O come mai questo blog??

Dal 2011 mi sono dato all'escursionismo, un modo alla fin fine più semplice e diretto per stare a contatto con la natura. Del resto, come potete vedere qui a fianco, già da piccolo ero un in-tenditore in materia..eheh. Certo, c'è (o c'era, visto che ormai da più di un anno non la pratico più..) anche la pesca, come per qualcun altro può esserci la caccia, o la raccolta funghi ecc., ma quasi tutte in comune hanno secondo me un grosso limite: il fatto di considerare la natura come un "veicolo" per il raggiungimento di un certo grado di soddisfazione, e non essa stessa il fine. In un certo senso, è come se debba esserci sempre un profitto finale. Le escursioni invece non sono nient'altro che il sano desiderio di passare un po' di tempo immersi nella nostra natura, osservarla, e basta.

mercoledì 30 marzo 2011

[ Come è andata?? ] Escursione Prata – Le Cornate (versante Ovest) [ 10/10/2010 ]

E’ all’incirca Venerdì 8 Ottobre 2010 quando decido che, di lì a due giorni, avrei tentato in un solo giorno di percorrere l’itinerario da Prata alla vetta delle Cornate di Gerfalco, magari facendo pure una deviazione sul Poggione di Prata. Ho da pochi giorni messo le mani sulla Cartina Escursionistica delle Colline Metallifere, e voglio proprio vedere come questi sentieri siano curati e segnalati dalla Comunità Montana. Casualmente parlo di questa mia idea al bar con il Piusti, che, entusiasta, decide di unirsi per l’uscita. Per l’occasione il giorno successivo andrà anche a comprare un nuovo paio di scarpe da trekking.

Domenica mattina partiamo alle 7.00, le previsioni meteo hanno lasciato spazio all’immaginazione, potrebbe esserci sole ma anche piovere; il Piusti ha portato anche Liqui, e in spalla uno zaino dotato di tutti i confort pensabili.

Saliamo su per il sentiero n.30, dopo aver superato il tratto con la pendenza maggiore, mentre tiriamo un po’ il fiato, Liqui parte per la prima delle sue sgroppate in mezzo al bosco, complice la presenza di numerosi daini che si saranno incuriositi per la nostra presenza. Recuperiamo Liqui (o lei recupera noi…) e proseguiamo fino al crocevia per i Poggi, prendiamo su per il Poggione, fino ad adesso andiamo piuttosto bene, d’un tratto sentiamo sulla nostra destra uno scalpitio e rumore di frasche, Liqui non si fa mancare certo l’invito e via…di nuovo all’inseguimento. Nonostante le nostre urla di richiamo la perdiamo fra i latrati di altri cani delle zone intorno, facciamo qualche foto dal Poggione, aspettiamo, finalmente Liqui torna, meno male, temevamo d’averla persa davvero.


Prata vista dal Poggione
Riscendiamo e seguiamo il sentiero 30, dopo poco si apre un bel punto panoramico proprio sulle Cornate, che per ora ci sembrano lontanissime. Per adesso il sentiero lo seguiamo facilmente, la strada è larga e ben segnata di tanto in tanto. Poco prima di arrivare ai ruderi del podere Pighetti, Liqui ha una doppia missione, infatti ancora una volta i daini sembrano essere tutti intorno, e per ben due volte sbucano correndo tagliandoci la strada a pochi metri di distanza. Liqui sembra matta, e noi ci rendiamo conto che la mattinata è proprio divertente.

Arrivati all’altezza del sentiero 31, scopriamo che il sentiero praticamente è quasi un fossato che scende in picchiata, dobbiamo stare attenti a dove mettere i piedi. Arrivati in fondo, cominciamo a brancolare alla ricerca dei segnali sugli alberi; qui infatti il tratto è nel bosco, e ci sono innumerevoli stradelli (molti anche creati dalle rotte degli animali) che si diramano in tutte le direzioni. Procediamo un po’ a sensazione cercando di orientarci con la cartina, ma non è facile, i segnali sono molto distanti fra di loro e nemmeno ben posizionati. Qui la Comunità Montana dovrebbe mettere un po’ a posto le cose, abbiamo anche la sensazione che il reale percorso da seguire non sia così identico a come indicato nella mappa. Infatti raggiungiamo il Rio Torto in due occasioni, mentre dalla cartina il guado dovrebbe essere uno solo. In più, a complicare le cose, inizia anche a piovere, anche se, proprio il fatto di essere nel bosco, ci ripara ampiamente dalla pioggia.

Raggiungiamo ad un certo punto un cunicolo sottoterra, difficile decifrarne il perché della costruzione, comunque, visto che ci siamo, vale la pena entrare un po’ per vedere dentro. In realtà è lungo solo una ventina di metri, poi termina e siccome ci sono anche un mucchio di pipistrelli, torniamo indietro immediatamente. Al guado del Rio Torto raggiungiamo i fangosi resti degli scavi minerari, resi ancora più scivolosi dalla pioggia, sono già le 10.30, abbiamo l’impressione di aver perso troppo tempo per superare quel tratto nel bosco del sentiero 31.


L'entrata del cunicolo
Foto di gruppo dopo il caffè sul Pavone
Superiamo la SP11 e dì là dalla strada trovo un mio collega di lavoro alla inutile ricerca di funghi. Proseguiamo e dopo esser passati dal bel podere Mocai, di recente ristrutturazione, scendiamo verso il Pavone. Anche qui, una volta giunti sulle rive del torrente in secca, abbiamo un bel po’ di problemi nell’individuare il prosieguo del nostro sentiero, ad un certo punto sbagliamo proprio la strada e ce ne rendiamo conto perché ci stiamo allontanando dal torrente, torniamo sui nostri passi e proviamo a costeggiare alla cieca la sponda, finche, sbucando quasi a caso, vediamo che sul lato opposto della sponda c’è un sasso con l’inconfondibile segno biancorosso. Anche qui comunque c’è una grossa lacuna, perché non si può percorrere quasi 200 metri in una zona boschiva senza più trovare un’indicazione. Rinfrancati dall’aver ritrovato la via, decidiamo comunque di fare una sosta e prepararci, proprio nel mezzo del letto del torrente, un bel caffè.

Riprendiamo, da adesso in poi le indicazioni sembrano essere più curate, il primo tratto è nel bosco, molto bello, poi entriamo in una strada sterrata, più larga e decisamente più agevole, anche se tutta in salita ovviamente, visto che dobbiamo risalire dalla vallata del Pavone. Raggiungiamo, verso le 11.45, la SP71, ci fa un certo effetto, perché ci rendiamo conto che siamo vicini a Gerfalco, e per noi è già importante, abituati a considerare questi luoghi come raggiungibili solitamente in auto. Mentre percorriamo il breve tratto asfaltato, siamo euforici, e via di foto, video e cazzate, come potete vedere sotto...


Alle 12.00 siamo a Gerfalco, e qui iniziano i dolori…per il Piusti. Sente una fitta continua ad un’anca, i chili di troppo dello zaino si fanno sentire, ed oltre all’oggettiva difficoltà nel procedere tenendo al guinzaglio Liqui che lo strattona di qua e di là, ha i piedi malconci, per via degli scarponi “troppo nuovi” per affrontare tutti questi km in una botta sola. Ormai andiamo avanti, poi si vedrà.


Il Piusti indica la via...
Ci incamminiamo in direzione delle Cave Romano, la strada è bella larga, e ora, anche se non proprio soleggiato, fa proprio caldo, siamo sui 16 °C, che non sono pochi per le camminate. Vediamo davanti a noi in lontananza altre due persone a spasso, li raggiungiamo in corrispondenza della piccola cappella, e scopro che una delle due persone è un’altra mia collega di lavoro: e che diamine!! Ci manca solo di timbrare il cartellino!! Comunque la piacevole presenza è l’occasione per scambiare due chiacchiere proprio su queste terre, su quanto poco siano conosciute dagli abitanti di zona, e su quanto poco siano valorizzate.

Arriviamo alle Cave Romano alle 12.45, nel frattempo le condizioni meteo sembrano peggiorare, la “cresta” delle Cornate non si vede più, avvolta nella nebbia, e sembra alzarsi anche un po’ di vento. Comunque, il posto è l’ideale per fermarci per il pranzo, poi si vedrà, dobbiamo fare i conti anche con il viaggio di ritorno, con tutte le varie soste abbiamo perso troppo tempo, anche se non ci rendiamo conto che abbiamo già percorso 14 km.

Il Piusti si toglie le scarpe, ha chiesto troppo ai suoi piedi, parecchio malconci dalle vesciche, decidiamo che Le Cornate ci aspetteranno per la prossima volta e, dopo esserci rifocillati e riposati, riprendiamo verso Gerfalco. Per strada ripercorriamo i punti salienti della giornata e analizziamo le cause del parziale flop, almeno avremo tutte le attenuanti per doverci riprovare, anche se la distanza, fra andata e ritorno, effettivamente è notevole, circa 31km.


La panca e gli alberi del buen retiro...
Dopo un po’ che camminiamo, il Piusti si zittisce per un po’, infine, forse anche demoralizzato, confessa che anche la sua anca dolorante ha alzato bandiera bianca, e decide di fermarsi definitivamente a Gerfalco in attesa del soccorso auto di Tizi, che inizialmente non ne vuole sapere, poi, mossa a compassione, decide per la missione di recupero. Anch’io decido di rimanere lì con lui, anche se la tentazione di proseguire da solo è stata veramente forte, ma già sono lì che sto pensando alla “rivincita”…

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