Pod.La Gonna - Brenna - Castiglion Che Dio Sol Sa - Ponte della Pia
Lunghezza
= 23Km c.ca
Dislivello+
= 700mt
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Il Percorso
Questo secondo itinerario proposto all'interno della
Riserva Naturale Alto Merse, esplora il selvaggio versante occidentale del fiume
partendo dalle estremità meridionali della riserva. Sarà necessario recarsi in zona
con due auto, vista l'impegnativa lunghezza dell'escursione (23km circa), e lasciarne
una nei pressi dello storico Ponte della Pia cantata da Dante Alighieri, in
prossimità del centro abitato di Rosia. Con l'altra auto dovremo invece tornare
indietro e prendere la strada che collega Monticiano a San Lorenzo a Merse,
fino a raggiungere una strada sterrata sulla sx poco dopo il ponte sul torrente
La Gonna. 300mt dopo, al podere La Gonna, lasciamo l'auto e ci mettiamo in
cammino lungo la larga sterrata, fino all'incrocio dove si trova il cartello che
delimita i confini della Riserva Naturale Alto Merse. Fondamentale a questo punto,
sarà la possibilità o meno di guadare il fiume dopo poche decine di metri, passando
su un ponte in cemento; il periodo va quindi pianificato in una stagione idonea
o comunque non dopo delle abbondanti piogge.
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Clicca per ingrandire e scaricare la prima parte della mappa [fonte: Villa Ferraia]
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Clicca per ingrandire e scaricare la seconda parte |
Superati alcuni ruderi, fra i quali quelli di un'antica
ferriera, arriveremo al piccolo paesino di Brenna (verrà nuovamente guadato il Merse in alcune zone con acqua più bassa). Da Brenna si prosegue aggirando da bordo
la grande curva formata dal fiume, quindi entreremo nella vallata del Fosso Ricausa,
affluente del Merse. In uno scenario molto suggestivo costeggieremo le acque
del torrente visitando i ruderi dell'antico mulino della Ricausa, quindi, salendo
di quota, arriveremo al Castiglion Balzetti, meglio conosciuto come Castiglion
Che Dio Sol Sa.
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La Vallata del Merse |
Proseguiremo per un lungo tratto in piano e dopo il podere
Anterigoli, si scende fino ad incrociare il Fosso delle Filicaie. Qui si lascia
la strada sterrata e si costeggia il piccolo fosso su un bel sentierino che
progressivamente riguadagna quota e segue in piano fino al podere Laiole. Poco dopo
arriveremo ad un largo spiazzo dove si trova un capanno dei cacciatori: siamo
alle pendici del Monte Acuto e se vorremo, potremo raggiungere in breve la
vetta (attenzione nell'ultimo tratto non ci sono sentieri e si deve salire
liberamente nel bosco) per fare visita ai resti della Castellarie, complessi
medievali utilizzati prevalentemente come postazioni di vedetta o annessi di servizio.
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Castiglion Che Dio Sol Sà |
Tornati sui nostri passi, si arriva quindi alla parte finale
e delicata della lunga escursione, in quanto, dalla sella dove si trova il
capanno dei cacciatori, dovremo discendere il versante sud del Monte Acuto, in
una zona dove difficilmente troveremo sentieri ben battuti, fino ad andare a incrociare
più a valle il Fosso Rigomagno. La presenza di vegetazione a macchia mediterranea
può inoltre rendere ancora più complicato del previsto l'orientamento, quindi è
bene proseguire con la massima attenzione e solo se abbiamo la padronanza dei
nostri mezzi (meglio se accompagnati da un GPS). In linea di massima il percorso
meno impegnativo è quello che scende verso il rudere del Seccatoio di Montautino.
Superato il seccatoio, si devia in discesa a dx non appena individuiamo una
zona con alberi più radi, scendendo liberamente finché il sentiero prenderà una
forma più definita ed evidente. A questo punto scendiamo alla prima svolta per
poter andare a guadare il fosso Rigomagno, quindi dopo diverse decine di metri
sempre in discesa, raggiungiamo e costeggiamo verso sx il Torrente Rosia fino a
raggiungere il Ponte della Pia, che attraversiamo per tornare all'auto e
completare cosi l'escursione.
Al Podere La Gonna, merita subito una breve sosta il magnifico abbeveratoio
in pietra posto sulla dx della strada subito dopo le case. La strada continua
in leggera discesa fino a raggiungere una spianata. Nella spianata è presente
un punto di sosta attrezzato. Si continua lungo la strada a sterro per altri
150 m circa ed, in corrispondenza del cartello che segna l'inizio del Parco
Farma-Alto Merse, si tralascia la strada principale che prosegue a dritto e si
gira sulla sinistra. La strada si restringe ed attraversa un piccolo fosso.
Attraversatolo, inoltrandosi per pochi metri sulla dx della strada possiamo
ammirare piante di agrifoglio in notevole quantità (emergenza naturalistica
sulla carta). In breve si arriva al guado sul Fiume Merse, costituito da un
ponte di cemento, attraversato dall'acqua solo in caso di piena. Sulla sx del
ponte il fiume forma un'ansa abbastanza grande, nella quale è possibile fare il
bagno o navigare con delle canoe. Si continua lungo la strada ed in
corrispondenza di una netta curva a sx il nostro itinerario devia in un
sentiero sulla destra evidenziato da transenne in legno che lo delimitano e che
da qui ci accompagneranno per qualche chilometro. Dopo pochi metri si raggiunge
il Fiume Merse e, sulla sponda opposta, notiamo un idrometrografo usato in
passato per misurare la portata del Merse (emergenza storica sulla carta). Si
continua costeggiando la sx orografica del fiume fino a che un fronte di frana
costringe il sentiero a deviare a sx e a salire di circa 30 m spostandosi
dell'alveo del fiume verso la cima del Masso degli Zingari. In questa parte
sono ben visibili alcune carbonaie, utilizzate in passato per la produzione di
carbone vegetale. Il sentiero, dopo aver quasi raggiunto la cima del Masso
degli Zingari, ridiscende verso il fiume e lo costeggia per circa 500 m.
Un'area di sosta attrezzata è posta in corrispondenza della Vecchia Diga, sulla
sinistra idrografica del fiume. Superata l'area di sosta, il sentiero dopo una
cessa spartifuoco, sale in direzione NNW, allontanandosi dal fiume. Dopo circa
100 m dall'inizio della salita, un "ometto" segnala una deviazione
sulla dx del sentiero dalla quale è possibile raggiungere, dopo circa 500 m, la
Vecchia Diga sul F. Merse (emergenza naturalistica sulla carta). Posto
magnifico per un tuffo nel fiume. Gli affioramenti di quarziti della Formazione
del Verrucano rendono ancora più suggestivo questo posto. Il sentiero continua
in salita in direzione NNW per circa 400 m fino a raggiungere i ruderi di una
vecchia casa (quota 300 s.l.m.). Si continua rimanendo in quota per circa 200 m
fino ad un secondo rudere, posto alla quota di 280 m s.l.m.. Da qui il sentiero
comincia a scendere, in direzione NNE, per circa 1 km riavvicinandosi al fiume.
Il Merse è raggiunto in corrispondenza di una piccola confluenza e di un
crocevia di sentieri. Da qui il sentiero costeggia il fiume e, dopo circa 200 m
raggiunge, sulla dx, un guado formato da grossi massi facilmente superabili. Se
non si vuole guadare il fiume in questo tratto, è possibile continuare lungo il
sentiero per 1 km circa e, dopo aver raggiunto i ruderi di una vecchia
ferriera, guadare il fiume in un tratto dove la profondità dell'acqua è sempre molto
inferiore al metro. Attraversando il guado si tralascia l'evidente strada che
prosegue a dritto e si serra, invece, subito a dx (ometto) su una strada che,
con un paio di tornanti, si allontana dal fiume e prosegue poi parallela a
questo. Dopo circa 300m in piano, una strada più larga attraversa
diagonalmente. Prendendo a dx si arriva ad un campo (possibili avvistamenti di
animali) dove prendendo a dx salendo, con il campo che rimane alla, sn si
raggiunge il podere Calcinari (fuori carta). Passato il Fiume Merse, da quello
più a nord, si prosegue lungo un sentiero molto ampio, che dopo aver
costeggiato un pianoro per circa 200 m porta ai ruderi del Podere Calcinari
(fuori carta). Da qualunque punto avremo guadato il Merse, arrivati al Podere
Calcinari, si prosegue sulla comoda e larga sterrata fino a raggiungere il
guado del fiume sul grande ponte in cemento, alle porte del paesino di Brenna.
Il Racconto [09-03-2014]
Tra l'altro, l'idea di costeggiare il fiume da un nuovo
versante e nel contempo portarsi fino al ponte della pia come fine tappa,
costituivano una stuzzicante sfida. Dopo aver atteso forse non troppo a lungo
che le acque si calmassero, le condizioni meteo previste per domenica 9 marzo
sono assolutamente da prendere al volo. Contattato il venerdì un certo sig.
Vittorio di Monticiano, che mi tranquillizza sulla possibilità di attraversare
il famoso ponte in cemento ("al 90% passate tranquillamente"), tutto
è già deciso. Non sarò da solo ovviamente perche è d'obbligo dover usare due
auto. Con me ci sarà Lorenzo, proprio quel Lorenzo “gestore del Rifugio Carrai”
che mi offrì ospitalità nel 2012 alla fine della prima e celebre Alta Via delMago, ma soprattutto prossimo
compagno nell'attesa AVM2014 che ci vedrà impegnati nel tour del Cervino con
annessa salita al Breithorn Occidentale (4165mt, il mio primo 4k !!). La
giornata si preannuncia come da previsioni: serena e soleggiata, con un
pungente vento mattutino che per un po’ tiene le temperature piuttosto bassine.
Lorenzo alle 7.00 mi raggiunge in auto e dopo un caffè al
bar del Gabellino ci dirigiamo dapprima al ponte della pia, dove lasciamo la
mia auto, quindi ritorniamo al Podere la Gonna dove iniziamo ufficialmente,
alle 8.10, la nostra lunga escursione. È anche la prima vera occasione per
testare sul campo il mio nuovo fiammante smartphone della Decathlon, il
Quechuaphone5, per vedere soprattutto come si comporterà la batteria e la
ricezione del gps....e subito si parte male! Dopo nemmeno un km,
misteriosamente e inspiegabilmente, sento il jingle dell'avvio: lo tiro fuori
dalla tasca in cintura ed effettivamente è lì che si sta riavviando. Per quale motivo
non lo so e mi rimarrà oscuro. Mi rimane difficile pensare che il tasto di
avvio possa essere rimasto premuto dentro la tasca, di fatto però per tutta la
giornata non ci saranno più scherzi di questo tipo.
Anzi, tanto per chiuderla subito, devo dire che il test è
andato ottimamente a buon fine: consultare la mappa su un display sa 5" è
tutta un'altra cosa, e anche la batteria a fine giornata, con il GPS sempre
attaccato, 6-7 telefonate, qualche SMS e un po’ di utilizzo di connessione
dati, era ancora al 50%. Ottimo.
Con Lorenzo raggiungiamo intanto il fatidico ponte e,
benché l'acqua sia molto più bassa di allora, si mantiene comunque
sufficientemente alta da doverci costringere a superare un tratto con gli
scarponi completamente immersi nell'acqua. D'altronde non ci sono alternative,
e non ho certo voglia di rifare lo stesso percorso della volta scorsa. Mi
tornano in mente le parole di Mr.Vittorio...probabilmente siamo cascati a
cavallo fra il suo 90% e quel 10% di incognita.
In ogni caso si riesce a passare, anche se Lorenzo deve
fare subito un cambio di calze perché un po’ d'acqua gli è entrata direttamente
negli scarponi. Come spesso mi capita durante le camminate, io invece ne
approfitto per..ehm..bisogni.
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Il Merse appena guadato.. |
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..mentre Lorenzo procede subito al cambio di calze |
Si entra in breve nel sentiero che costeggia direttamente
il fiume, che ha delle marcate tinte turchesi che di tanto in tanto si fondono
con il bianco spumeggiante dei passaggi più vorticosi. Difficile immaginare di
poterlo guadare più a valle. Per il momento comunque non ce ne preoccupiamo e
proseguiamo seguendo fedelmente quanto riportato nella descrizione trovata sul
sito internet di Villa Ferraia. Questo versante del Merse è molto più selvaggio
di quello orientale visitato la volta scorsa. I segni tangibili della violenta,
ultima piena, testimoniano la spaventosa forza dell'acqua in questi frangenti.
Si capisce che qui l'acqua era almeno un paio di metri più alta del livello
attuale.
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Un vecchio idrometrografo |
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Il sentierino che costeggia inizialmente il fiume |
Si prosegue piacevolmente fino al fronte di frana che ci
obbliga a salire ripidamente sul pendio alla nostra SX per rientrare su un
sentiero un po’ dismesso, delimitato da delle staccionate malmesse. Da qui in
poi comincia una lunga e progressiva discesa che ci accompagna verso i ruderi
della vecchia diga. Poco prima di arrivarci, in corrispondenza di un'area
attrezzata anch'essa in completo disfacimento, notiamo un bizzarro gioco di
acqua dove, da un masso, zampilla una minuscola vena che fa a formare una
piccola pozza, per poi scomparire di nuovo sotto terra fino a scendere giù al Merse.
Alla vecchia diga arriviamo con il sole che, già alto,
toglie ogni residuo del gelo mattutino. Lo spettacolo anche qui è suggestivo
anche se meno fruibile rispetto all'altro versante, dove si arriva proprio sui
ruderi. Qui possiamo solo ammirare dall'alto il vortice formato dall'acqua che
aumenta la sua velocità al passaggio fra gli stretti massi.
Il sentiero ora si biforca, ma dopo un rapido consulto
decidiamo di salire sulla sx addentrandoci in un bosco molto rado che lascia
sempre ampi scorci panoramici verso il fondo valle. Questa zona documenta
ancora ampiamente un passato fatto di taglio di legna, essiccamento, produzione
carbone. Sono infatti due i ruderi che si trovano lungo il cammino, dei quali
uno ancora perfettamente in piedi. Il momento ideale per una breve sosta e uno
spuntino.
Mi accorgo solo ora che non abbiamo percorso fin qui molta strada, ma
la colpa, se gliene si può farne una, è tutta del fiume Merse!
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Il sentiero che risale dopo la Vecchia Diga |
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Rudere di seccatoio |
Comincia ora un'altrettanto lunga e progressiva ridiscesa
per riportarci nell'alveo del fiume, dove solo gli alberi più grandi riescono a
resistere alla furia delle piene. Dopo un tratto in piano dove si costeggia da
molto vicino le azzurre acque del fiume, il sentiero si restringe un poco
rimanendo qualche metro più in alto, ed è qui che, scrutando verso la riva
opposta, l'occhio mi cade sulla cosa più bizzarra della giornata (ma ahimè
anche tragica): una carcassa di capriolo, che sembra anche abbastanza recente,
si trova appesa a testa in giù con una zampa incastrata in un ramo d'albero,
con solo la parte terminale del muso immersa nell'acqua!! Ma come cavolo avrà
fatto questa povera bestia a cacciarsi in un pasticcio simile?? Stentiamo a
crederlo anche se è tutto tragicamente vero.
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Tragica fine per questo capriolo |
Scendiamo un po’ più vicini
all'acqua per scattare delle foto mentre ipotizziamo sulla triste fine:
trascinato dalle acque durante la piena? Rimasto impigliato nel ramo ancora
sommerso mentre cercava di guadare a nuoto il fiume in piena?? Ma vai a
sapere...
Mentre gli scatto qualche foto, noto un minuscolo
animalino che mi cammina sulla mano: è una zecca!! Maledetta! Il tempo di
inquadrarla e provare a soffiarla via dalla mano che già è li abbarbicata
mentre cerca di infilare la testa sotto pelle. Non rimane che passare alle
maniere forti, mentre Lorenzo comincia ad accusare strani pruriti in tutto il
corpo all'idea di un incontro ravvicinato con le simpatiche bestioline. Il
bosco in questo tratto presenta un po’ più di sfasciumi di legna che vanno di
volta in volta aggirati o scavalcati, ci stiamo sempre più avvicinando alla
grande curva che il fiume descrive piegando verso destra fino a lambire il
paesino di Brenna. Come immaginiamo da un bel po’, la portata dell'acqua è
ancora tale che non riusciremo a guadare il fiume. Questo ci costringerà a
deviare il nostro percorso originale che diverrà ancora più lungo. Arriviamo
nei pressi dei ruderi di una vecchia ferriera, adesso solo un ammasso di muri
sepolti da piante rampicanti.
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La vecchia ferriera |
Un pannello descrittivo ben fatto ci spiega un po’
di storia medievale di queste zone. Qui vicino dovrebbe esserci anche una
vecchia zona di discarica degli scarti di fusione dell'antico altoforno, ma non
abbiamo tempo per questa deviazione quindi puntiamo verso la sponda del fiume
che per un largo tratto si apre lasciando scoperta un'ampia zona renosa, nella
speranza residua di trovare un punto in cui guadare il Merse.
Niente da fare...non c'è verso, e quindi ci spostiamo
verso l'interno per incrociare, e superare facilmente, il più mite Fosso
Ricausa. Il bosco, ora esposto verso nord, si presenta magicamente ornato di
muschio, che per me è sempre una variabile altamente suggestiva.
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Il Fosso Ricausa |
Per adesso però ci dirigiamo in direzione opposta, verso
Brenna. Dopo un rapido saliscendi da dove abbiamo un'altra visuale mozzafiato
sul corso del Merse, percorriamo speditamente un tratto in piano superando
alcuni tratti caratteristici e storici, come "la steccaia", una sorta
di semi diga artificiale creata per rallentare il corso del fiume in modo da
ricavare su un fianco una canalizzazione parallela lungo la quale poter
costruire dei mulini che potevano quindi contare in questo modo su un afflusso di
acqua costante e regolato tramite delle opportune chiuse (au, o che sermone ho
scritto??...).
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Una chiusa sul canale secondario |
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"La Steccaia", una sorta di diga fatta a palizzate |
Alle porte di Brenna, troviamo un acquitrino fangoso
abbastanza insidioso quel tanto da ribagnarci completamente gli scarponi che
avevano appena finito di asciugarsi dopo il guado mattutino. Infine, dopo esser
passati nei pressi del Mulino della Sassa, che di fatto non riusciamo a
scorgere, arriviamo al piccolo paesino in perfetto orario per il pranzo, alle
13.00 circa, sotto un bel sole. Ci sistemiamo nel mini parco del centro abitato
allietati (o massacrati?) da un merlo che ci gironzola intorno cinguettando
ossessivamente il proprio jingle.
Di fianco a una pittura incastonata nel muro
e dedicata a San Michele, do una bella scaldata, sulla
mitica padellina, alla
coppia di salsicce gentilmente offerte dal suocero, mentre Lorenzo azzanna la
sua schiaccia ripiena.
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MagoZichele alle prese con il pranzo |
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La dedica a S.Michele...se fosse stato S.Zichele sarebbe stato il massimo!! |
Dopo una bella e meritata sosta, verso le 14.15 lasciamo
Brenna e ripercorriamo a ritroso gran parte del sentiero già fatto fino a ritornare
al Fosso Ricausa: da qui comincia un bel sentierino che costeggia le acque
limpidissime di questo torrente, fino ad arrivare ad un altro waypoint molto
caratteristico: i ruderi dell’omonimo mulino.
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Bellissimo bosco lungo il Fosso Ricausa |
Ancora in ottime condizioni, soprattutto
lo stabile dove erano alloggiate le due macine e i caveau sottostanti dove
c’era il passaggio forzato dell’acqua che, con la propria spinta, faceva girare
il palo delle macine. A monte di questo stabile, un grosso vascone artificiale
parallelo al corso del torrente e alimentato sempre con la tecnica del canale
secondario. Anche qui un ottimo pannello descrittivo spiega la costruzione e la
storia del rudere, così come, poco più a monte, ritroviamo nei pressi di una
bella cascata da dove originava il canale di afflusso al vascone.
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Le macine del Mulino Ricausa |
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L'ingresso |
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Il cunicolo sottostante dove passava l'acqua forzata che faceva girare la ruota |
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La bella cascata poco più a monte del mulino |
Questa
risalita del Ricausa sta svelando tutta la sua bellezza storica e
naturalistica. Dalla cascata, osservando in alto si scorge il nostro prossimo
obbiettivo: Castiglion Balzetti, meglio conosciuto come Castiglion che Dio Sol
Sa; la breve ma ripida salita si svolge in uno spettacolare sentiero ammantato
di muschio verde smeraldo.
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Spettacolare il sentiero che sale verso il Castiglion Balzetti |
In breve siamo alle porte del castello, dove già troviamo
in visita una coppia. Il castello è chiuso perche in via di restauro, tuttavia
si può apprezzare la geometria dei possenti muraglioni e l’invidiabile
posizione a dominare la vallata.
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Uno scorcio di Castiglion Che Dio Sol Sà |
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Grandi colonie di coccinelle nei ruderi adiacenti il Castello |
Si prosegue adesso su comodo stradone sterrato, siamo
ancora dentro i confini della Riserva Naturale Alto Merse ma ancora non per
molto. Il fosso Ricausa si allontana pian piano da noi, e poco dopo aver
oltrepassato il bellissimo podere Anterigoli, lasciamo finalmente la sterrata
che proseguirebbe verso la Fattoria Spannocchia e iniziamo a costeggiare su un
nuovo bel sentiero, il Fosso delle Filicaie, un piccolo torrentino di minore portata
ma che merita davvero un passaggio fra le sue tranquille sponde. Il sentiero si
stacca dal torrente e risale ora fra castagni per circa 100mt, quindi torna ad
essere per un lungo tratto pressoché pianeggiante. La giornata sta volgendo al
termine ma io propongo a Lorenzo un ulteriore visita sulla cima del Monte
Acuto, che si staglia di fronte a noi leggermente a sinistra, dove dovrebbero
trovarsi dei resti di antiche fortificazioni medievali, anche se rimane
l’incognita di un ultimo tratto che dovremo percorrere scendendo liberamente
lungo un pendio boscoso. Mantenendo un buon passo, raggiungiamo finalmente il
grande spiazzo dove si trova un grosso capanno usato dai cacciatori, alle
pendici del Monte Acuto.
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Il capanno di Cerri di Galignano, nei pressi del Monte Acuto |
La zona boscosa sulla nostra sinistra, poco prima
dello spiazzo, lascia un po’ di perplessità sull’imminente prosieguo: finora
abbiamo camminato prevalentemente in mezzo a boschi radi, adesso invece una
fitta macchia mediterranea minaccia le nostre certezze. Comunque, almeno per il
momento non sono questi i nostri problemi; adesso dobbiamo salire sul Monte
Acuto. Un paio di sentierini percorrono ad anello la parte sommitale del
poggetto, ma non c’è un vero e proprio sentiero ben definito che arrivi in
vetta, quindi dopo un po’ lasciamo il sentiero e ci dirigiamo verso la sommità
tagliando direttamente nel bosco abbastanza intricato. Ad un piccolo spiazzo
lasciamo anche gli zaini per poter meglio progredire quasi gattoni nella fitta
boscaglia, finche un ammasso di rocce coperte di muschio è il segnale che siamo
in vetta. In realtà i resti di questo Castelliere consistono solamente in una
muraglia inconsistente che percorre ad anello la punta del poggetto, ma in ogni
caso era un ulteriore obbiettivo della giornata, anche questo centrato.
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I ruderi sul Monte Acuto |
Riscendiamo quindi rapidamente dal Monte Acuto e, tornati
indietro di poche decine di metri, deviamo su un altro sentiero che scende
verso i ruderi del Seccatoio Montautino. L’ora tarda ci induce a cercare la via
più breve per effettuare il taglio nel bosco e quindi ignoriamo il sentiero che
prosegue in discesa verso sinistra e proseguiamo dritti fino ad una paratella
usata dai cacciatori come appostamento; oltre, una ripida e fitta macchia
mediterranea, sinceramente non la cosa più adatta al momento. Dobbiamo prendere
una decisione e, tirato fuori il telefono, scopro che il mio ha perso il
segnale gps, mentre quello di Lorenzo è agli sgoccioli con la batteria.
Perfetto! Siamo a cavallo! Dopo pochi attimi rompiamo gli indugi e ci gettiamo
a capofitto cercando di approfittare il più possibile dei varchi creati dal
passaggio degli animali, ma fra rami intricati e ogni tanto qualche rovo, non è
molto simpatica la situazione. Ogni tanto ci fermiamo e meno male che almeno il
telefono di Lorenzo mantiene il segnale gps, in modo da regolarsi via via sulla
direzione da tenere. Non è un lungo tratto quello che dobbiamo percorrere ma
maledettamente complicato. Raggiungiamo uno stradello trasversale, ma non
sapendo con certezza la sua destinazione (anche se la sensazione è quella che
si tratterebbe della nostra soluzione) lo ignoriamo e continuiamo la nostra
folle discesa. Infine, ad un’ultima pausa, ci accorgiamo che siamo in
prossimità del Fosso Rigomagno, l’ultimo corso d’acqua di questa lunga
escursione. Quindi raggiungiamo finalmente il sentierino previsto, entrambi in
affanno per la rocambolesca discesa, ci accorgiamo che forse un sentiero più
agevole ci sarebbe stato, ma vai a sapere in che punto andava preso…
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Comincia già ad imbrunire quando usciamo dalla macchia fitta |
Comunque
sia, adesso è fatta, manca ancora poco più di un km al termine ma tutto su
stradello ben battuto. Inizialmente guadiamo anche il Fosso Rigomagno, quindi scendiamo
rapidamente fino a costeggiare il Torrente Rosia fino a raggiungere finalmente
il Ponte della Pia, che guadiamo ufficialmente alle 18.22, quando ormai comincia
veramente ad imbrunire. Una coppia ci scatta qualche tremolante foto per
celebrare l’arrivo, alla fine i km percorsi sono ben 25 per un dislivello di
circa +800mt.
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Il Torrente Rigomagno |
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Finalmente, alle 18.22, si passa sopra il Ponte della Pia |
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La qualità è quella che è, ma la soddisfazioe tanta! |
Finiamo la giornata nel buio totale andando a recuperare
prima l’auto di Lorenzo al Podere la Gonna, quindi tornando a casa.
Sicuramente una bellissima avventura quella di oggi, fra
le cornici intensamente colorate della vallata dell’Alto Merse, e la
sorprendente bellezza della risalita del Fosso Ricausa, dove si respira un’atmosfera
d’un glorioso passato medievale.
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