio Sol Sà
Grandi colonie di coccinelle nei ruderi adiacenti il Castello
Si prosegue adesso su comodo stradone sterrato, siamo ancora dentro i confini della Riserva Naturale Alto Merse ma ancora non per molto. Il fosso Ricausa si allontana pian piano da noi, e poco dopo aver oltrepassato il bellissimo podere Anterigoli, lasciamo finalmente la sterrata che proseguirebbe verso la Fattoria Spannocchia e iniziamo a costeggiare su un nuovo bel sentiero, il Fosso delle Filicaie, un piccolo torrentino di minore portata ma che merita davvero un passaggio fra le sue tranquille sponde. Il sentiero si stacca dal torrente e risale ora fra castagni per circa 100mt, quindi torna ad essere per un lungo tratto pressoché pianeggiante. La giornata sta volgendo al termine ma io propongo a Lorenzo un ulteriore visita sulla cima del Monte Acuto, che si staglia di fronte a noi leggermente a sinistra, dove dovrebbero trovarsi dei resti di antiche fortificazioni medievali, anche se rimane l’incognita di un ultimo tratto che dovremo percorrere scendendo liberamente lungo un pendio boscoso. Mantenendo un buon passo, raggiungiamo finalmente il grande spiazzo dove si trova un grosso capanno usato dai cacciatori, alle pendici del Monte Acuto.
Il capanno di Cerri di Galignano, nei pressi del Monte Acuto
La zona boscosa sulla nostra sinistra, poco prima dello spiazzo, lascia un po’ di perplessità sull’imminente prosieguo: finora abbiamo camminato prevalentemente in mezzo a boschi radi, adesso invece una fitta macchia mediterranea minaccia le nostre certezze. Comunque, almeno per il momento non sono questi i nostri problemi; adesso dobbiamo salire sul Monte Acuto. Un paio di sentierini percorrono ad anello la parte sommitale del poggetto, ma non c’è un vero e proprio sentiero ben definito che arrivi in vetta, quindi dopo un po’ lasciamo il sentiero e ci dirigiamo verso la sommità tagliando direttamente nel bosco abbastanza intricato. Ad un piccolo spiazzo lasciamo anche gli zaini per poter meglio progredire quasi gattoni nella fitta boscaglia, finche un ammasso di rocce coperte di muschio è il segnale che siamo in vetta. In realtà i resti di questo Castelliere consistono solamente in una muraglia inconsistente che percorre ad anello la punta del poggetto, ma in ogni caso era un ulteriore obbiettivo della giornata, anche questo centrato.
I ruderi sul Monte Acuto
Riscendiamo quindi rapidamente dal Monte Acuto e, tornati indietro di poche decine di metri, deviamo su un altro sentiero che scende verso i ruderi del Seccatoio Montautino. L’ora tarda ci induce a cercare la via più breve per effettuare il taglio nel bosco e quindi ignoriamo il sentiero che prosegue in discesa verso sinistra e proseguiamo dritti fino ad una paratella usata dai cacciatori come appostamento; oltre, una ripida e fitta macchia mediterranea, sinceramente non la cosa più adatta al momento. Dobbiamo prendere una decisione e, tirato fuori il telefono, scopro che il mio ha perso il segnale gps, mentre quello di Lorenzo è agli sgoccioli con la batteria. Perfetto! Siamo a cavallo! Dopo pochi attimi rompiamo gli indugi e ci gettiamo a capofitto cercando di approfittare il più possibile dei varchi creati dal passaggio degli animali, ma fra rami intricati e ogni tanto qualche rovo, non è molto simpatica la situazione. Ogni tanto ci fermiamo e meno male che almeno il telefono di Lorenzo mantiene il segnale gps, in modo da regolarsi via via sulla direzione da tenere. Non è un lungo tratto quello che dobbiamo percorrere ma maledettamente complicato. Raggiungiamo uno stradello trasversale, ma non sapendo con certezza la sua destinazione (anche se la sensazione è quella che si tratterebbe della nostra soluzione) lo ignoriamo e continuiamo la nostra folle discesa. Infine, ad un’ultima pausa, ci accorgiamo che siamo in prossimità del Fosso Rigomagno, l’ultimo corso d’acqua di questa lunga escursione. Quindi raggiungiamo finalmente il sentierino previsto, entrambi in affanno per la rocambolesca discesa, ci accorgiamo che forse un sentiero più agevole ci sarebbe stato, ma vai a sapere in che punto andava preso…
Comincia già ad imbrunire quando usciamo dalla macchia fitta
Comunque sia, adesso è fatta, manca ancora poco più di un km al termine ma tutto su stradello ben battuto. Inizialmente guadiamo anche il Fosso Rigomagno, quindi scendiamo rapidamente fino a costeggiare il Torrente Rosia fino a raggiungere finalmente il Ponte della Pia, che guadiamo ufficialmente alle 18.22, quando ormai comincia veramente ad imbrunire. Una coppia ci scatta qualche tremolante foto per celebrare l’arrivo, alla fine i km percorsi sono ben 25 per un dislivello di circa +800mt.
Il Torrente Rigomagno
Finalmente, alle 18.22, si passa sopra il Ponte della Pia

La qualità è quella che è, ma la soddisfazioe tanta!
Finiamo la giornata nel buio totale andando a recuperare prima l’auto di Lorenzo al Podere la Gonna, quindi tornando a casa.

Sicuramente una bellissima avventura quella di oggi, fra le cornici intensamente colorate della vallata dell’Alto Merse, e la sorprendente bellezza della risalita del Fosso Ricausa, dove si respira un’atmosfera d’un glorioso passato medievale.


- MagoZichele -

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