O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

lunedì 6 agosto 2012

[Come è andata??] A.V.M. - 3a Tappa [26/07/2012]


Ci siamo, oggi è sicuramente la giornata più delicata dell’intera Alta Via del Mago. Il sogno, che dura da un anno circa, è a un passo dalla realizzazione, o dalla probabile chiusura in un cassetto. Le impressioni avute ieri da Sergio e Marco non sono confortanti, l’istinto direbbe di tener duro comunque, ma la testa ragiona già in una situazione remissiva e di ripiego. Questo contrasto di emozioni probabilmente è la causa di una nottata non passata in maniera ottimale, nonostante sia riuscito comunque a dormire un po’ (vorrei credere a sufficienza), già a mezzanotte mi sono svegliato la prima di numerose volte, non rendendomi conto se era per via dell’altitudine, per via che ero un po’ “tappato” e non respiravo bene con il naso, o per via, come detto sopra, dei mille pensieri che mi assalivano. Quello che ricordo perfettamente è che alle 00.00, quando mi sono svegliato, credevo già di aver dormito per ore..

h5.17, il sole splende già sul Cevedale
MagoZichele segue Sergio e Marco











La sera prima, dopo poco che mi ero coricato all’interno del sacco lenzuolo, mi ero quasi subito dovuto rialzare per chiudere le persiane in legno della finestra, visto che il vento tirava in maniera modesta, sbatacchiando proprio le persiane. Quando mi alzo, alle 5.00, fuori c’è già abbastanza luce, e il vento sembra molto più calmo. Comincio e vestirmi ricontrollando il contenuto dello zaino più piccolo, poi mi affaccio fuori, non sembra molto freddo, il Cevedale è già illuminato dal sole, allora gli scatto una foto, sono circa le 5.15. Alle 5.30 scendo per la colazione, e trovo già Sergio e Marco pronti, per loro colazione già archiviata. C’è anche una coppia di tedeschi che però dovranno attendere l’arrivo di una guida alpina che hanno contattato. Consumata una ricchissima colazione (il vecchio ma pur sempre valido pane, burro e marmellata, fette biscottate, caffelatte, succo d’arancia), e salutata Fabiana che cerca di esorcizzare il mio scetticismo in merito alla riuscita della salita alla Zufall, anch’io mi unisco ai due amici vicentini e in breve siamo fuori, pronti per la partenza.

Ci sono circa 6 °C, non si sta male, a parte un po’ di vento che ancora lancia qualche spiffero freddino. Alle 5.52 la partenza ufficiale, siamo ben coperti ma ci alleggeriremo ben presto, quando cominceremo a salire verso il Passo della Forcola (3030mt). Il passo è abbastanza tranquillo per il mio standard, ma continuo, senza pause. L’andatura comunque credo sia quella giusta, Sergio che tira le fila, sa d’esperienza che le forze serviranno più avanti, quindi inutile partire in quarta. Il cielo è sereno, la giornata, come promesso dal meteo, bellissima. Le conversazioni fra di noi sono molto piacevoli, e spaziano per lo più sul tema della montagna e dell’alpinismo, ci raccontiamo a vicenda un po’ delle nostre esperienze. Il paesaggio nel frattempo muta, finiscono i prati lasciando spazio solo a rocce più o meno rossastre. Ho l’impressione, vedendo come si muovono le poche  nuvole in cielo, che arrivati al passo la situazione del vento peggiorerà.

Il Cevedale dal Passo della Forcola
MagoZichele al passo










Mi fermo poco prima del passo per scattare rapidamente due-tre foto, in fondo sono qui anche per questo. Raggiungo di nuovo Sergio e Marco quando ormai siamo giunti al passo, e quello che pensavo sul vento, trova conferma. Dalla Val Martello, la valle al di là del passo, arriva un vento abbastanza teso che da la sensazione di accentuato freddo, oltre a rompere un po’ le scatole, quando arriveremo ai passaggi più impegnativi. La visuale, per me che ci sono abituato poco, è spettacolare: la piramide della Cima Cevedale domina severa la lunga discesa di ghiaccio della Vedretta della Forcola, che prosegue anche sotto il passo, scivolando via via verso la Val Martello. In mezzo alla vedretta, voluminose zone crepacciate rendono sinistro il contesto di questa lunga ed enorme lingua di ghiaccio. La Cima Cevedale, da qui, sembra ancora più inarrivabile di prima, e la cresta da percorrere da l’idea di una lama di un coltello sulla quale stare in bilico, anche in realtà so bene che a livello alpinistico quanto sto vedendo non rappresenta nulla di difficile. In ogni caso, per me che sono completamente inesperto, il fatto di essere arrivato sin qui senza tanti problemi, al quarto giorno di cammino, è già di per se positivo.

Foto al passo con Marco..
..e con il mitico Sergio!!










Ci copriamo bene (lascio ancora la giacca antivento e impermeabile nello zaino, ma metto guanti e sottoguanti, berretto in pile, bandana alla gola) e ci scattiamo un po’ di foto a vicenda sul passo e con il Cevedale alle spalle. A occhio vedo che il sentiero prosegue bene per poche decine di metri, ma le creste rocciose che vedo lungo il nostro cammino promettono poco di buono. Ci avviamo e come temevo, finito un tratto iniziale semplice, iniziamo a salire sulle rocce seguendo via via la via più logica che Sergio sceglie. I suoi consigli, a volte preziosi, a volte superflui, mi aiutano comunque molto ma da un lato mi fanno pensare che lui non si trovi molto a suo agio in questa situazione di dover scortare un Mago inesperto nel passare in questi tipi di percorsi d’alta montagna. Nonostante tutto tengo bene il loro passo, di fatto dandogli nessun rallentamento o ansie.

I passaggi su rocce sembrano via via richiedere sempre maggior attenzione nell’essere superati, ogni tanto ci ritroviamo in mezzo a sfasciumi e detriti anche di una certa mole, molto instabili; bisogna stare veramente attenti a dove mettere i piedi, e il vento teso non aiuta granché, anzi, sembra quasi aumentare. Alterniamo i passaggi in cresta passando ora su un versante, ora su l’altro, e quando siamo sul versante sud, almeno non abbiamo il vento che ci sferza con le sue folate. In uno di questi passaggi, chiedo un attimo di pausa per indossare anche la giacca antivento, con questo vento potrebbe essere un problema indossarla dopo.

La maestosa Cima Cevedale, più di così il Mago non si avvicinerà..

Appena sono di nuovo pronto, vedo che loro nel frattempo hanno superato un punto dove bisogna in qualche modo tirarsi su e superare un salto roccioso. Su indicazione di Marco, lancio oltre i massi i bastoncini e cerco di seguire i suoi consigli su dove mettere i piedi e come spingere bene con le braccia. Sergio lo sento un po’ brontolare qualcosa in dialetto con Marco, ma nonostante tutto capisco (e in certo senso lo comprendo) che si senta un po’ a disagio per il fatto di avermi con loro, in fin dei conti potrei, mano a mano che avanziamo, aumentare le possibilità di causare loro qualche grana. Nel frattempo, mi trovo inchiodato in questo punto, non riesco a tirarmi su, anche perché, a differenza di loro, non ho degli scarponi con la suola sufficientemente rigida per poter fare la giusta pressione d’appoggio con i piedi, e soprattutto, ma mi vergogno tremendamente e quindi non glielo dico, i miei scarponi hanno già più di 700 km alle spalle, e le suole, soprattutto nelle punte, sono già abbastanza andate, per questo motivo il piede mi scivola via di continuo, dove loro mi indicano di metterlo.. Tutto questo comincia a mettermi un po’ di sfiducia addosso, oltreché, razionalmente, portarmi a pensare a quando dovrò rifare questi passaggi, al ritorno, da solo, e quindi su quanto valga ancora la pena spingersi in avanti. Marco si offre allora generosamente di darmi una mano aiutandomi in qualche modo a superare l’ostacolo, ma rifiuto il suo aiuto: se non ce la faccio ora da solo, come potrei riuscirci al ritorno? Cerco allora un’alternativa rispetto al modo che hanno seguito loro, e nonostante lo scetticismo di Sergio, riesco con successo a trovare una fenditura fra due rocce dove, in una scanalatura, posso appoggiare bene il piede sinistro, e dare la spinta necessaria per tirarmi su! Per me è una prova d’orgoglio superata che mi infonde una carica positiva immensa!

Passaggi insidiosi fra le rocce
Proseguiamo, dentro di me spero che non ci siano passaggi più difficili di questo. Ci accorgiamo che dalla Val Martello sta salendo una cordata di 4 persone, camminando direttamente sul ghiacciaio della Forcola. Nella cresta che stiamo percorrendo, invece, le rocce sono sempre molto instabili, soprattutto quando dobbiamo risalire o scendere repentinamente, i bastoncini cominciano ad essere più d’intralcio che d’aiuto, allora Sergio propone di chiuderli e legarli agli zaini, proseguiamo solo a mano. Durante la pausa per riporre i bastoncini, Sergio e Marco mi chiedono, tanto per fare uno scarno punto della situazione, su cosa abbia e cosa mi manchi a livello di attrezzatura. Praticamente ho solo dei ramponcini a 6 punte, loro invece imbragatura, piccozza, corda, ghette..il loro zaino insomma è una sorta di tasca di Eta-Beta in versione alpinistica, il mio in confronto può essere paragonato ad un cestino per cercare funghi!! Sergio non dice nulla, e in realtà dice tutto con il suo silenzio, io non riesco a trovare le parole giuste per fargli capire che sono in realtà molto tranquillo, conscio delle mie possibilità che da un momento a l’altro potranno ridurre drasticamente le probabilità di proseguire con loro. In un certo senso, comincio sempre più a guardarmi indietro, anziché guardare avanti. L’immagine della Zufallspitzen, sognata con tanto ardore, prende sempre più i contorni di una cartolina ricordo, e non di una meta da perseguire ad ogni costo.


Il momento fatidico arriva di lì a poco. Davanti a noi una serie di rocce a lastroni protesi verso l’alto formano una barriera insormontabile, Sergio scruta più di una volta fra le rocce alla ricerca di un passaggio, poi torna indietro senza successo, e decide che per proseguire dovremo calzare i ramponi, scendere nel ghiacciaio e aggirare almeno questo tratto insidioso, magari unendosi ai 4 della cordata che nel frattempo sono quasi paralleli a noi. Siamo intorno ai 3250mt di altitudine, per me l’ascensione alla Cima Cevedale finisce qui. Comunico la mia decisione mentre loro in fretta e furia si preparano indossando anche le ghette, oltre ai ramponi, e li tranquillizzo di fronte al loro non troppo convinto tentativo di farmi continuare, in fondo così sto facendo un favore a tutti, loro possono proseguire più tranquilli, ed io eviterò responsabilmente di cercare schiaffi in piazza. Magari riuscirei anche a superare brillantemente quest’altro passaggio sul ghiaccio, ma poi? Se poco più avanti dovessi rinunciare del tutto, e tornare indietro, la prospettiva di passare in questo ghiacciaio da solo..figuriamoci.. La mia Alta Via, tra l’altro, deve continuare per altri tre giorni, e questa salita è troppo impegnativa e dispendiosa a livello di energie, nemmeno lontanamente paragonabile a quella del Vioz, percorsa due giorni fa. Meglio quindi risparmiarsi anche fisicamente.

Il passaggio critico dove il Mago abdica
Un Marco in gran forma calza i ramponi


Sergio si raccomanda ancora una volta, prima di accodarsi alla cordata, di fare rientro con calma, mentre io li saluto incitandoli per la riuscita, e per l’arrivederci a quando saranno di rientro al rifugio. Saluto, da qui, anche la Cima Cevedale, questo sogno irrealizzato, o, se vogliamo vedere il bicchiere mezzo vuoto o mezzo pieno, realizzato a metà, visto che sono proprio a metà salita. Segno che questa montagna più di così non aveva da darmi: è una filosofia che non fa una piega e che tranquillizza l’animo. Infatti, mentre ricomincio con calma il rientro, mi rendo conto tutto insieme che il vento si è placato e la giornata soleggiata è veramente bellissima, l’umore in un attimo ritorna su livelli consoni.

Sergio, già unitosi alla cordata, lancia il suo saluto sollevando la picca..

Dopo aver superato il passaggio difficile che avevo incontrato in salita, e dopo circa 100mt di discesa, superate alcune rocce instabili, mi fermo su un grosso masso con una perfetta vista panoramica su tutta la vallata sottostante, per un po’ di foto e video, e mi accorgo che quassù c’è anche il segnale del cellulare!! Aaahh questa occasione non me la faccio scappare! Parto subito con l’invio di sms ad Alessandra (che risponde in diretta), ai miei genitori, e anche foto, messaggi, la mia posizione gps e quant’altro offerto dalla connessione dati, a tutti gli amici e colleghi di lavoro. Ne approfitto anche per studiare attentamente tutte le cime intorno a me, peraltro capendoci anche poco, e finisco per passare su questo masso una buona mezz’ora.





MagoZichele in pausa si immortala lungo la cresta rocciosa, la Zufall alle spalle..

Continuo la discesa e, poco prima del Passo della Forcola, dopo aver incontrato altre due coppie di persone che salivano, sento dei rumori di sassi che rotolano dalla cresta opposta alla mia, quella che dalla Forcola prosegue fino ad arrivare a Cima Marmotta. Mi fermo, aguzzo la vista e..dopo un po’..un branco di camosci!! Che spettacolo!! Inizialmente sono solo due o tre, poi sbucano da tutte le parti, sono esemplari adulti ma anche più piccoli, e vederli saltellare tranquillamente dove io invece arrancherei a dismisura..che invidia.. Ma insomma, un bel regalo alla fine da queste montagne, ho la possibilità di fare un bel po’ di foto e video, non capita propri a tutti un’opportunità simile. Eccomi di nuovo alla Forcola, l’abbigliamento pesante ora è veramente superfluo, quindi mi alleggerisco un po’, metto su le creme protettive, e comincio la lunga ridiscesa dell’alta Val Venezia, per far ritorno al rifugio Larcher. Sono le 10.00 circa, tutto sommato me la sono presa comoda com’è giusto che sia.





Crepacci di ghiaccio e nuvole floreali, due aspetti contrastanti sopra i 3000mt

Mentre riscendo fra i sassi e gli stradelli, con il sole che picchia abbastanza, mi rendo conto della mia saggia decisione, adesso infatti un po’ di stanchezza sta affiorando; quella di stamattina è stata, alla luce dei tre giorni precedenti e delle ore di sonno comunque non abbondanti, una dura prova sia fisica che mentale. Sogno, timore, vento, freddo, difficoltà, emotività, rassegnazione..ma sono ancora in pista, in mezzo a queste favolose montagne, e l’Alta Via del Mago è ancora realtà!! Alle 11.00 sono di nuovo al rifugio, sento la fame, insieme ad una sensazione piacevole di rientro in un luogo accogliente, un vero rifugio. Mi piace anche questa vita da “rifugiato”, da delle belle sensazioni, ed è diversa da una semplice toccata e fuga di un giorno. Salgo subito in camerata, mi do una sistemata e scendo a mangiare un bel piatto di pasta al ragù e un semifreddo ai frutti di bosco davvero delizioso. Fabiana rimane un po’ incredula nel rivedermi così presto, probabilmente mi credeva più capace, ma io sono comunque convinto della scelta fatta e appagato per l’esperienza odierna. Nel conto della mattinata, va anche aggiunto l’avvistamento di ben tre marmotte, di cui una incredibilmente grossa, mentre un’altra riesco ad immortalarla ferma sopra una pietra. E pensare che in due anni di vacanze in Val Gardena, sono riuscito a vederne solo due..

Vedo l'Ortles!!!
Il bianco Palon del la Mare


Dopo il pranzo mi dedico anche a fare un po’ di bucato, un’operazione oramai diventata consuetudine e che sa tanto di “vita da rifugiato”, quindi piacevole al tempo stesso, come il riordinare le cose nello zaino, o fare il punto della situazione sui livelli di carica di cellulare, fotocamera e gps, o ancora, il mettersi a buttare giù due righe sul diario di viaggio, e non lasciare per strada situazioni ed emozioni degne di nota. Più di una volta, con il piccolo monocolo, getto uno sguardo verso il Cevedale, nella speranza di vedere qualche movimento: chissà a che punto sono Sergio e Marco?? Ho modo anche di prendere più conoscenza e confidenza con il rifugio Larcher, un ambiente accogliente, camerate tranquille (anche per il poco traffico in verità, almeno infrasettimana..) e un personale disponibile ed alla mano. L’impressione generale è che, quassù a 2600mt, tutto sia ben organizzato. Oggi è anche l’occasione per fare conoscenza con Manuel, il marito di Fabiana, gestore del rifugio, un ragazzo semplice e molto tranquillo. Lo becco, a dir la verità, in un momento un po’ sottotono per lui, reduce il giorno prima da un ricovero in pronto soccorso per un malore a livello gastro-intestinale. Anche lui minimizza la mia rinuncia alla Zufall, e mi fa invece i complimenti per la scelta di affrontare questo lungo tour in solitaria.










Lo spettacolo offerto da un branco di camosci

Riordinate un po’ di idee, decido che nel pomeriggio farò una piccola sgambata fin poco sopra il Lago Marmotta, poco oltre i  2700mt, senza cercare troppo affaticamento, in una zona dove sembra esserci, con il vento a favore in discesa e tutti i pianeti allineati, un po’ di segnale per il telefonino. Il meteo, consultato su internet sul loro PC portatile, per domani sembrerebbe ancora buono, speriamo. Sarebbe una fortuna avere cinque giorni consecutivi di bel tempo, e poi domani mi aspetta la Vedretta del Careser, che dovrebbe essere alla mia portata, un ghiacciaio molto semplice da affrontare perché veramente poco ripido, anche se per me è la prima volta in assoluto, quindi il solito timore reverenziale per la montagna mi attanaglia lo stesso. Tra l’altro, a meno di incontri casuali, stavolta sarò davvero da solo.

Bella vista sulla Val Venezia
Dietro mi lascio il Passo della Forcola


Quando sono pronto a lasciare il rifugio, alle 15, ecco che rientrano Sergio e Marco, ce l’hanno fatta! Accodandosi alla cordata, dove c’era una guida alpina, sono arrivati in cima sia alla Cima Cevedale, sia al Monte Cevedale, il panettone bianco di poco più alto (3769mt), leggermente più a sud-ovest rispetto alla Cima Cevedale. Da lì Sergio mi spiega che poi hanno fatto rientro sul percorso dell’andata, ma “tagliando” un tratto di percorso, passando diretti nel ghiacciaio sottostante il Monte Cevedale, seguendo le indicazioni della guida alpina. Sono veramente esausti, Sergio deve andare di corsa a mangiare qualcosa perché ha una fame da lupi, nel viso sono entrambi cotti dal sole. Mi dice che io non ce l’avrei sicuramente fatta, e come dargli torto? Probabilmente la mia Alta Via, ammesso e concesso che ci fossi arrivato a tutti i costi, sarebbe finita oggi, non ne avrei avuto più per i giorni successivi. Questa per me è, se mai ce ne fosse stato bisogno, la prova consolatoria che la scelta fatta di tornare indietro, stamani, è stata assolutamente sensata e razionale. Li saluto calorosamente e a Marco do la mia email e l’indirizzo del blog, così potremo scambiarci le foto fatte e poi..aspetterò una loro visita sul blog quando avrò pubblicato il racconto!

Marco e Sergio sulla vetta della Cima Cevedale!! Ce l'hanno fatta!!

Salgo dunque lungo il sentiero n.104 fino al Lago Marmotta, che oggi con il sole è molto più bello di ieri, e poi allungo ancora un po’ sul sentiero che sale verso la vicina Cima Nera, fino a fermarmi, intorno ai 2850mt, su un bel terrazzo erboso da dove si domina con la vista tutta la Val Venezia, la Val Lago Lungo, ma soprattutto il Vioz, il Palon de la Mare e le due cime Cevedale. La vista è splendida, la giornata bellissima. Un sacco di persone, quest’oggi, fanno avanti e indietro per questi sentieri. Non scenderei mai di qui. Faccio delle belle foto su questo pianoro, le marmotte sembrano impazzite oggi, ne vedo altre tre. Verso le 16.00 riscendo e mi porto sui dossi rocciosi indicati da Fabiana, nella speranza di beccare un po’ di segnale per il cellulare. Anche da qui, in posizione un po’ più bassa, la visuale sulla Val Venezia e sulla più bassa Val de la Mare è davvero bellissima; con il cellulare, dai e ridai, riesco a parlare con mia suocera e con il mio Dario che mi trasmette delle bellissime emozioni mandandomi per telefono un bacino. Provando e riprovando mando anche un sms ad Alessandra, rimandando a domani la conversazione a voce, poi, sono circa le 16.30, decido di rientrare al rifugio, con in programma una bella cioccolata calda.

La marmotta "beccata" sul sasso
Bella foto pomeridiana al Mt.Cevedale










Ma le sorprese per il Mago non erano ancora finite. Questa giornata aveva ancora altro da dare.

Mentre mi rincammino, fatti pochi passi, una signora, all’altezza dell’incrocio di sentieri che scende verso il Rifugio Cevedale, mi urla implorando aiuto. Il messaggio è chiaro, il Mago scatta!! In un lampo sono da lei e mi dice, molto sconvolta, che un signore, all’altezza del Lago Lungo, sta malissimo, in preda a fortissimi crampi alle gambe e, impossibilitato a muoversi, ha delle grosse difficoltà respiratorie e si rotola per terra! La gravità con cui si pronuncia lascia poco spazio ad interpretazioni, allora velocemente tiro fuori dallo zaino il fischietto che porto sempre dietro per richiamare l’attenzione in casi d’emergenza, e mi butto a capofitto in una corsa a rotta di collo giù per il sentiero, in direzione del rifugio, per chiamare i soccorsi. Una ragazzina, che era insieme alla signora, mi strilla anche lei parole incomprensibili..ma dov’è??..Eccola lassù, inerpicata sulla piccola crestina che separa la Val Venezia dall’invaso del Lago Marmotta, tentare un’improbabile quanto pericolosa discesa diretta verso il rifugio, completamente fuori traccia del sentiero. Urlo anche a lei di tornare sui propri passi e di aspettarmi dalla signora, all’incrocio, e nel frattempo, continuando a correre in discesa a rotta di collo saltando sui sassi, lancio a intervalli regolari qualche fischio con il fischietto ben saldo sulle labbra. Ogni tanto getto qualche occhiata verso il rifugio ma non vedo nessun movimento, nessun allarmismo: possibile?

Un po di foto sul bel terrazzo erboso
MagoZichele sorregge il Vioz..










La discesa sembra non finire mai, il cuore pompa a mille, più di una volta mi viene da pensare: e se adesso scivolo io?? Inutile, se questa cosa può servire a salvare una vita, porsi queste domande. Arrivo al rifugio senza voce, la bocca che cerca ossigeno dove sembra non esserci, butto a terra tutto quello che ho ed entro. Fuori dal rifugio, nemmeno una persona, ecco perché nessuno si era allarmato ai miei fischi. Dentro c’è solo Fabiana, seduta ad un tavolo, che sta facendo credo un solitario con le carte. Ricordo perfettamente il suo sguardo severo quando mi vede così stravolto, capisce subito che c’è qualche problema. Con un filo di voce gli spiego l’accaduto, allora in un attimo sale di sopra a chiamare Manuel. Ecco Manuel che scende dopo un minuto, e cerca subito di ottenere più dettagli possibili su cosa sia successo. Non posso che confermargli, da parte mia, solo ciò che mi è stato riferito dalla signora che ha dato l’allarme. Il suo timore è che la situazione non sia così tragica da richiedere l’intervento dell’elisoccorso ma tutto sommato, basandosi su quanto mi è stato riferito, non è che la situazione possa lasciare spazio a molte scelte. A questo punto, porgendomi la radiotrasmittente del rifugio, mi chiede se posso fargli il favore di tornare dalle signore (e quindi dall’infortunato), mentre lui chiama l’elisoccorso. Lui non ha le forze per correre lassù, ha ancora i postumi del malore di ieri mattina.

E così comincia una nuova corsa, stavolta in salita, per tornare dai 2600mt del rifugio, ai circa 2720mt dove mi stanno aspettando la signora e la ragazzina, che, sento, continuano a lanciare urla di soccorso. Cerco di urlargli a mia volta ma non mi sentono. Vorrei dire loro che l’elicottero è stato chiamato, ma che andrà segnalata la presenza dell’infortunato, in qualche modo. Quindi che si avviino pure. Niente, non mi sentono. E così, ansimante, arrivo di nuovo in cima alla salita, da loro due, e quando gli chiedo dove si trovi di preciso l’uomo e me lo indicano, mi prende un colpo!! Si trova lungo il sentiero n.123, quello che va verso la diga del Careser, molto più in la del Lago Lungo, sarà almeno un altro km! Manuel nel frattempo mi chiama alla radio chiedendo conferma dei sintomi dell’uomo e invitandomi a fare il segnale di braccia alzate all’arrivo dell’elicottero. E se arrivasse troppo presto? E poi quell’uomo come starà? Ok, via di nuovo di corsa!






MagoZichele in compagnia delle cime Cevedale e del bel Lago Marmotta

Adesso, anche se prevalentemente in piano, siamo pur sempre sui 2600mt, correre a queste altitudini non è il massimo per me, non l’ho mai fatto. Tuttavia, nella testa mi ronzano già mille pensieri, sull’avventura inattesa che questa giornata alla fine mi abbia riservato, visto che era cominciata un po’ diversamente e un po’ sottotono rispetto a quello che avrebbe dovuto essere. E pensare che questo pomeriggio avrei dovuto approfittare per riposarmi a sufficienza..altro che Zufall!!.. Adesso sono un puntino infinitesimale in mezzo a queste immense e millenarie valli, che sta correndo verso altri puntini bisognosi d’aiuto. Forse non avrei saputo chiedere di meglio..

Arrivo in vista dell’uomo e di sua moglie. Il signore sta decisamente meglio, giacché lo vedo in piedi e lo sento parlare, ma si sorregge con i bastoncini ed è in preda continua dei crampi, impossibilitato a muoversi. Sono Dario (pensa un po’ che coincidenza, lo stesso nome di mio figlio..MagoZichele ha davvero nel destino il prendersi cura dei Dario!!) e Rina. La moglie, molto agitata, visibilmente scossa per l’aver visto suo marito in preda ad una crisi respiratoria, mi dice di aver visto la disperazione con gli occhi, quando ha visto suo marito per terra, cambiare colore. Parlo con loro, seppur con un filo di voce, cerco per quanto mi è possibile di tranquillizzarli, ma non è semplice mostrarsi calmi quando il cuore ti pulsa all’inverosimile. Anche senza intendermene molto, gli dico subito che se davvero non ce la fa, l’unico rimedio sarà quello di farsi scortare dall’elicottero; mi sembra la cosa più sensata, visto che, dal punto dove ci troviamo, Malga Mare, dove hanno l’auto, è ancora molto lontana.











Dai dossi rocciosi, ancora due belle viste sulla Val Venezia e sulla Val de la Mare.

Dopo un po’ di minuti ci raggiungono la signora e la ragazzina, anche loro ancora visibilmente emozionate e scosse. Infine, ecco la chiamata di Fabiana, che sta accorrendo sul posto. Anche lei non si immaginava fossero così lontani! Dopo 5 minuti arriva anche lei, portando zucchero e the per l’infortunato. Anche lei si mette a parlare con l’uomo e con sua moglie, per tranquillizzarli. In questi momenti intensi, tutti tirano fuori quello che hanno, e così, ognuno comincia a parlare un po’ di se, dove abita, di dove è originario, quali parenti abbia nelle zone limitrofe..insomma, come se tutti ci si conoscesse da tempo. In altre circostanze saremmo stati tutti dei perfetti sconosciuti. E’ la semplice e disarmante potenza della solidarietà, che in casi come questi supera tutte le barriere. Con Fabiana solo per un attimo ci scambiamo increduli uno sguardo che sa di sorpresa, di avventura!

Tutto d’un tratto, ecco arrivare distintamente, dalla valle, il rombo delle pale dell’elicottero, del potente Agusta AW139. Il momento è emozionante, è la prima volta che un elicottero ronza così vicino sopra la testa del Mago! Ci sediamo tutti per terra, stringendoci agli zaini, in un attimo intorno  noi il boato delle pale crea un vortice assordante, non riusciamo a sentire quello che diciamo, io urlo di continuo alla ragazzina di tenere gli occhi chiusi, perché sta volando di tutto. Alzo un attimo lo sguardo  e vedo già, un paio di metri sopra di me, gli scarponi della dottoressa e del suo assistente che si stanno calando, ci stanno passando proprio sopra! In un attimo sono a terra e si precipitano dall’uomo. L’elicottero si allontana depositandosi nella piccola valle antistante il Lago Lungo, in attesa della richiamata della dottoressa.

Clicca sulla cartina per vedere le posizioni dei "protagonisti": in rosso il Mago nel momento in cui viene dato l'allarme, in giallo la signora che dà l'allarme, in viola la ragazzina completamente fuori sentiero, e in blu la posizione del Sig.Dario.

Seguono tutte le prassi tipiche di un soccorso medico, tutto sommato l’uomo sta bene ma non è in grado di camminare in perfetta autonomia. Ricevo di continuo i ringraziamenti della signora che per prima mi ha visto, e racconta l’accaduto anche al soccorso alpino. L’assistente della dottoressa smonta subito il mio inorgoglimento ricordandoci che ci siamo dimenticati di fare il segnale di braccia alzate..sì..e chi se lo ricordava più??..

In breve l’uomo è già pronto con l’imbragatura, lo saluto calorosamente con una stretta alla spalla, l’elicottero viene richiamato, e tutti riprendiamo posizione per terra. Stavolta però l’occasione è troppo ghiotta, e anche con una sola mano, accendo la fotocamera e comincio a filmare tutta la sequenza di recupero dell’uomo. Sicuramente un documento inaspettato e un bel ricordo di tutta l’Alta Via del Mago!! A dir la verità non sono molto sicuro del risultato, perché il turbinio mi porta continuamente i capelli davanti gli occhi, ma insomma, alla fine non mi lamento. In un attimo l’elicottero si allontana, cominciamo a risentire le nostre voci; l’eccitazione di Rina, della signora e della ragazza, è ancora forte, nonostante il buon esito.



Con Fabiana, le riaccompagniamo indirizzandole lungo il sentiero n.146, più breve e più semplice per tornare a Malga Mare. I battiti del cuore, intanto, a me ancora non accennano a calmarsi, così come il respiro affannato. Salutandoci, Rina, che già aveva provato invano con Fabiana, vuole donarmi 50€ come riconoscenza. Non sia mai, queste cose, questi gesti, sono istintivi e non possono avere un prezzo. Capisco comunque il suo desiderio e la voglia di ringraziarmi e in un certo senso sdebitarsi, giacché difficilmente le nostre strade potranno incrociarsi di nuovo. Con un po’ di affanno, visto che la signora prende via quasi di corsa, riesco a riconsegnargli i 50€, strappandogli la promessa di una donazione all’ALICAT. Per la cronaca, nei giorni successivi al mio rientro a casa, riceverò questa bellissima email di ringraziamento dal Sig.Dario, che parla da sola:

Gentile signor Zago,
Sono Dario, l'uomo che ha soccorso il 26 luglio sul sentiero dal rifugio Cevedale per Careser, vicino al Lago Lungo.La informo che sono stato dimesso dall'ospedale di Cles. E' tutto passato, lasciando solo una profonda stanchezza nelle gambe.Dovrò fare delle cure per la circolazione e stare d'ora in poi molto più prudente nell'affrontare camminate di una certa durata.
Ho chiesto alla signora del Rifugio Cevedale se avesse un Suo indirizzo mail, perchè il messaggio che Le ho spedito il giorno dopo mi è tornato indietro per indirizzo errato. Desidero vivamente ringraziarLa.  Ho apprezzato in particolare la professionalità e il senso di umanità che mi ha molto aiutato in quel momento difficile.
Come anticipatoLe da mia moglie Rina,  desidero approfittare dell'occasione della fortuna di avervi incontrato per una piccola offerta all'organizzazione umanitaria di solidarietà con l'Africa cui Lei aveva accennato.Attendo dunque le indicazioni per dove versare la mia offerta.
Grazie di nuovo di cuore.


Salutate le donne, con Fabiana facciamo rientro al rifugio, sono quasi le 18.00, il sole comincia pian piano a prendere i contorni giallo acceso, preludio a un lungo tramonto. Con lei ho una piacevole chiacchierata, parliamo un po’ delle nostre vite, dei nostri figli (il suo piccolo, Samuele, ha 5 anni e come il mio Dario odia terribilmente fare la doccia!!), delle nostre vedute. Mi parla di come si sia innamorata del mare della Sardegna, e della loro vita di sacrifici, sudandosi tutto quello che finora posseggono. Forse retoricamente, vedo in lei lo stereotipo della persona di montagna, con un carattere forte, deciso, e semplice allo stesso tempo. Al rifugio raccontiamo l’accaduto fra l’incredulità dei presenti, e orgogliosamente ricevo anche i ringraziamenti da Manuel.

Salgo di sopra in camerata anche per darmi una rapida lavata, ma sento già una fame da lupi!! In camerata Monte Vioz ho la compagnia di un gruppo di 4 signori di Firenze (pensa te!) con i quali socializzo subito; domattina anche loro andranno sul Cevedale. Scendo per la cena, gustosa e abbondante come sempre, poi è ancora la volta del racconto della giornata, al tavolo con i quattro fiorentini, mentre Fabiana ci offre una grappa da loro prodotta veramente deliziosa, e per dirlo io che non sono affatto un amante delle grappe..
Anche il piccolo Samuele osserva incredulo il filmato di questo grande elicottero che tira su tre persone come fossero formichine. Dietro il nostro tavolo, una coppia di tedeschi, marito e moglie, anche loro inequivocabilmente ospiti del rifugio, questa notte. I fiorentini si ritirano in camerata, io non posso fare a meno di chiamare Alessandra con il telefono del rifugio, per raccontargli l’incredibile giornata trascorsa.

Infine è il momento dei saluti con lo staff del Rifugio Larcher al Cevedale, che per due giorni è stata la mia casa. Con Fabiana ci ringraziamo vicendevolmente per le avventure di questi due giorni, poi Manuel mi da un po’ di dritte per il nuovo sentiero che dovrò affrontare domani per l’attraversamento della Vedretta del Careser, in direzione del Rifugio Dorigoni in val di Saént (dove mi incaricano di portare a Cecilia i loro saluti), e controlla anche la situazione meteo, che ancora mette bel tempo (e vai!). Facciamo anche una rituale foto ricordo per il blog, poi consueto scambio di email e anche con loro la promessa di un commento, a racconti pubblicati.

Foto di gruppo. Da sinistra: MagoZichele, un'addetta del rifugio, Fabiana, Samuele e Maunel.

Salgo in camerata e velocemente mi corico sul letto, visto che i fiorentini sono già a letto. Il pensiero è già proiettato a domani, un altro momento delicato di questa Alta Via, l’attraversamento per la prima volta di un piccolo ghiacciaio, seppur tecnicamente non impegnativo, ma in solitaria, con uno zaino di 15kg sulle spalle, e con l’accumulo sulle gambe di questi quattro intensi giorni, culminati con l’incredibile fuori programma del tardo pomeriggio. Spero di essere in forma per domani e non avere ricadute.

Pian piano, comincia a placarsi l’effetto “eroe per un giorno”, e realizzo in maniera lucida che questa sia stata inequivocabilmente una delle giornate più fantastiche che abbia mai vissuto!!

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